In Iran si grida “morte all’America” ma per i giudici Usa il problema è il presidente Trump
11 Febbraio 2017
Le immagini che arrivano dall’Iran, un Paese che ha calpestato gli accordi sottoscritti con gli Usa riprendendo il suo programma di test missilistici, tanto da innescare un nuovo giro di sanzioni della Casa Bianca, mettono i brividi. “Morte all’America!”, si grida nelle piazze di Teheran per festeggiare la rivoluzione khomenista, sventolando gigantografie di Donald Trump con il cappio al collo (nella foto, ndr), in un Paese dove fioccano le impiccagioni.
Il falco Khamenei, la guida suprema della repubblica islamica, chiama a raccolta i manifestanti, ma anche il presunto “moderato” Rohani, il presidente iraniano, rincara la dose: “Bisogna parlare al popolo iraniano con rispetto. Chiunque utilizzi il linguaggio della minaccia, se ne pentirà”. “Gli statunitensi sanno molto bene che l’Iran e i suoi alleati nella regione potrebbero esercitare ritorsioni molto dure, che renderebbero bui i loro giorni a venire”, aggiunge il consigliere della guida suprema, Velayati.
Centinaia di militari e poliziotti hanno preso parte alle manifestazioni di Teheran ma non per disperdere i manifestanti bensì per favorire quelli che bruciavano bandiere americane, mentre la tv di stato trasmetteva altre immagini di invasati che calpestavano le fotografie di Trump, Netanyahu e May, con su scritto “Morte al triangolo del male”. Tutto questo mentre l’Iran, che sponsorizza gruppi terroristici come l’Hezbollah libanese e i palestinesi di Hamas, alimenta anche la guerriglia sciita nello Yemen, diventato uno dei fronti più caldi della guerra mondiale islamica. Nello scontro tra Teheran e la casa saudita appoggiata dagli Usa, nello Yemen, sono morte 7400 persone, compreso il primo caduto americano sotto la presidenza Trump, uno dei membri del Seal Team Six.
E allora, mentre l’alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, come da copione, si affretta a dire di aver ricevuto rassicurazioni dalla amministrazione Trump sul fatto che gli Usa sono impegnati alla piena applicazione dell’accordo sul nucleare iraniano, viene da chiedersi su che pianeta vivono i giudici della corte di San Francisco che nelle ultime ore hanno respinto il ricorso del Don sul divieto di ingresso di immigrati provenienti dai Paesi sponsor del terrorismo, l’ormai noto #muslimban bocciato da alcuni tribunali Usa.
“Non c’è prova” che chi arriva da quei Paesi abbia commesso atti di terrorismo negli Usa, dicono i giudici per motivare il blocco del provvedimento preso dal presidente americano. Ma i giudici tanto zelanti nel bloccare il loro presidente le hanno sentite le urla “Morte all’America!” gridate in piazza a Teheran? L’hanno visto il presidente Trump con il cappio al collo? Davanti a scene minacciose come questa forse sarebbe il caso di farla, un po’ di sana prevenzione, ricordando magari che tra i tanti fallimenti in politica estera di Obama c’è stata anche la inutile “mano tesa” verso Teheran.