In tempi di crisi tutti dicono di essere poveri. Ma la realtà è un’altra

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

In tempi di crisi tutti dicono di essere poveri. Ma la realtà è un’altra

06 Aprile 2009

Domenica 5 aprile. Ad Omnibus (una trasmissione sempre più schierata apertamente a sinistra, purtroppo non solo col Pd) si è commentata la manifestazione della Cgil del giorno precedente. Di lì si è passati alla rassegna di tutti gli argomenti all’ordine del giorno nell’agenda politica e sociale, fino ad affrontare, negli ultimi minuti, il tema del bonus famiglia.

Quando un battagliero Daniele Capezzone, nell’elencare i principali provvedimenti del Governo, ha ricordato che otto milioni di famiglie ne beneficeranno, la conduttrice – col sorriso compiaciuto di un indiano Sioux che ha appena strappato lo scalpo al Generale Custer – ha citato una dichiarazione del responsabile del coordinamento dei Centri di assistenza fiscale (ex sindacalista Cisl), secondo il quale, tra le domande presentate, solo a tre milioni di famiglie sono state riconosciuti i requisiti necessari per ottenere la prestazione. Il dato è stato colto dal dibattito – nonostante gli argomenti di Capezzone e di Renata Polverini, la quale ha fatto notare, con buon senso, che tre milioni di famiglie sono comunque tante – come l’ennesimo fallimento delle politiche del "cattivo" Berlusconi.

La discussione si basava su di un assunto: le domande per ottenere il bonus dovevano essere presentate entro il 31 marzo; pertanto visto che siamo già in aprile è possibile decretare il fallimento del bonus. E’ singolare, invece, che nei primi giorni di aprile i Caaf siano già in grado di fornire dei dati conclusivi di un’operazione tanto complessa, anche perché il termine del 31 marzo ha carattere solo ordinatorio e non è una ghigliottina del diritto a percepire la prestazione, avendone i requisiti. Ma il divario con le previsioni è comunque evidente e, ad avviso di chi scrive, era anche atteso, perché in Italia non esistono, al di là dei dati dell’Agenzia delle Entrate e della composizione della platea dei contribuenti, otto milioni di famiglie con condizioni sociali e reddituali tanto modeste come quelle indicate dalla legge per individuare i soggetti aventi diritto al bonus. Probabilmente, nel caso in esame, anche i criteri adottati (le famiglie di pensionati e quelle con bambini piccoli in determinate condizioni di reddito) non sono stati particolarmente felici.

È bene tuttavia riflettere su di una circostanza: tutte le volte che hanno adottate misure riconducibili alla lotta alla povertà e all’emarginazione sociale i Governi non sono riusciti a spendere le risorse stanziate. Fu così anche nel 2001, quando Berlusconi volle elevare ad un milione di lire al mese le pensioni minime. Dal momento che agli sportelli dell’Inps si presentavano meno pensionati del previsto, si rese necessario persino nominare un commissario ad acta, ma alla fine furono risparmiati 600 miliardi di vecchie lire che vennero destinate alla copertura dei prepensionamenti da esposizione ad amianto. La verità è che, quando i requisiti sono un po’ più severi e circostanziati rispetto a quelli fiscali (per il bonus famiglia era richiesta la certificazione Isee), il numero dei poveri si dimezza.

Tutte le volte che si va a cercarli i poveri non si trovano o si trovano in misura minore del previsto. Sono sicuramente poco efficaci i criteri. Ma forse è gonfiato pure il calcolo degli indigenti. Anche secondo le statistiche ufficiali dell’Istat. Nel 2007, secondo il rapporto sulla povertà in Italia, erano poveri 7,5 milioni di italiani; più dell’11% delle famiglie con punte del 20-25% nelle regioni meridionali. Naturalmente, agli italiani non fu spiegato che ‘‘negli ultimi cinque anni l’incidenza di povertà relativa è rimasta sostanzialmente stabile e immutate sono le caratteristiche delle famiglie povere’’. E solitamente si sorvola sui parametri della c.d. povertà relativa (che è un indicatore delle differenze più che di una condizione di disagio economico e sociale, tanto che – paradossalmente – la povertà relativa aumenta nelle fasi di congiuntura favorevole proprio perché le società si <sgranano> in avanti). Vediamo, allora, di capire meglio. Innanzi tutto, da noi, diversamente dagli altri Paesi europei, il riferimento dell’Istat non è il reddito, ma la spesa per consumi, nel senso che la soglia di povertà relativa (l’indicatore preso a riferimento) per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media pro capite nel Paese (nel 2007 tale ammontare era pari a 986,35 euro mensili). Nel caso di una famiglia di tre persone la soglia sale fino ad una spesa mensile di 1.311,85 euro. Per arrivare a 2.367,24 euro per un nucleo di sette e più componenti. Le famiglie che stanno al di sotto di tale linea (di spesa per consumi) sono considerate povere. Ma davvero una famiglia (due genitori e un figlio) che ogni mese può spendere più di 1.300 euro deve essere considerata indigente (soprattutto se vive, come la maggioranza della famiglie così definite, nel Mezzogiorno, dove sicuramente il costo della vita è più basso di quello delle aree del Centro Nord)? Tanto più che la spesa media familiare "è calcolata – scrive l’Istat – al netto delle spese per manutenzione straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e rendite vitalizie, rate di mutui e restituzione di prestiti". Ecco perché bisognerebbe evitare di piangersi addosso.

L’Italia sta certamente attraversando un periodo molto critico. Ma dovremmo tutti compiere uno sforzo (come ha fatto, sia pure in modo imperfetto il Governo) per individuare e tutelare le c.d. povertà assolute ovvero le situazioni di più grave bisogno e di più intollerabile disagio. E’ questo un obiettivo prioritario indicato nel Libro verde predisposto dal Ministro Maurizio Sacconi, che tra poche settimane si tradurrà in proposte concrete quando sarà pubblicato il Libro bianco.