In un mare di difficoltà, il governo di David Cameron tiene il colpo
17 Ottobre 2011
Non esiste ‘premiership’ che viva senza far fronte a problemi. Nessun governo è privo di scandali e sorprese. La coalizione di David Cameron – al governo dal Maggio 2010 – non fa eccezioni. La più recente novità sono le dimissioni di Liam Fox, ministro della difesa e rivale nel 2005 dello stesso Cameron per la leadership del partito Conservatore. Gli alti e bassi della politica non hanno però finora scalfito l’immagine di David Cameron o dirottato il suo programma di governo.
Il Primo Ministro rimane una figura robusta, solida e decisa alla guida del paese. Ed è importantissimo che rimanga tale, vista la probabile tempesta economica pronta a colpire il Regno Unito nei prossimi mesi. Le stime per la crescita economica del paese sono state recentemente riviste al ribasso; e ciononstante l’inflazione rimane alta; il rating di dodice banche è stato declassato; e la crisi della zona euro non dà segni di diminuire, con tutte le ripercussioni che ciò avrà in Gran Bretagna.
David Cameron quindi deve proiettare non solo fiducia e solidità, ma deve anche dimostrare una conoscenza delle necessità e delle capacità del paese. I Primi Ministri di successo nella storia inglese tradizionalmente sono quelli che percepiscono le forze e le debolezze del paese, sanno dove vogliono portare il paese e riescono ad esprimere in maniera convincente tale visione. Cambiano la narrativa dell’opinione pubblica e così focalizzano l’attenzione su un nuovo disegno, su un nuovo piano per il futuro.
Margaret Thatcher rifiutò di accettare quello che sembrava l’inevitabile declino della spenta e stanca Britannia e rilanciò una visione di crescita e ‘rilevanza’, se non di grandezza. Tony Blair cavalcò l’ondata favorevole degli anni novanta, alimentando il culto della ‘Cool Britain’. David Cameron nel discorso alla conferenza dei Conservatori alcuni giorni or’ sono ha preparato il terreno per una nuova visione e ha rilanciato l’immagine di un paese forte e con un futuro di successo e non ‘declinista’. Suonando quasi Churchilliano ha dichiarato: “Alcuni dicono che per aver successo in questo mondo, dobbiamo diventare di più come l’India, la Cina o il Brasile. Io dico: dobbiamo diventare più come noi. I ‘very’ noi”.
Tale affermazione sta in netto contrasto con una tendenza di autori contemporanei a vedere cose positive solo nei paesi emergenti e a veder nell’Occidente solo il passato – si veda fra i tanti, il recente libro di Thomas Friedman, ‘That Used to be Us’: What Went Wrong with America – And How It Can Come Back’. Cameron quindi sta cercando di ritessere una narrativa che è stata alla base del successo della Gran Bretagna (e degli Stati Uniti) nel passato, ma riadattandola alla competizione e alle difficoltà del ventunesimo secolo.
L’attenzione deve quindi spostarsi sullo “spirito che ha fatto del Regno Unito quello che è: un piccolo paese che fa grandi cose.” Le qualità da ritrovare sono quindi l’ottimismo, la creatività, l’adattabilità, l’indipendenza, ed un’attitudine di ‘can-do’ (‘e’ possibile’), invece che promuovere una cultura di recriminazione, invidia, passività, e pigrizia, mentale quanto fisica. Cameron sta quindi promuovendo una visione per un paese unito, forte e convinto della sua eccezzionalità.
Una visione che unifica e non divide; che crea opportunità e non cerca scuse; che ispira e non semplicemente ricorda grandezza. In momenti incerti come quelli odierni è potenzialmente una politica rischiosa, ma necessaria agli occhi del Primo Ministro. Sia lui che gli altri leaders Tory sanno che, nei prossimi mesi, avranno infatti bisogno del supporto e della fiducia del paese, non solo dei loro supporters nel partito conservatore – per fronteggiare una nuova probabile difficile congiuntura economica.
Come si sta vedendo nei paesi dell’euro infatti, il vero rischio non è nell’essere coraggiosi e ambiziosi. Ma è nell’essere indecisi e nella percezione di essere in balia degli eventi invece che in controllo di essi. Come noto, spesso la migliore difesa è proprio l’attacco.