In un paese liberale anche la Chiesa ha diritto di dire la sua

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In un paese liberale anche la Chiesa ha diritto di dire la sua

In un paese liberale anche la Chiesa ha diritto di dire la sua

08 Aprile 2008

Se non fosse stato per i giornalisti,
le telecamere, i blocchetti degli appunti e le macchine fotografiche, la
presentazione del libro “Il Papa laico”, curato da Gaetano Quagliariello ed edito
da Cantagalli, che c’è stata oggi all’Hotel Nazionale sarebbe stata poco più di
una riunione di famiglia. Cicchitto e Quagliariello i relatori, moderati dal
Direttore, Giancarlo Loquenzi, che per l’occasione, nonostante l’atmosfera
amicale, si è calato nella parte del provocatore. All’inizio nessuno ci
credeva veramente, ma l’energia delle risposte di Cicchitto non ha lasciato
adito ad altri dubbi. E, lanciato l’assist, le aspettative non sono andate
deluse. Merito anche di un Mario Sechi mezza punta, che ha rianimato la
discussione sui grandi temi della politica, riportandoli sul terreno di noi
comuni mortali che tra meno di una settimana dovremo scegliere come votare.

Il “Papa laico” è un libro nato da
sé, ha esordito Quagliariello (o poco più, aggiungerebbe chi sa come sono andate le cose). Un libro nato per rispondere ad una
provocazione, che non è troppo definire indegna, lanciata da Paolo Flores d’Arcais
nell’ultimo numero di Micromega. Lì, realizzando un’opera di dubbia onestà
intellettuale, Flores non mancava di utilizzare tutti gli strumenti a sua
disposizione per “dimostrare” che questo Papa è il vero ispiratore di una cordata
oscurantista e reazionaria che dalle gerarchie ecclesiastiche raggiunge alcuni
ambienti intellettuali e politici nostrani.

Sentitosi chiamato in causa,
Quagliariello, laico devoto quasi per antonomasia, in nome e per conto di molti
di coloro ai quali Flores ha lanciato il suo atto d’accusa, ha dato una
risposta secca ma inequivocabile: “Se essere dalla parte del Papa significa ritenere che nei
principi propri del Cristianesimo affonda la parte più importante delle nostre
radici; che la manipolazione dell’umano non possa spingersi fino a pianificare
la nascita e la morte degli individui e il loro patrimonio genetico; che creare
le condizioni affinché al Pontefice sia impedito di parlare in una università è
più grave che negare la parola ad un’altra autorità politica o religiosa
espressione di un’altra cultura e di un’altra civiltà ebbene sì, allora sono
più papista del Papa. Ma se tutto questo significa essere oscurantisti e
reazionari allora no: Paolo Flores, e quelli come lui, si è sbagliano di grosso”.
Da qui l’idea di raccogliere in un libro alcuni degli articoli pubblicati sull’Occidentale
ai tempi della grande rinuncia del Papa alla Sapienza e il dibattito scatenato
da un articolo di Aldo Schiavone apparso su Repubblica, in cui si denunciava un
fantasma neoguelfo che si aggira per l’Italia.

Ma allora Cicchitto che c’entra in tutto questo? Non sarebbe stato
meglio invitare uno dell’altra parte? Uno tipo Marcello Cini o Odifreddi, per
intenderci, che hanno fatto della scienza la nuova ideologia del loro tempo?

In questo piatto clima pre-elettorale poche cose hanno suscitato
una qualche emozione come la questione del cattolicesimo politico. Forse per la
scelta di Casini di correre da solo, o per la presenza della lista di Giuliano
Ferrara, che certamente catalizza gli umori di una parte dell’elettorato
cattolico o forse – ancora e soprattutto – perché la collocazione dei cattolici
in politica costituisce un nervo per gran parte scoperto sia nel Pd sia nel
PdL. Con una differenza sostanziale: nel partito di Veltroni la militanza “alla
comunista” impone l’irreggimentarsi delle posizioni e chi dissente – vedi la
Binetti – è un traditore; nel partito di Berlusconi e Fini il confronto tra
laici e cattolici non solo non è affatto un tabù ma trova addirittura una sorta di sublimazione ideologica
e politica nel ricorso all’obiezione di coscienza, uno tra i più liberali appelli cui un individuo possa ricorrere.

Da qui il motivo della presenza di Cicchitto: dimostrare senza
mezzi termini che la questione cattolica del PdL non è una questione, e che sui
temi della biopolitica si può trovare un comune terreno d’intesa. Che, tradotto in termini politici e  nel
caso di vittoria del centrodestra, significa il prossimo governo non rimarrà impantanato nelle sabbie
dello scontro radicale su questi temi, come è accaduto per due anni a Prodi e ai suoi.

Se ne è convinto uno come Fabrizio Cicchitto, laico doc e senza
aggettivi – come ama dire lui – che su molti temi non si trova d’accordo con i vari
Quagliariello e Roccella del suo partito, anche noi che
assistiamo al dibattito iniziamo a convincerci che dev’essere vero. Una convinzione che, a sipario
quasi chiuso, si fa certezza di una realtà che supera la fantasia: “Non
sono né papista né devoto ma neanche anticlericale – dice Cicchitto – ma la
Chiesa deve avere la totale libertà di espressione in qualsiasi materia”. Anzi,
vi dirò di più, chiosa il deputato di Forza Italia, “quando le gerarchie ecclesiastiche
sostengono che quanto meno si legifera sulle questioni che riguardano la vita e
la morte e meglio è, io sto dalla parte della Chiesa”. Quagliariello, attonito,
diventa d’un lampo più laico del suo compagno di partito. Poche lapidarie
parole e il gioco delle parti è saltato. Ma, del resto, si sa è in famiglia che
ci si concedono i migliori “siparietti”.