In Olanda gli insegnanti pensano che l’integrazione è fallita (e i bambini vanno in moschea)
03 Febbraio 2017
L’Olanda, insieme ad altri paesi europei, s’era messa in testa che una pacifica convinvenza con i migranti sarebbe stata possibile. Tanto più che storicamente nel Paese arancione c’erano arrivati tanti ex sudditi delle ex colonie. In seguito però l’immigrazione è diventata sempre più islamica, marocchini, turchi, profughi e rifugiati. In virtù di questo, sono stati varati una serie di progetti per l’integrazione. E molti di questi sono finiti nelle scuole. Per fotografare il momento storico e verificare il processo di attuazione di queste politiche, la DUO Onderwijsonderzoek, istituto specializzato nella ricerca all’interno delle scuole, ha pensato, allora, di condurre uno studio tra 2200 insegnati delle scuole elementari e superiori, sottoponendo loro un quesito del tipo: “Come percepiscono, e in che modo si ripercuotono i problemi d’integrazione nelle classi e nel loro lavoro?”.
Ebbene, i risultati sono piuttosto eloquenti. Il 54% degli insegnati delle scuole superiori di Amsterdam, Rotterdam, Utrecht e dell’Aia ritengono che “l’integrazione sia fallita” e che, al contrario, sia aumentata quella che definiscono “segregazione culturale”. E ancora: il 62% degli insegnanti (delle medesime città) è convinto che le attuali politiche in materia di immigrazione abbiano incrementato la consapevolezza “della differenza tra valori occidentali e non occidentali”. Il 39%, invece, attribuisce i pericoli incombenti “al ruolo della religione nella società”. I dati su media nazionale, invece, mostrano che il 39% degli insegnati sottoscrive il successo dell’integrazione. Una percentuale che si ridimensiona quando ad essere interpellati sono gli insegnanti delle scuole elementari: il 27%. Mentre quasi il 57% è convinto che i problemi siano causati dalla “differenza tra valori occidentali e non”.
Ma lo studio mette in risalto anche un altro aspetto non meno importante, legato al regime culturale del politicamente corretto, che sostiene in larga parte l’impianto multiculturale. I docenti tendono ad evitare che si affrontino discorsi su “educazione sessuale, omosessualità, problemi religiosi (soprattutto inerenti a stato islamico e islamizzazione), attacchi terroristici e violenze sessuali”. Alcuni docenti, ormai disperati, si affidano al buon senso dei genitori e, allo stesso tempo, non hanno idea di come migliorare la situazione a scuola. Insomma, dati alla mano, il cortocircuito didattico e culturale è ormai cosa fatta! Ma c’è chi, nonostante tutto, non demorde e si ostina nel ritenere ancora opportuno, ad esempio, mandare bambini di quattro anni a pregare in moschea.