In Spagna va a ruba il cicciobello down

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In Spagna va a ruba il cicciobello down

21 Novembre 2007

Il giocattolo, categoria “cicciobelli”, si chiama “Baby Down”, è corredato di un “libretto di istruzioni” che dà suggerimenti sulle attività più stimolanti per lo sviluppo delle capacità di bambini diversamente abili, e dei venticinque euro che costa, tre sono destinati alla Fundacion Down España.

È bastato che la bambola venisse proposta il mese scorso nei negozi spagnoli perché si registrassero vendite rapidissime e un boom di riordini.  Obiettivo dichiarato degli ideatori: finanziare le attività di chi si occupa della difesa dei diritti delle persone affette da Trisomia 21, nonché sensibilizzare i bambini normodotati all’accoglimento e all’integrazione sociale dei “diversi”.

La prima considerazione, osservando il bambolotto, è che la riproduzione forzatamente grossolana di una figura umana, come nel caso di ogni bambola, in questa occasione risulta ulteriormente schematica.

Delle caratteristiche tipiche di un down, ha dita di mani e piedi un po’ divaricate e la lingua leggermente in fuori. Gli occhi sono appena a mandorla, e nell’insieme il viso non presenta tratti troppo sproporzionati rispetto alle nozioni estetiche comuni. L’impressione è quindi che si tratti di un down “lieve”, ossia che venga proposta la simulazione di un soggetto disabile, ma abbastanza poco da non turbare.

Ora, è vero che l’industria del giocattolo negli ultimi anni ha commercializzato bambole con ogni genere di accentuazione realistica e per soddisfare ogni desiderio di accudimento. Ma la domanda più spontanea è: chi mai voglia acquistare questo prodotto preferendolo a un altro, anzi correndo nei negozi a procurarsene un esemplare prima che si registri il tutto esaurito.

Non un bambino, con ogni probabilità, a meno che non sia attratto semplicemente dalla novità; quanto una mamma così politicamente corretta, così attenta a qualsiasi richiamo provenga da associazioni per la ricerca sulle malattie, da non poter resistere a compiere la bella azione che la farà sentire in pace con la coscienza, e che a buon bisogno le permetterà di mostrare quanto educa i suoi figli al rispetto dei diversamente abili.

Una mamma nimwo, potremmo dire: not in my womb, non nel mio utero. Perché in una Europa soprattutto meridionale dove la percentuale degli aborti selettivi a seguito di diagnosi della Trisomia 21 supera il novanta per cento, è quantomeno curioso che mentre i down sono progressivamente in via di estinzione, si voglia acquistare con tanto entusiasmo un bambolotto che li riproduce.

Insomma: un po’ come collezionare brontosauri. Anche se certo, il disabile di plastica fa tanta simpatia, ma per fortuna non si è poi costretti a portarlo a infiniti controlli medici, non va accompagnato tutti i giorni e per anni alle sedute di riabilitazione, né difeso ogni momento dalle difficoltà di un mondo che i disabili si costringe ad accoglierli, ma poi li trova faticosi e complicati.

Per il momento alla notizia del lancio di Baby Down le associazioni italiane hanno reagito in maniera blandamente favorevole, riconoscendo che non sarà una bambola disabile, come non lo sono mai stati certo i cicciobelli neri, a risolvere i problemi di integrazione, e che quei problemi si combattono su ben altri fronti. E però, in fondo, qualcosa di buono la bambola potrebbe pure insegnare.

Sempre restando in tema di prodotti di intrattenimento per bambini: chi invece in assoluta naturalezza insegna anche a fare umorismo sulla disabilità, dimostrando senza pietismi che se di normalità della differenza vogliamo parlare, dobbiamo essere anche autorizzati a scherzarci sopra, sono i creatori geniali della serie di animazioni in plastilina Wallace & Gromit.

L’inventore pazzo e il suo cane sveglio, per capirci, oltre alle gloriose Galline in Fuga. Hanno appena realizzato una campagna di informazione per ragazzi ma anche per adulti sostenuta dall’istituto di beneficenza Leonard Cheshire Disability.

Per l’occasione i sei nuovi characters sono tutti disabili (il riccio sulla sedia a rotelle, la tartaruga con le stampelle) e le loro voci sono state prestate da persone ognuno con lo stesso tipo di handicap del personaggio di fantasia. Gli animaletti sono determinati, ironizzano sulle loro difficoltà, tentano imprese spericolate e fanno commuovere per il loro coraggio.  Un approccio se vogliamo onesto e rilassato per aiutare a comprendere le continue difficoltà quotidiane che altri spesso non hanno modo neanche di vedere. Viva la faccia.