“In Puglia l’ambizione è formare una classe dirigente di valore”
12 Aprile 2010
Gaetano Quagliariello è stato a Bari, in uno dei viaggi periodici che lo portano in via Piccinni, nella casa del padre. È qui che il vicepresidente dei senatori Pdl riceve gli amici, i colleghi, ed è da qui che, probabilmente, muoverà la strategia, per riconquistare il capoluogo. Sarà lui il candidato sindaco? “In politica gli incarichi sono frutto di processi che portano ad assumere funzioni”.
Senatore, a luglio Berlusconi la inviò in Puglia per dare una mano in vista delle elezioni regionali. Ora, dopo la sconfitta di Rocco Palese, lei torna a Bari, con quale obiettivo?
“A luglio feci una ricognizioni consegnata nelle mani di Berlusconi. Ora l’ambizione è quella di dare una mano perché il Sud abbia finalmente una classe dirigente di valore, a partire da Bari, che è la mia città”.
Quindi la Puglia e Bari difettano di classe dirigente?
“Il tema, che riguarda destra e sinistra è rimasto ibernato per 12-13 anni e ora si sta riproponendo soprattutto sul nostro versante. Quando venne meno la Repubblica dei partiti, si ebbe il distacco tra elettori e sistema al Nord, mentre i partiti si meridionalizzavano sempre di più. Il passaggio alla nuova fase, nel ’94, ha comportato un riequilibrio della situazione storica e per la classe politica meridionale si chiusero gli spazi. Ma c’è un altro fattore da considerare: la sinistra è stata praticamente egemone in tutte le regioni meridionali peninsulari, tranne che nel Molise, e ha prodotto un nuovo meridionalismo autoctono: così il Mezzogiorno si è chiuso su se stesso e la sua élite ha smesso di agganciare il resto del Paese. È stato il pensiero meridiano dell’autosufficienza. In 16 anni la carta geopolitica del Sud è mutata è noi siamo diventati egemoni, tranne che in Puglia. Questo è un problema che dobbiamo porci”.
Perché il Pdl ha fallito in Puglia?
“Le responsabilità della sconfitta di Palese non sono tutte in loco. Su questa candidatura ha pesato la vicenda passata di partiti confluiti nel Pdl”.
Si riferisce ad An?
“Certo”.
Cosa replica a chi accusa lei e An di aver remato contro Palese?
“Certamente le accuse non sono rivolte a me. La scelta del candidato doveva essere più ponderata, dissi all’epoca che si sarebbe dovuta leggere la Puglia in un contesto più ampio e tener conto del fallimento dell’operazione D’Alema-Casini, senza dare al terzo polo la possibilità di esistere”.
Berlusconi, respingendo le dimissioni del ministro Fitto, ha detto che in Puglia si deve voltare pagina. Lei sarà il commissario del Pdl?
“Il problema è un altro: si deve tornare a vincere, smettendola con le sottrazioni. Bisogna trovare soluzioni aggreganti, mettere in piedi iniziative importanti e poi, se si ottengono risultati, si potrà passare all’incasso, tra virgolette. È invece sbagliato chiedere galloni o scatenare guerre intestine per ottenere galloni”.
Come sono i suoi rapporti con Fitto?
“Anche nei momenti di tensione per divergenze politiche non l’ho mai considerato un problema, né può esserlo se si ha l’obiettivo di creare una classe dirigente. Il problema, per il Pdl, è un altro: quello di fare addizioni. Nei tempi gloriosi in Puglia, sono convissuti uomini come Moro e Lattanzio, Dell’Andro e Leccisi. È mai possibile che nel Pdl un partito che è in realtà una coalizione, il problema sia quello di trovare spazio?”.
Forse Fitto è una personalità troppo preponderante per un progetto che mira a costruire una classe dirigente?
“Se si ha capacità di fare, voglia e passione non c’è personalità preponderante che tenga. Piuttosto bisogna trovare un’idea vincente per Bari”.
La rinascita del Pdl comincia da Bari?
“La nostra grande sfida è Bari, una città nella quale Simone Di Cagno Abbrescia ha lasciato una traccia da cui ripartire, per riassegnarle il ruolo che merita nel Mediterraneo”.
S’immagina sindaco?
“In politica gli incarichi non si strappano, sono i processi che portano ad assumere funzioni. Io non ho mai chiesto nulla”.
Pensa che ci voglia un partito del Sud per contrastare la Lega?
“Il partito del Sud è il Pdl, che è radicato ovunque e deve essere in grado di svolgere questa funzione. Altrimenti avremmo una frammentazione del voto moderato con la conseguente fine del sistema bipolare e la vittoria della forza più forte, che oggi è la Lega”.
(tratto dal Corriere del Mezzogiorno)