In Messico, dopo 12 anni, torna al potere il PRI: Nieto nuovo Presidente
03 Luglio 2012
Alle Presidenziali messicane di domenica 1 Luglio scorso, i pronostici della vigilia sono stati ampiamente rispettati. Enrique Pena Nieto, del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), è il nuovo Presidente del Messico.
I dati, anzitutto. A cominciare da quello relativo all’affluenza: al 62% e di poco superiore rispetto alla scorsa tornata del 2006. In secondo luogo, i risultati dei tre candidati principali: Nieto (PRI) vince con il 38% dei consensi, a scapito degli altri due sfidanti: il progressista Andrés Manuel Lopez Obrador, di Rivoluzione Democratica, attestatosi al 32%, e Josefina Vàsquez Mota, del Partito d’Azione Nazionale (PAN) – il partito del Presidente uscente, Felipe Calderon – fermo al 26%.
Obrador, dal canto suo, non ha accettato la sconfitta. "Il Pri ha comprato almeno un milione di voti", ha dichiarato il candidato di Rivoluzione Democratica. E ancora: "Le elezioni presidenziali, e il voto più in generale, sono state evidentemente ingiuste e segnate de molti e gravi irregolarità. Utilizzerò tutti gli strumenti legali a mia disposizione per fare annullare i risultati elettorali". Tuttavia, nonostante tali propositi di guerra e taluni (reali) problemi di legittimità del voto denunciati dagli Osservatori dell’Organization of American States, il dado sembrerebbe essere tratto.
Dopo oltre 70 anni di “dittatura perfetta” – tanto per citare la celebre espressione dello scrittore Mario Vargas Llosa – e 12 di purgatorio – a seguito delle prime elezioni realmente libere del Paese, indette nel 2000 – il PRI è tornato al potere. Svariati fattori hanno determinato il cambio della guardia con il blocco conservatore di Calderon: dall’assoluta spendibilità (e presentabilità) istituzionale del suo candidato, il 45enne Enrique Pena Nieto, alle proposte di rilancio dell’economia fino ad arrivare alle ricette, di più ampio respiro rispetto al mero dispiegamento dei militari sul terreno, per arginare e sconfiggere i cartelli della droga.
Sul piano economico, i propositi di Nieto di apertura della compagna petrolifera di Stato agli investimenti stranieri e di riforma del mercato del lavoro nel senso di una liberalizzazione del settore, anche e soprattutto per facilitare la crescita, hanno senza alcun dubbio giocato un ruolo fondamentale. Le riforme auspicate, però, non avranno un cammino parlamentare semplice. Il PRI, infatti, dovrà vedersela con un congresso assai frammentato e chiedere, quindi, il sostegno del PAN.
Il candidato del PRI, inoltre, parrebbe aver convinto gli elettori messicani anche sul sempre delicatissimo tema della lotta al narcotraffico. Una strategia del doppio binario, quella di Nieto. Da un lato, con l’endorsement del piano di Calderon e del sostegno, ex post, alla politica del ‘legge e ordine’ incentrata sull’utilizzo dei militari. Dall’altro, ritiro delle truppe nel momento in cui la polizia messicana sarà in grado di poter fronteggiare i cartelli della droga in piena autonomia.
Un aspetto, quello della ‘guerra della droga’, molto caro agli Stati Uniti. Per tali motivi, a urne chiuse, i dubbi oltre confine circa un allentamento della battaglia contro i trafficanti si sono sin da subito manifestati: “Spero che la vittoria di Nieto non provochi il ritorno del PRI del passato. Un partito corrotto e, da sempre, avente un occhio di riguardo nei confronti dei cartelli della droga”, ha dichiarato il Parlamentare Repubblicano del Texas, Michael McCaul, in un documento ripreso da The New York Times di lunedì.
Dubbi legittimi, tuttavia mitigati dallo stesso Nieto nella misura in cui, durante il discorso della vittoria, ha voluto affermare: “Fatemi essere molto chiaro: con le organizzazioni criminali non vi sarà nessun patto e nessun armistizio”. A dimostrare, in tema, l’inequivocabile esistenza di un nuovo corso del PRI. Sarà vero? Chissà, non ci resta che aspettare.