“In Medio Oriente D’Alema si scelga amicizie migliori “

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“In Medio Oriente D’Alema si scelga amicizie migliori “

21 Giugno 2007

Intervista ad Amir Abbas Fakhravar di Elio Bonazzi

Amir Abbas Fakhravar è senza dubbio uno dei più importanti leader del movimento democratico che si oppone al regime dei mullah iraniani.  I gradi di leader li ha conquistati sul campo, a suon di anni di prigione e di torture (il suo dossier presso Amnesty International è spesso e pesante). Amir Abbas è stato il primo prigionero politico iraniano a subire la cosiddetta “tortura bianca”, una forma particolarmente efferata di tortura che impone al prigioniero di essere detenuto in una cella acusticamente isolata e dipinta di colore crema. Il cibo è principalmente riso, servito in piatti anch’essi bianchi, e la luce al neon è fortissima, accesa giorno e notte, sistemata in modo da riflettere con sinistro sfarfallio il color crema delle pareti della cella. Amir Abbas è riuscito a sopravvivere a 222 giorni di tortura bianca senza impazzire, testimonianza della sua caparbietà e risolutezza.

Fakhravar deve la sua libertà al fatto che dopo essere stato ammesso alla facoltà di legge, vincendo il concorso d’ammissione stando in carcere, durante un permesso per dare un esame non si è più presentato alle autorità per farsi reincarcerare.  La reazione dei mullah è stata l’ emissione dell’ordine alla polizia di sparare a vista contro di lui. Dopo dieci mesi di latitanza in Iran, Amir Abbas è riuscito a lasciare il paese ed a raggiungere gli Stati Uniti, dove continua la lotta contro la mullocrazia, questa volta in un contesto internazionale. La sua intenzione è comunque di ritornare in Iran per guidare l’opposizione, anche se questo significa il prolungare una pericolosa latitanza.

Amir Abbas si batte per unificare l’opposizione iraniana, uno schieramento che comprende dalla sinistra fino ai monarchici, passando per il Fronte Nazionale dei seguaci di Mussadek, operazione che ricorda da vicino il Comitato di Liberazione Nazionale italiano. Amir Abbas ha accettato di rilasciare un’intervista per “L’Occidentale”, e l’incontro avviene in un Bistrò francese in Brooklyn; la conversazione è in parte in farsì ed in parte in inglese. Amir Abbas Fakhravar parla con un’autorevolezza non comune per un trentenne, e pondera ogni risposta, consapevole che il suo messaggio è forte e controverso, e che necessita di argomenti logicamente molto consistenti per essere credibile. L’intervista è interrotta più volte da telefonate, molte delle quali dall’Iran. Tenere i rapporti  con la stampa è importante per Fakhravar, ma il coordinare l’opposizione interna al regime non può aspettare, e ha precedenza su tutto.

Molti europei sono convinti di non essere un bersaglio per gli islamisti, perchè i loro veri nemici sono gli USA ed Israele. Lei concorda con questo giudizio?
Fin dalle scuole elementari i bambini dei paesi mussulmani, ed in particolare in Iran, sono indottrinati in uno odio contro i non-mussulmani, o “khafir”. I testi scolastici contengono numerose referenze ed esempi sul come i khafir devono essere trattati: passati per la spada. Per un fanatico islamista non esiste una scala secondo cui giudicare migliori o peggiori khafir, essi sono tutti sullo stesso piano. Detto questo, posso anche aggiungere che lo stile di vita europeo può essere molto più offensivo per un islamista di quello americano. Basti pensare ai topless sulle spiagge europee ed al matrimonio tra persone dello stesso sesso, legale in alcuni paesi europei, ma non negli USA.

Eppure la Repubblica Islamica dell’Iran non ha finora minacciato direttamente i paesi europei…
Non direttamente usando lingue occidentali e canali diplomatici. Ma in farsì la situazione è differente. In molte assemblee del parlamento (Majiles) si sono sentiti toni minacciosi nei confronti della troika europea (Germania, Inghilterra e Francia), accusati di essere troppo vassalli degli USA. Inoltre alle preghiere del venerdì alcuni Ayatollah hanno già minacciato direttamente gli stati europei. Lo stesso Khamenei ha ribadito che bisogna impartire agli europei una lezione che non si scorderanno facilmente. Nella sua allocuzione era chiaro che si riferiva ad una ondata di terrorismo da scatenare in Europa non appena gli Ayatollah percepiscono che gli europei hanno esaurito il loro ruolo, quando cioè cessano di essere utili nelle trattative con l’Ente Internazionale per l’Energia Atomica e la comunità internazionale. Al momento, i mullah considerano la troika europea come uno strumento per ritardare la resa dei conti finale e permettere la costruzione della bomba atomica. L’essere disposti a trattare, secondo la mentalità islamista, significa riconoscere a priori la propria debolezza. Trattativa significa per loro semplicemente che la parte debole (gli europei) si siede al tavolo per cercare di strappare concessioni, e sta al vincitore essere più o meno magnanimo. Nella loro mentalità non c’ è posto per una trattativa tra due eguali. I khafir europei sono comunque inferiori e vanno trattati da inferiori.”

