In Italia esiste solo un’opposizione e non la fa certo Franceschini

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In Italia esiste solo un’opposizione e non la fa certo Franceschini

18 Maggio 2009

Dal baratro nullista e patetico in cui è piombata l’opposizione nel nostro Paese spunta una nuova forma di dialettica politica: l’opposizione istituzionale. Chi dovrebbe essere l’espressione della terzietà scende nell’agone politico a suon di moniti e richiami e si mette a fare opposizione al governo in carica. E’ sano un Paese nel quale le più alte cariche dello Stato si comportano come un Di Pietro qualsiaisi? E ciò, è rispettoso della volontà dei cittadini che hanno liberamente scelto chi li deve governare e della Carta Costituzionale così gelosamente difesa proprio da costoro? Sono questi i famosi pesi e contrappesi che dovrebbero garantire le dinamiche democratiche? E infine chi sono questi tribuni istituzionali che ci fanno la morale un giorno sì e l’altro pure?

L’opposizione propriamente detta non esiste. Da una parte, c’è una specie di ducetto dall’accento romagnolo che farnetica di camicie nere, eletto dagli oligarchi a capo di un partito diviso su tutto (referendum, immigrazione, problemi etici) e al quale non restano ormai che i bombaroli di carta pesta di Repubblica, che alla stregua di Visto e Novella 2000 (ognuno dovrebbe fare il suo mestiere), si occupano di veline, divorzi presunti e boiate del genere. Dall’altra c’è Antonio Di Pietro, ormai una macchietta fascistoide che ora tenta di darsi un tono incamerando qualche intellettuale deluso dalla sinistra, intellettuali che così pensano di politicizzare il loro antiberlusconismo da snob. Ci sarebbe anche il partito di Casini, sul quale però sinceramente non sappiamo cosa dire, non avendo l’idea di che cosa sia, cosa voglia e dove voglia andare. Si vedrà.

In questo scenario, con l’autorevolezze delle posizioni che attualmente ricoprono, si sono inseriti due alte cariche dello Stato, che hanno deciso per motivi diversi di fare la loro battaglia di opposizione al governo in carica. Se questa sia lo loro personale interpretazione del concetto di pesi e contrappesi istituzionali, non è dato di sapere, resta il fatto che non si intravede nulla di terzo nei loro interventi.

L’uno ha ormai sposato la causa dei diritti civili (se fossi in Pannella comincerei a preoccuparmi) e ogni giorno ci propina un sermone sulla retorica cattivista e la bellezza del relativismo delle identità. Dimentico dello slogan “Dio, Patria e Famiglia” al quale per anni si è abbeverato e con il quale è arrivato dov’è, si pavoneggia tra le sale dell’emiciclo per avere, primo tra i Presidenti della Camera, invitato le Associazioni gay a Montecitorio, certamente una priorità tra le mille emergenze del mondo e che ne segnala le indubbie caratteristiche di statista. Comprendiamo che per avere i voti del centro sinistra nella prossima elezione per salire al Quirinale, bisogna per forza comportarsi così, e diventare i custodi del politicamente corretto anche se si è poi costretti a dire , o banalità, o a contraddire se stessi e la propria storia. Ma se così stanno le cose, tanto varrebbe dimettersi dall’attuale carica, fondare un proprio gruppo parlamentare o iscriversi al gruppo misto, per poi votare con l’opposizione contro i provvedimenti del governo. E’ normale che il Presidente della Camera intervenga “politicamente” ogni giorno nel merito di provvedimenti che l’Assemblea da lui presieduta si accinge ad esaminare e discuta apertamente dei contenuti di disegni di legge ed emendamenti, pretendendo di darne il beneplacido? E’ normale, è terzo, è costituzionale?

L’altro, da par suo, lancia moniti su presunte derive xenofobe dimenticando che da Ministro degli Interni ha letteralmente deportato e rimandato a casa interi barconi di albanesi, manda lettere preventive al Governo sul merito di decreti legge non ancora approvati dal Consiglio dei Ministri (caso Englaro, è normale?) e nell’enfasi delle memorie condivise (un’altra buffa e ridicola necessità del politicamente corretto) chiude con un unilaterale “volemose bene” la vicenda Calabresi, senza menzionare le responsabilità accertate da vari tribunali e senza neanche bacchettare i suoi amichetti che firmarono l’appello di morte del commissario: tutti compagni che hanno sbagliato, ma non si può dire.

Non accetto lezioni da chi sputa in faccia al proprio passato e raccomanda di abbracciare i valori dell’antifascismo per convenienza politica, di chi predica l’inclusione degli immigrati dalle acque di Giannutri tra un’immersione ed un’altra, fregandosene delle paure della gente, da chi ha permesso che fosse lasciata morire di fame e di sete una donna di 37 anni.  

Io la morale da un ex-fascista e un ex-comunista non me la faccio fare.