In Italia c’è da investire sui social per rafforzare la democrazia
12 Dicembre 2022
L’Italia, i social e la democrazia. Gli italiani sembrano insoddisfatti della democrazia in cui vivono. Più pessimisti sul fatto di riuscire a influenzare con le proprie azioni la politica nel nostro Paese. Ma ritengono i social media uno strumento utile per la democrazia. Se esaminiamo i dati sull’Italia nella ricerca condotta su scala globale dall’americano Pew Research Center è questo il dato di sintesi che emerge. Guardiamo più nel dettaglio i dati disaggregati per l’Italia.
Il 34% degli italiani è soddisfatto di come funziona la nostra democrazia. Il 66% del campione preso in esame dal PRC non lo è. Solo due italiani su dieci, il 23%, pensano di avere la capacità di poter influenzare con le loro azioni la politica nel nostro Paese. Il 76% non crede che questo sia possibile.
I social strumento utile per la democrazia
La maggioranza degli italiani ritiene invece che i social media siano uno strumento utile alla democrazia. Lo dice il 56% del campione, mentre il 40% ritiene i social uno strumento dannoso per la democrazia. Se analizziamo quest’ultimo dato per fasce di età, ci accorgiamo che il 60% degli under 30 italiani, e più del 62% di chi nel nostro Paese ha sotto i 50 anni giudicano i social positivi per la democrazia. Mentre il dato scende al 52% per gli over cinquantenni.
Il Pew Research Center ha creato un indice che combina le risposte a sei domande per confrontare il modo in cui i cittadini valutano l’impatto di Internet e dei social media sulla società nella quale vivono. Se consideriamo il dato relativo all’Italia, emerge tra le altre cose che in media i nostri connazionali giudicano i social uno strumento utile a informarsi sugli eventi che accadono nel Paese e a livello internazionale.
Dobbiamo anche aggiungere che i giovani adulti hanno maggiori probabilità rispetto agli adulti e ai più anziani di utilizzare Internet. Di possedere uno smartphone e utilizzare i social media. Per gli under 30, soprattutto, i social media sono uno strumento efficace in ambito politico per far cambiare idea alle persone sulle grandi questioni sociali e per aumentare la consapevolezza della opinione pubblica su di esse.
L’Italia e il resto del mondo
Il nostro Paese rientra in quel gruppo di nazioni che valutano positivamente la rivoluzione introdotta dai social. Gli italiani ritengono gli strumenti digitali utili per lo sviluppo democratico. Nel gruppo di testa dei Paesi che esprimono un giudizio positivo sul rapporto tra social e democrazia ci sono Singapore, Malesia, Polonia, Svezia, Ungheria e Israele. In questi Paesi in media più del 65% della popolazione guarda positivamente al rapporto tra social e democrazia.
Il dato si inverte pesantemente negli Usa dove invece il 64% degli intervistati dal PRC giudica i social dannosi per la democrazia. In Europa, Paesi come Francia e Olanda vanno nella direzione degli Usa.
La media nei 19 Paesi avanzati che compongono la analisi del PRC indica che il 51% della popolazione afferma di essere soddisfatta del modo in cui la democrazia funziona nel proprio paese, mentre il 48% non lo è. In Svezia o a Singapore la stragrande maggioranza della popolazione è contenta della propria democrazia. L’Italia, con la Francia, il Giappone, gli Stati Uniti, la Grecia e Spagna, rientra tra i Paesi dove le maggioranze sono insoddisfatte della democrazia in cui vivono.
In Italia, così come negli Stati Uniti o Spagna e in Italia, la sfiducia verso la democrazia comprende anche le persone che votano per i partiti di governo.
In media le persone che vivono nelle democrazie avanzate prese in esame appaiono in larga parte pessimiste riguardo alla loro capacità di influenzare la politica. Il 65% del campione degli intervistati nei Paesi presi in esame sostiene che il sistema politico della nazione in cui vive non consente ai cittadini comuni di avere un’influenza sulla politica. Fa eccezione la Svezia che è l’unico paese intervistato in cui il dato si inverte.
La maggioranza degli svedesi, il 65%, appunto, esprime fiducia nella propria capacità di influenzare la politica. Gli israeliani sembrano più divisi sulla possibilità di influenzare la politica nel loro paese. Il 48% degli israeliani crede di poterlo fare, il 51% no. Nei Paesi presi in esame, gli elettori che sostengono il partito al governo tendenzialmente affermano di avere un’influenza sulla politica rispetto a chi sostiene partiti all’opposizione.
Prendiamo la Grecia. Il 48% degli elettori che sostengono Nuova Democrazia al governo ritiene che il sistema politico consenta loro di avere voce in capitolo. Il 18% no. Il contrario negli Usa. Gli elettori democratici e i sostenitori del Partito democratico (33%) sono più propensi dei repubblicani e dei sostenitori del GOP (22%) a dire di poter influenzare la politica americana. Quasi i due terzi (65%) dei democratici però ritengono di non avere troppa influenza per riuscirci.
L’evento di Fondazione Magna Carta su Moderati e social media
L’analisi dei dati del PRC disaggregati per l’Italia sembra andare nella direzione evocata da Magna Carta nell’evento “A Cesare e a Dio”. L’evento annuale di FMC si è svolto a Bucine in provincia di Arezzo. Obiettivo del Convegno era esaminare il futuro delle forze politiche moderate in Italia. Con particolare attenzione al ruolo giocato dai social media nella nostra democrazia. All’uso che ne fanno i giovani anche nella chiave di immaginare nuove forme organizzative. Rivitalizzando la funzione più tradizionale dei partiti politici.
Una parte consistente degli italiani sotto i 50 anni ritiene che i social possano essere uno strumento utile per la democrazia. Per ritrovare fiducia nelle nostre istituzioni democratiche. Per contare e incidere maggiormente con le proprie azioni nella vita politica del Paese. Compito delle classi dirigenti liberali e moderate diventa quindi quello di intercettare questo bisogno, ‘con elmi ed armi (digitali) nuove’. (Fine della terza puntata, continua)
Leggi la prima puntata. Arezzo, la sfida dei moderati tra social e nuove forme organizzative
Leggi la seconda puntata. Magna Carta, i social e la qualità della democrazia