In Sicilia il pianta grane per Berlusconi si chiama sempre Micciché

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In Sicilia il pianta grane per Berlusconi si chiama sempre Micciché

21 Settembre 2009

Una matrioska pronta a scomporsi e disarticolare tutto il resto degli incastri: Sicilia teatrino di grandi litigi politici e talvolta di riappacificazioni insperate che, da queste parti, spesso coincidono anche con riconciliazioni sul piano personale.

Il ciclone Gianfranco – all’anagrafe Micciché – rischia di passare su ogni cosa, capace di radere al suolo amicizie, alleanze, partiti e coalizioni.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Cipe, forte dell’alleanza con l’amico governatore siciliano, Raffaele Lombardo, e abile a inserirsi – il più capace di tutti bisogna ammettere – dentro le crepe di un Pdl in Sicilia da rimettere in sesto con l’Attak, lancia, con le solite dichiarazioni a sorpresa, la fronda separatista, ovvero la nascita del Pdl Sicilia: un gruppo autonomo al Comune di Palermo, operazione che potrebbe ripetersi anche in seno al Parlamento siciliano e nelle altre assemblee locali.

Pare che Micciché abbia avvertito dell’operazione il sottosegretario Gianni Letta, così da informare Silvio Berlusconi. Ottenuti i Fas e l’attenzione verso il Sud da parte del governo centrale, ora la battaglia diventa personale, contro i due coordinatori regionali, Giuseppe Castiglione e Domenico Nania.

L’uomo del 61 a 0 vuole tornare, come era in Forza Italia, a tenere le fila del partito in Sicilia, impresa adesso assai più difficile del previsto. Nel Pdl, che è figlio di due anime, quella di Fi e di An, si era optato proprio per la soluzione locale in tandem, sulla fotocopia di quella nazionale – dove i coordinatori sono addirittura tre – per dare un’uguale rappresentanza nei vertici a entrambi i partiti: accontentare Micciché può generare la rivolta dentro An, forte delle sue correnti siciliane e, in un periodo nel quale i rapporti tra il premier e il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non sono idilliaci, acuire il rischio di una situazione irreversibilmente pericolosa.

In più Berlusconi non può certo scontentare il presidente del Senato, Renato Schifani, e il Guardasigilli, Angelino Alfano, che in Sicilia mantengono i loro riferimenti forti, apertamente contro le posizioni di Micciché.

Gianfranco Micciché ha fatto addirittura sapere che gli sarebbe stata offerta la presidenza della Regione, così da arrivare ad elezioni anticipate e, in questo modo, liquidare in anticipo Lombardo e il suo governo. “Siamo alla frutta” – risponde il co-coordinatore del Pdl siciliano, Giuseppe Castiglione, a questo punto Micciché, per il bene del suo Pdl, faccia i nomi di coloro che gli hanno offerto la poltrona più alta di Palazzo d’Orleans, altrimenti taccia”. “Non so da che parte gli è stata fatta e a che titolo questa proposta – osserva Castiglione – ma a questo punto Micchiché ha il dovere di dire pubblicamente chi è stato, altrimenti è solo un millantato credito”.

Un week infuocato, insomma, ancor più incandescente dopo l’ultima stoccata del sindaco di Palermo, Diego Cammarata, pronto ad autosospendersi, qualora il progetto del gruppo autonomo Pdl Sicilia prendesse corpo dentro il Consiglio comunale del capoluogo.

A sostenere la presa di posizione di Cammarata, in una nota congiunta, i deputati regionali del Pdl Marianna Caronia, Francesco Scoma (che è anche vicesindaco di Palermo) e Alberto Campagna (presidente del Consiglio comunale sempre di Palermo) affermano che “il Partito della Libertà è uno solo ed è la coalizione che poco più di un anno fa ha vinto le elezioni, consentendo a Raffaele Lombardo di essere eletto presidente della Regione”.

