In Nigeria Goodluck Jonathan è costretto a fare i conti con Boko Haram
28 Gennaio 2012
di Anna Bono
Sale la tensione in Nigeria dopo un nuovo comunicato minaccioso di Boko Haram, i terroristi islamici che il 2 gennaio, dopo le stragi compiute a Natale, hanno dato tre giorni di tempo ai cristiani per lasciare gli stati del nord, a maggioranza islamica. Da allora è stato un susseguirsi di attentati e di aggressioni culminati tra il 20 e il 24 in una serie di attacchi messi a segno, e rivendicati da Boko Haram, a Kano e a Bauchi, capitali degli omonimi stati settentrionali. Nella sola Kano le vittime in poche ore sono state quasi 200.
Boko Haram, che vuol dire “l’educazione occidentale è proibita”, lotta dal 2002 per imporre in tutta la Nigeria la shari’a nella sua interpretazione più rigorosa, cosa che lo ha portato a colpire talvolta anche degli islamici ritenuti poco ortodossi o troppo tolleranti nei confronti delle comunità cristiane. Ma è soltanto negli ultimi due anni che il movimento armato, nato nel nord dove tuttora si trovano le sue roccaforti, è diventato una minaccia nazionale capace di attentati clamorosi persino nella capitale federale Abuja.
Boko Haram vuole scatenare una guerra civile – sostiene il reverendo Ayo Oritsehjafor, presidente dell’Associazione cristiana della Nigeria – che usa il termine “pulizia religiosa”.
Altri tentano di sdrammatizzare, pur senza negare la gravità della situazione. Monsignor Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo di Jos, capitale dello stato centrale di Plateau, conferma lo stato di paura che ormai nella sua città impedisce ai fedeli cristiani di condurre una vita normale, ma ritiene che Boko Haram non trovi consenso tra la popolazione. Dello stesso parere si è detto il vescovo della capitale federale Abuja, monsignor John Olurunfemi Onaiyekan che, durante un incontro, il 5 gennaio, presso la fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre a Roma, ha dichiarato: “musulmani e cristiani convivono perfettamente, la Nigeria viene presentata come un teatro di scontro aperto tra musulmani e cristiani, ma non è assolutamente vero”.
Si può credere che Boko Haram non goda del sostegno di tutta la popolazione islamica, ma non che in Nigeria Islam e Cristianesimo convivano perfettamente. Al contrario in Nigeria lo scontro religioso rafforza il tribalismo che tradizionalmente contrappone le etnie del nord, islamiche, a quelle del sud, cristiane. Ogni anno le vittime dei frequenti scontri tra comunità di cristiani e di islamici sono centinaia, talvolta migliaia, e nel nord islamico 12 stati, dal 2000, hanno adottato la legge coranica, violando la costituzione federale.
È altrettanto difficile concordare con gli osservatori che dubitano dei collegamenti di Boko Haram con il terrorismo internazionale e in particolare con Al Qaida nel Maghreb islamico, il movimento nato in Algeria che conta ormai su una vasta rete di cellule e alleati in tutto il Sahel. Risultano straniere ad esempio, in prevalenza originarie del Ciad, l’80 % delle 200 e più persone arrestate il 25 gennaio a Kano in relazione alle stragi dei giorni precedenti. Non per niente il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha ordinato la chiusura delle frontiere con il Ciad e il Camerun: evidentemente troppo tardi o senza ottenere i risultati desiderati.
È proprio al presidente Jonathan, un cristiano del sud la cui elezione lo scorso anno ha deluso il nord che pretendeva un presidente islamico, espressione delle etnie settentrionali, si devono alcune raggelanti dichiarazioni: “ci dobbiamo confrontare con una situazione persino peggiore della guerra civile che abbiamo combattuto” ha detto l’8 gennaio presenziando a una funzione religiosa in una chiesa della capitale Abuja e riferendosi al sanguinoso conflitto civile scatenato dal tentativo di secessione del Biafra che tra il 1967 e il 1970 ha ucciso più di un milione di persone. Jonathan ha quindi spiegato che a spaventare è la imprevedibilità e la diffusione della minaccia che Boko Haram rappresenta. I suoi membri e i suoi sostenitori, secondo il presidente nigeriano, sono dappertutto, in tutta la società, insospettati e pronti ad agire, e il movimento può contare su simpatizzanti all’interno del governo, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine e della classe politica il che tra l’altro spiega in parte come mai il governo non riesca a difendere i cristiani residenti al nord.
Conferme a quanto dichiarato dal capo dello stato giungono dallo stesso Boko Haram, un portavoce del quale ha dichiarato il 24 gennaio che tutti i governatori del nord hanno contatti con il movimento. In particolare, l’ex governatore del Kano, Ibrahim Shekarau, avrebbe finanziato Boko Haram dal 2004 al 2011 con un contributo di circa 48.000 euro mensili e gli avrebbe fornito sostegno logistico, e l’attuale governatore del Bauchi, Alhaji Isa Yuguda, dal 2008 al 2011 oltre agli assegni mensili avrebbe offerto ai terroristi campi d’addestramento e protezione dalle operazioni di esercito e polizia.