La maggioranza degli stati stati europei, a partire dagli anni ottanta, ha contribuito a stabilire una sorta di legittimazione internazionale per la Repubblica Islamica. L’Iran dei mullah è diventato un partner economico importante per l’Europa, ed in cambio di contratti petroliferi vantaggiosi, molti europei hanno chiuso un occhio sulle continue violazioni dei diritti umani perpetrate del regime iraniano, suscitando a volte l’ira degli americani. Non crede che grazie a queste relazioni privilegiate tra europei e regime dei Mullah, gli europei saranno trattati diversamente e meglio, anche se khafir ed inferiori?
La storia dell’Islam è costellata di esempi che dimostrano proprio il contrario. Chi collude con i conquistatori islamici è sempre il primo a pagare. È una logica coranico-medioevale: se sei disposto a tradire i tuoi pari che condividono la tua religione e la tua cultura per un tornaconto di breve durata ed effimero oggi, lo farai a maggior ragione domani contro di noi, che rappresentiamo una religione ed una cultura differenti. Hai tradito facilmente i tuoi, tradiresti ancora più facilmente i miei, per questo ti elimino, per evitare il pericolo. La storia dell’Islam è piena di esempi di disprezzo per coloro che tradendo le altre fedi sono tornati utili alla conquista islamica – sono sempre stati i primi a pagare. Non sarà differente in futuro.

Se lei fosse il consigliere per le questioni iraniane di Javier Solana, l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per la Politica Estera, quali politiche suggerirebbe?
Direi a Javier Solana di convincere i vari  stati europei a disinvestire dalla repubblica islamica. Alcune banche internazionali hanno già preso questa precauzione. Il rischio per gli investimenti nell’Iran degli Ayatollah è troppo alto. E c’è un altro rischio all’orizzonte. Gli iraniani hanno la memoria lunga, e ricorderanno quali stati si sono schierati a favore del popolo iraniano e quali stati hanno cercato di perpetuare il regime dei mullah. Io parlo a nome del movimento di opposizione al regime sanguinario dei mullah, e dico all’Europa: questo è il momento della verità, il momento dell’azione. Se non vi tirate indietro, se non finite di tenere artificialmente in vita un regime che non ha ragione d’essere, dandogli boccate d’ossigeno finanziario e legittimazione internazionale in cambio di pochi dollari di sconto per barile di petrolio, quando rovesceremo questo regime, e lo rovesceremo presto, riesamineremo il comportamento dei singoli stati e decideremo di conseguenza. Non saremo ovviamente disposti a fare business con quei governi, con quegli stati che hanno prolungato artificialmente la vita del regime degli Ayatollah.

