In Gran Bretagna per le “talpe” degli uffici giudiziari c’è il carcere

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In Gran Bretagna per le “talpe” degli uffici giudiziari c’è il carcere

16 Giugno 2010

Editori sul piede di guerra. E, per ora, a braccetto col Popolo Viola, l’Anm, la corazzata di Repubblica e perfino l’Osce che chiede al governo di rinunciare al ddl sulle intercettazioni già approvato dal Senato.

Ma se in Italia si grida allo scandalo, si promuovono manifestazioni e ci si imbavaglia contro la "legge-bavaglio" non accade altrettanto oltre confine,  e in paesi dove la legge è assai più severa di quella che sta suscitando così tanto clamore. Basta guardare cosa accade in Inghilterra e cosa prevede la legge sulla pubblicazione delle intercettazioni.

Le leggi del Regno Unito infatti, puniscono severamente chi effettua intercettazioni senza averne titolo e, soprattutto, chi viola il segreto d’ufficio che le vincola alle indagini. La stampa è tenuta al guinzaglio dall’ Editors’ Code of Practice, un atto che vieta categoricamente agli organi di stampa di procurarsi o pubblicare materiale ricavato dall’uso di microfoni, cimici, video camere e macchine fotografiche senza l’autorizzazione degli “intercettati” o senza quella degli organi inquirenti. Lo stesso vale se le intercettazioni sono legittime (cioè se permesse da un’autorizzazione ministeriale), perché la legge non ne tollera la diffusione. L’utilizzazione di informazioni private infatti, è riservata esclusivamente ai servizi di sicurezza, agli organi inquirenti e alla Polizia tributaria, che sono responsabili della custodia del materiale.

Ma non finisce qui, perché la fuga di notizie costa cara e le pene non sono di certo acqua fresca: da 6 mesi a 5 anni di carcere, con l’aggiunta di una multa. Se poi gli addetti ai lavori rivelano anche soltanto generiche informazioni coperte da segreto istruttorio, la Crown Court è più indulgente: tre mesi di cella più una multa di 5mila sterline (circa 6mila euro). A fronte di questi dati però, è da considerare che nel Regno Unito le intercettazioni sono considerate esclusivamente uno strumento investigativo e non una prova in fase di giudizio. Per questo motivo l’intercettazione non è di uso frequente: le autorizzazioni rilasciate oltre manica nel 2007 sono state 2.026, contro le 129.081 permesse in Italia nello stesso anno.

Meno severa, la Spagna, che ha tuttavia una legislazione specifica in materia di pubblicazione delle intercettazioni. Le sanzioni previste si distinguono infatti per quelle attribuibili al giornalista o al direttore della testata, che rischiano la sospensione dell’attività professionale da uno a 6 mesi o una multa da 300 a 1500 euro, e quelle a carico degli organi di stampa e dei loro responsabili, per i quali è prevista la sospensione delle pubblicazioni fino a 6 mesi.

Per quel che riguarda la Francia invece, basta un esempio: nel 1998 due giornalisti (J. Dupuis e J.M. Pontaut) hanno pubblicato un libro intitolato “Les oreilles du Président” (Le Orecchie del Presidente) in cui si potevano leggere le intercettazioni contenute nel dossier riservato di un giudice istruttorio che stava svolgendo un’indagine. La storia si è conclusa con un finale poco lieto per i due reporter: il Tribunale penale di Parigi li ha condannati in primo grado per ricettazione.

Insomma, tutto ciò che è previsto dagli ordinamenti fuori dai nostri confini, non sembra essere particolarmente generoso con la stampa ma soprattutto con le "talpe" che la informano di conversazioni private. Viene allora da chiedersi se in Gran Bretagna esistano un Popolo Viola, un sindacato dei magistrati e uno dei giornalisti pronti a imbavagliarsi all’ombra della "Union Jack".

(Filippo Benedetti Valentini)