In Puglia Vendola va male e il Terzo Polo si dimostra un bluff

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In Puglia Vendola va male e il Terzo Polo si dimostra un bluff

18 Maggio 2011

Per un commento esaustivo del significato politico di un turno elettorale amministrativo occorre certamente che esso si completi con i ballottaggi, ma non vi è dubbio che già al termine del primo turno si possano trarre importanti conclusioni, tanto più quando ci si trovi di fronte a dati omogenei ed eclatanti.

Vendola, per esempio, ha ampiamente vinto, sia pur non cogliendone in prima persona del tutto i frutti, le sue due scommesse nazionali. La prima verteva sulla maggiore capacità di vittoria, in una fase storica segnata in tutto il mondo – per gli inevitabili contraccolpi della crisi economica – dai successi delle forze estreme contro quelle governative (De Magistris e Pisapia sono a tal riguardo del tutto speculari a Marine Le Pen e ai movimenti di estrema destra trionfanti un po’ dappertutto), di una sinistra a guida “radicale” emersa clamorosamente a Milano, Napoli e Cagliari. Un dato oggettivo che, peraltro, Vendola non ha saputo integralmente cogliere, vista la sua scelta per Morcone a Napoli e lo scontro durissimo con Grillo. La seconda vittoria strategica del nostro Governatore è, poi, quella relativa alle Primarie, che si sono rivelate dappertutto uno straordinario trampolino di lancio per candidature anche originariamente difficili. E’ successo a Milano,Torino, Bologna e Cagliari, con la contro-prova di Napoli, laddove il flop del candidato Pd-Sel è seguito proprio all’annullamento della Primarie.

Una lezione preziosa anche per il centrodestra, che dovrebbe seriamente riflettere sull’opportunità di adottare anch’esso tale metodo di selezione delle candidature di vertice. Un metodo in grado di imprimere in partenza una spinta formidabile e un ammaliante crisma di vittoria, costringendo avversari selezionati a freddo in vertici chiusi, sovente sulla base di alchimie partitocratiche fini a sé stesse e magari anche fuori tempo massimo, a partire con un handicap difficilmente colmabile.

Certo è che adesso sarà molto più difficile per i vertici del Pd sottrarsi ad una regola che ha dato risultati tanto eccellenti, con una nuova chance proprio per Vendola che su di essa conta per un non impossibile sbarco a Roma con i galloni del comando, anche se ora dovrà vedersela nella sua stessa area con nuovi, ingombranti competitori come De Magistris.

D’altra parte, con le Primarie il Pdl pugliese avrebbe evitato quantomeno gli autogoal di Ruvo, Triggiano e Grottaglie. Peccato però che Vendola, mentre vince queste battaglie di straordinario rilievo strategico, perda quella delle elezioni nella sua Puglia, laddove al primo turno il rapporto tra centrosinistra e centrodestra si è ribaltato a favore di quest’ultimo, con la conquista di 23 Sindaci contro 18 (nei Comuni con un numero di abitanti inferiore ai 15mila) a fronte del precedente 16 a 26, cui devono aggiungersi ballottaggi apertissimi in quelle che erano autentiche roccaforti di sinistra come Nardò, Modugno, Grottaglie, Ruvo di Puglia, San Marco in Lamis.

Un innegabile passo indietro per il centrosinistra rispetto alle Regionali, dovuto anche a lacerazioni interne alla coalizione che denotano comunque una leadership in affanno, cui deve aggiungersi il non esaltante risultato pugliese di Sel, a dimostrare che gli effetti di un sempre più evidente malgoverno regionale cominciano ad intaccare in casa un mito che rischia, così, di arrivare comunque esausto all’appuntamento fatale delle elezioni politiche, con il risultato di veder cogliere ad altri il frutto di una semina che finora sembrava avesse un solo beneficiario.

Restando in Puglia, è stato del tutto impropriamente enfatizzato un inesistente risultato positivo del Terzo Polo, che in realtà non si è mai costituito. Basta infatti andare a scorrere le alleanze comunali per verificare che molto raramente Udc, Fli e Api erano schierate dalla stessa parte.

E se è indiscutibile il radicamento dell’Udc, Fli invece ha svolto, dove si è presentato, il ruolo di ruota di scorta a disposizione di chiunque volesse approfittarne, fino alla vergogna di Noicattaro, in cui i finian-divelliani sono al carro di un vecchio residuo della Prima Repubblica, la cui penultima collocazione era nel Partito di Vendola, che ancora peraltro rappresenta in Consiglio Provinciale. I futuristi pugliesi sono ridotti cioè alla stregua dell’ultimissimo Pri: un simbolo vuoto e buono per tutti gli usi, a disposizione di chiunque lo riempia di candidati a casaccio. Con tutto il rispetto, ovviamente, per un gloriosissimo pezzo della storia politica italiana, che in campo può comunque mettere il retaggio straordinario di Mazzini e Pacciardi, Ugo La Malfa e Spadolini. A fronte – tanto per dire – delle memorie di Bocchino, delle speculazioni (beninteso, intellettuali) del Tuglianino. O delle paturnie dei Tatarella sbagliati.