
In Spagna il virus è penetrato nel sistema politico

20 Aprile 2020
In Spagna la fase due non è ancora iniziata, ma come promesso dal governo alcuni comparti industriali strategici, insieme al settore della costruzione hanno riaperto subito dopo Pasqua.
Sanchez ha proposto una nuova estensione del decreto d’allerta nazionale fino al 9 maggio, e di pari passo il suo governo si è già messo al lavoro per garantire la riapertura di tutti i settori produttivi del paese entro l’estate e la normalizzazione dell’attività turistica, ricreativa e culturale entro la fine dell’anno.
Il premier continua i suoi incontri virtuali con i presidenti delle comunità autonome e con i leader dei partiti d’opposizione. Resta ancora sul tappeto l’ipotesi di riedizione di un Patto di Unità Nazionale, come quello che salvò la Spagna dalla recessione nel 1977, ma il clima appare più teso rispetto a qualche settimana fa.
Il Covid 19 si sta insinuando nelle falle del sistema politico così come negli alveoli polmonari dei malcapitati, e sta aggredendo il rapporto stato- regioni e favorendo un aumento della polarizzazione interna.
Andiamo con ordine. Rispetto al rapporto stato- regioni, varie comunità autonome, in particolare quella catalana, valenciana, basca, baleare e andalusa rivendicano maggiore autonomia rispetto al governo centrale per gestire la fase due. Nessun parlamento autonomico mette in dubbio la necessità del distanziamento sociale, né quella dell’uso di guanti e mascherine per potere riprendere le consuete attività lavorative, tutti condividono però la necessità di allentare in modo graduale il confinamento e favorire la ripresa in base alla curva dei contagi regionali e ai settori di punta dell’industria locale, in modo da non perdere troppo terreno nella competizione e nell’export internazionale.
In particolare alcune forze politiche come Esquerra Republicana Catalana (ERC)- pur mostrandosi apparentemente favorevoli alla costituzione di un tavolo negoziale tra governo centrale e comunità locali, sottolineano la necessità di favorire il ripristino del decentramento delle competenze sanitarie e insinuano all’interno di questo dibattito quello sull’autodeterminazione catalana, bruscamente interrottosi da più di un anno.
Anche sul versante del rapporto maggioranza – opposizione le distanze appaiono maggiori rispetto all’inizio del lockdown.
Abascal di Vox rifiuta di partecipare al tavolo governativo, mentre Casado del Partido Popular mette sempre più in dubbio la validità di un rilancio dei Patti della Moncloa e sottolinea quanto i principi ispiratori della ripresa dovrebbero essere elaborati in sede legislativa e non soltanto essere presentati dal governo al Congresso dei Deputati. Nell’ottica della centralità del Parlamento il leader PP vorrebbe che fosse coinvolto anche il Senato, nella sua qualità di rappresentante delle istanze territoriali del paese.
Si dibatte altresì sulle modalità di erogazione di un salario minimo, soprattutto per quanti colpiti dalla pandemia si sono visti costretti a rinunciare al lavoro stagionale, e a come aiutare categorie quali quella degli artigiani la cui ripresa sarà ancor più difficile rispetto a quella industriale.
I partiti non sembrano trovare una quadra e alcuni ancora oggi autorevolissimi uomini politici, come Felipe Gonzalez- storico leader socialista degli anni Ottanta, teme che la polarizzazione scaturita dalle diverse ricette- locali e nazionali- per la ripresa economica del paese sarà sfruttato da alcune forze politiche (il riferimento è senza dubbio a Unidas Podemos), per attaccare il modello costituzionale esistente.