I tre, inoltre, pongono l’accento sulla legittimità del Pdl Sicilia dell’onorevole Gianfranco Miccichè, “che non ha alcun fondamento politico e programmatico”, e il senatore catanese Pino Firrarello, suocero di Castiglione, intervistato dall’inserto locale de “La Repubblica” immagina “che anche gli amici del Pdl, vicini al governatore Raffaele Lombardo, stanchi di essere mortificati torneranno a lavorare per l’unità del partito” e aggiunge: “Bisogna tornare a votare in primavera, come nelle altre regioni”. Ma Francesco Cascio, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, avverte: “Quello che sta accadendo nel Pdl in Sicilia è un grave segnale per gli elettori e sarebbe ora che si tornasse a ragionare, mettendo da parte aspirazioni personali e posizioni individualiste, affinché prevalga l’unità del partito e si prosegua sulla strada della coerenza, che dovrebbe caratterizzare peraltro quel sentimento di lealtà verso il nostro leader Berlusconi”.

“Condivisibile quindi – continua Cascio – lo sfogo del sindaco Diego Cammarata, che è il segnale di un malessere che cova da tempo. La sua autosospensione aprirebbe tutta una serie di autosospensioni, che segnerebbero lo sgretolamento del Pdl”. Cascio poi aggiunge: “Credo sia giunto il momento di sedersi intorno a un tavolo per salvare quelle prospettive di successo che abbiamo conquistato sul campo e che sono rese evidenti dalla fiducia dimostrataci dagli elettori. Se qualcuno, perciò, si volesse assumere la responsabilità di tradire questa fiducia, mediti sul danno che ne deriverebbe non solo al partito, ma anche all’elettorato stesso”.

E nel frattempo Micciché torna a rilanciare la comunicazione del proprio “verbo” anche tramite la Rete, dove si sta lavorando al restyling del sito che lo accompagnato nei mesi di contestazione, prima delle elezioni regionali del 2008, quando voleva proporsi antagonista dell’attuale governatore, alla conquista della presidenza della Regione Sicilia.

 

Nelle ultime ore, a fare la voce grossa, interviene anche l’altro coordinatore in Sicilia, l’ex An Domenico Nania, il quale avverte: "E’ giunto il momento di ritirare i due assessori, Mario Milone e Nino Beninati, dalla giunta regionale in rappresentanza dei due leader siciliani dell’ex FI (Schifani e Alfano, ndt.) senza che questo significhi assolutamente ritirare il sostegno a un governatore che dobbiamo continuare a sostenere lealmente". Nania lo scrive in una lettera inviata appunto a Renato Schifani e ad Angelino Alfano. "Il ritiro degli assessori – prosegue il co-coordinatore – metterebbe in risalto il sostegno, a volte camuffato, a volte palese, dei tanti Cracolici (capogruppo Pd all’Ars, ndt.) e il senatore Pd, Giuseppe Lumia, ma ridarebbe dignità alla politica".

Pronta la risposta dell’opposizione: “Siamo ormai all’epilogo di un copione che in Sicilia va in scena da mesi: la guerriglia interna al centrodestra sancisce che la coalizione che poco più di un anno fa ha stravinto le elezioni, ormai si è sbriciolata, non c’è più”, sostiene Antonello Cracolici, presidente del gruppo del Partito Democratico all’Ars. “Il meschino tentativo di gettare fango anche sull’opposizione del Pd, che ha avuto il merito di rendere evidenti le insanabili contraddizioni nella maggioranza – continua Cracolici – è solo un modo per provare, inutilmente, a confondere le acque e spostare l’attenzione altrove. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti, il centrodestra in Sicilia è finito, non è in grado di amministrare la Regione, come non è in grado di governare Palermo, Catania e Messina, né gli altri comuni dell’Isola”.

Frena il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che per il momento sembra non avere alcuna intenzione di ritirare gli assessori della sua corrente e fa capire che l’ultima parola spetta a Berlusconi: “Io starò comunque dalla parte della decisione che il presidente Berlusconi assumerà”. Alfano, infine,  dovrebbe aggiornare a breve il presidente del Consiglio della situazione in Sicilia.