Lei dice che presto il regime degli Ayatollah sarà consegnato alla pattumiera della storia, ed io vorrei crederle. Ma come spiega il consenso che ancora esiste per il regime, per esempio l’alta affluenza alle urne durante l’elezione presidenziale che ha portato Ahmadinejad alla vittoria?
Questo è un altro esempio della volontà politica di alcuni nell’Occidente di perpetuare il regime. Noi abbiamo denunciato per settimane prima delle elezioni i colossali brogli elettorali che venivamo scoprendo ogni giorno. All’indomani delle elezioni le varie agenzie di stampa e le varie testate giornalistiche hanno riportato senza nessuna verifica le cifre governative di cira il 62% di affluenza alle urne. Nessuna inchiesta, nessuna verifica. Ma bastava saper leggere il farsì per capire la portata dei brogli. Fu la fazione di Khatami che arrestò alcune guardie rivoluzionarie in possesso di circa 600.000 certificati elettorali fasulli alcuni giorni prima del primo turno elettorale. Khatami aveva capito che l’elezione era stata decisa, e siccome non controllava nessuna parte dell’apparato responsabile per la conduzione delle elezioni, aveva deciso di stare zitto. Denunciare i brogli con più veemenza non avrebbe cambiato l’esito delle elezioni, ma avrebbe cambiato per Khatami il trattamento ricevuto dopo le elezioni dalla fazione di Khamenei. Stime ragionevoli danno il numero dei certificati fasulli in 15 milioni, contro i 14 milioni di certificati genuini. Il che è credibile: i dipendenti statali dovevano recarsi a votare se volevano mantenere il posto di lavoro. Ma dicevo prima che bastava saper leggere il farsì per rendersi conto della portata dei brogli. Chiunque si fosse collegato al sito Web dedicato dal governo alle elezioni avrebbe potuto vedere delle statistiche che non avevano senso alcuno. Le pagine Web erano generate dinamicamente, calcolando le varie percentuali usando i dati anagrafici ed i dati elettorali. Un distretto di Teheran (Shemiron) segnava un’affluenza elettorale dell’800%. L’affluenza media calcolata su tutti i distretti di Teheran fu circa il 200%, il che è in linea con la percentuale di certificati fasulli fabbricati ad arte dalla fazione di Khamenei. I miliziani Basiji venivano portati in autobus a votare, spostandosi di seggio in seggio. Abbiamo calcolato che ogni Basiji ha votato in media otto volte, presentandosi ogni volta in seggi diversi. La frode elettorale era sotto gli occhi di tutti, ma non ho visto un solo quotidiano europeo pubblicare la notizia. Qualcosa è trapelato invece sui quotidiani americani, ma anche lì la vera portata dei brogli è stata minimizzata. Ma mi chiedeva del consenso verso il regime. Le cifre molto prudenti del Dipartimento di Stato americano danno il consenso al 15-20%. Io direi che sono intorno al 10%. Solo chi ha un qualche beneficio diretto ancora sostiene il regime. La stragrande maggioranza della popolazione non vede l’ora di estromettere i mullah.

Mi dica, da qui a due anni, quale è nella sua opinione il migliore e quale è il peggiore scenario per l’Iran.
Lo scenario peggiore è l’inerzia internazionale che consentirebbe all’Iran di scegliere i tempi e le modalità d’attacco a suo piacimento – perchè uno scontro finale è inevitabile. Lo scenario migliore è una comunità internazionale unita che impone pesanti sanzioni al regime, ed aiuta il popolo iraniano a sollevarsi. Nessuno vuole una guerra, e nessuno lo ammetterebbe in pubblico, ma se una guerra è necessaria il popolo iraniano saprà accettarla e ne trarrà il maggior beneficio possibile. Su un campione molto rappresentativo di studenti (alcune migliaia di questionari) il 61% ha risposto che se una guerra è il prezzo che bisogna pagare per liberarsi dalla teocrazia, ebbene sono disposti a pagare questo prezzo. Nessuno direbbe ciò in pubblico – si configura infatti il reato di alto tradimento –  e le milizie Basiji non ci penserebbero 2 volte ad arrestare immediatamente chi fosse sentito dire una cosa del genere. Ma io so che questo sentimento è diffuso.

Subito dopo le elezioni politiche italiane dell’aprile 2006, Manouchehr Mottaki, il ministro degli affari Esteri iraniano, si è congratulato con Massimo D’Alema per il suo incarico di ministro per gli Affari Esteri italiano, augurandosi migliori relazioni italo-iraniane. Mohammad Hossein Basiri, il vice-ministro per l’industria si è detto convinto che le relazioni italo-iraniane miglioreranno perchè il governo precedente era troppo filo-americano e filo-israeliano. Che consiglio ha lei da dare a Massimo D’Alema?
Gli direi di scegliersi gli amici tra coloro che rispettano l’umanità e non vogliono cancellare interi stati dalla faccia della terra. Non tra coloro che in virtù di una distorsione millenarista della religione islamica si adoprano per causare il caos totale, che nel loro delirio nichilista favorirebbe il ritorno del dodicesimo Imam (il Mahdi) per presiedere il giudizio universale.

La sua storia personale, la sua passione, la sua dedizione alla causa dell’estromissione dei mullah dal potere mi dimostrano un enorme investimento che lei ha fatto. Quale ruolo lei vede per sé, in un Iran liberato dalla tirannia teocratica?
Non ho nessuna pretesa di incarichi governativi. Il mio sogno è quello di ritirarmi nella provincia di Mozandaron e scrivere libri per bambini, la mia vera passione, per educare la prossima generazione di iraniani e per contrastare la cultura dell’odio che è presente negli attuali libri per l’infanzia.