In piena recessione Obama si mette a spendere e a tassare (i ricchi)
21 Settembre 2011
La Buffet Rule diventa politica. Si ricorderanno le dichiarazioni dell’ultra miliardario, Warren Buffet, secondo cui i “ricchi non pagano abbastanza tasse”. Ebbene adesso quelle dichiarazioni sono state traslate in politica. L’occasione era troppo ghiotta perché la Casa Bianca se la facesse sfuggire. E così il presidente Obama si è messo a propinare ancora un po’ di keynesismo all’America. E lo fa con un ‘uno-due’, come due sono i piani che la Casa Bianca ha appena sfornato. Obiettivo: prendere per le corna il nodo dell’economia (che deciderà la prossima campagna elettorale). Il metodo messo in campo è il solito ‘tax-and-spend’, o meglio ‘spend-and tax’, spendi-e-tassa. E questo perché il presidente ha prima di tutto declamato il nuovo corso partendo dal come spendere.
Una declamazione fatta lo scorso 8 Settembre davanti al Congresso riunito alla Camera dei Rappresentanti. Obama ha dichiarato alla nazione il suo American Job Act (AJA), un piano per il rilancio dell’occupazione che punta a far abbassare quella disoccupazione attestata al 9% che secondo le statistiche storiche della rielezione presidenziale statunitense impedirebbe al presidente Democratico di farsi rieleggere nel 2012 (dai tempi di F. D. Roosevelt nessun presidente è stato mai rieletto con un tasso di disoccupazione sopra al 7%).
Al job plan dell’8 Settembre ha fatto seguito il piano ‘living within our means’ (LWOM), presentato l’altro ieri al Rose Garden della Casa Bianca, davanti a una platea di giornalisti. “Ognuno – compresi milionari e miliardari – deve pagare il giusto. … Non si tratta di lotta di classe ma di matematica. … I soldi devono scappar fuori da qualche parte!”. Queste le ‘rosee’ parole di Barack Obama. Il presidente americano è accusato di giocare al piccolo ‘Robin Hood’ (col suo ‘robbing from the rich and giving to the poor’) e di voler dare il via a una politica redistributiva nel bel mezzo di una recessione economica, con tanto di aumento delle tasse per i ricchi (la Buffett rule appunto).
Obama e i suoi advisor dimostrano di essere già in campagna elettorale – il prossimo anno di questi tempi si giocherà la partita per la rielezione – e a Pennsylvania av. si sente evidentemente il bisogno di iniziare a far quadrare i conti, aumentando il gettito fiscale, dopo tre anni di spesa forsennata e politiche poco soppesate le quali sono costate al bilancio federale 4 trilioni di dollari in più in debito. Tra gli obiettivi della Casa Bianca c’è prima di tutto il rientro sul deficit del bilancio federale, che nel 2010 si è attestato a 1,17 trilioni di dollari; c’è poi tutto il rientro sul debito; e non ultimo, c’è la disoccupazione al 9% che lascia veramente pochi margini politici al presidente (vero tallone d’Achille di Obama e manna propagandistica dei Repubblicani, vedi apertura del sito del candidato alla primarie Repubblicane, Mitt Romney).
E’ per far fronte a questo quadro apocalittico che Obama se n’è venuto fuori con l’AJA e il piano LWOM. Il primo prevede dei costi di implementazione per circa 447 miliardi di dollari. Il secondo ha come obiettivo quello di appianare il deficit per la cifra di 1,5 trilioni di dollari, da raccogliere con nuove tasse. Su entrambi i piani di spesa e tassazione aleggia l’ombra del nuovo presidente del Council of Economic Advisors (CEA), il piacente docente di Princeton, Alan Krueger. A prima vista l’AJA e lo LWOM assomigliano terribilmente al fallimentare piano di stimolo (formalmente il American Recovery and Reinvestment Act), che nel 2009 proprio l’ex presidente del CEA, Larry Summers e dal segretario al Tesoro Usa, Timonthy Geithner, i quali fecero firmare a Obama e mandarono al Congresso (all’epoca in mani Democratiche) e per ‘rimettere sui binari’ l’America. Costò 1 trilione di dollari e non servì a molto, salvo indebitare di un trilione di dollari in più il governo federale.
Sulle reali possibilità che i piani AJA e LWOM vedano la luce del sole, e che soprattutto rimangano come sono, nessuno è disposto a scommettere. Come noto i Repubblicani controllano la Camera dei Rappresentanti e non faranno mai passare un documento che prevedano nuove spese e nuove tasse. John Boehner ha proprio l’altro ieri ricordato, se ve ne fosse bisogno, che il problema del governo statunitense è prima di tutto un problema di spesa. Della serie: prima i tagli.
Alla domanda invece che impatto avranno i due piano sull’economia statunitense, non c’è da aspettarsi un granché. Se il keynesismo si è dimostrato fallimentare due anni fa, cosa dovrebbe renderlo efficace oggi? Con un pizzico di disonestà Warren Buffett aveva dichiarato quanto non fosse giusto che i ricchi pagassero solo il 17 % di tasse, mentre quelli della classe media ne pagassero il 35%. Concetto ripreso anche da Obama durante il suo discorso dell’altro ieri. La disonestà di questa affermazione sta nel fatto che il riferimento all’aliquota del 17% è collegato alla tassa statunitense sui redditi da capitale di lungo periodo, mentre il 35% è riferibile alla tassa federale sul reddito. I "ricchi" già pagano il 35% in tasse federali sul reddito, a cui si aggiunge, qualora i "ricchi" investano, la capital gains tax, la tassa sul reddito da capitale.
Le aliquote federali sul reddito da lavoro sono già ampiamente progressive. Il risultato di una tale forma di disinformatia è che uno dei pilastri dell’economia statunitense, ovvero l’etica della remunerazione del successo individuale (diventi ricco se sgobbi tanto, se hai volontà, capacità, conoscenza e un minimo di fortuna), verrebbe messa in discussione dagli aumenti fiscali sui redditi alti che Obama vorrebbe introdurre con il piano LWOM.
In più, come hanno dimostrato alcuni studi della Tax Foundation di Washington DC, il piano di Warren Buffett non produrrebbe extragettito in quantità significative, facendo decadere l’argomento che almeno la stangata sui ricchi avrebbe il merito di rimettere in sesto i conti pubblici federali. A questo proposito si dica anche che l’1% degli ultramilionari già contribuiscono pagando in media il 23% di tasse, mentre il 50% dei contribuenti si vedono tassati in media solo per il 2,6% sul reddito. Per capirci, in media i milionari pagano un’aliquota sul proprio reddito che è di dieci volte più grande rispetto a metà della popolazione.
Obama ha preso l’ultimo treno. Il keynesismo non funziona più – ammesso che abbia mai funzionato – e non resta che sperare che i Repubblicani se ne vengano fuori con un piano degno di questo nome per convincere gli americani a fare di Obama "a one-term president".