In una società indifferente, la politica deve difendere i più deboli

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In una società indifferente, la politica deve difendere i più deboli

22 Aprile 2016

Bambini minacciati, strattonati, picchiati, schiaffeggiati, maltrattati. Bastava un nonnulla per far scattare l’ira della maestra. Rimini è sullo sfondo di quello che è solo l’ultimo episodio di violenza che la cronaca registra in una scuola materna. Il numero di casi del genere cresce in maniera tanto esponenziale che ormai siamo stati resi immuni allo stupore. Proprio in quei luoghi che, insieme alla famiglia, dovrebbero tutelare i soggetti vulnerabili, vanno in scena episodi raccapriccianti. E sarà pure un fenomeno esistito da sempre, ma ora si tratta di un problema che indiscutibilmente si fa davvero imponente. Perché questo tipo di cronaca è solo la testimone rumorosa di un vero e proprio cambiamento culturale.

E allora la capillarità, e la frequenza di denunce di questo tipo, ha assunto a pieno titolo i connotati di un malcostume dilagante che non può non costringere la politica ad andare oltre la polemica. Ad oggi l’unica maniera di difendere i bambini, e chi è accusato ingiustamente di non svolgere adeguatamente il proprio compito, consiste nell’investigazione sui casi solo a seguito di denunce. Pertanto gli esposti, la documentazione inoppugnabile delle telecamere, gli allontanamenti immediati e le sanzioni penali sono gli interventi urgenti che conseguono a questi fenomeni. Ma non sono sufficienti neanche a scoraggiare le nuove violenze.

L’esigenza di un diritto alla tutela a beneficio dei bambini è, ormai, un istituto necessario e non merita in alcun modo di essere disciplinato da normative obsolete. E l’enorme sviluppo della tecnologia non può che essere di aiuto. Il Movimento Idea ha deciso di muoversi in tal senso aprendo un confronto con l’Authority per la privacy e preparando un DDL sulla videosorveglianza negli asili. Si vorrebbe affiancare ai sistemi di vigilanza la figura del Garante della Vulnerabilità infantile. A ciascun Garante Comunale andrebbe affidato il compito di controllo a distanza delle strutture, e al fine di limitare l’accesso alle immagini e nel rispetto del principio di proporzionalità (chiesto dalla Privacy) si procederebbe per controlli a campione, e quindi a sorpresa.

L’effetto deterrente della videosorveglianza sarebbe assicurato, ma sarebbe rispettata anche la richiesta della Authority della privacy di limitare al massimo l’invasività dell’intervento di controllo. Quello della privacy è il vero punto nevralgico, infatti, che tiene fermo qualsiasi progresso in tal senso, e blocca l’ingresso delle telecamere negli asili. La proposta di legge ha previsto anche la copertura finanziaria necessaria per quel che concerne l’installazione e la manutenzione della videosorveglianza nelle strutture. E la figura del Garante comunale dell’infanzia non prevedrebbe maggiori e aggiuntivi oneri per le finanze dell’amministrazione pubblica.

Certo, a una trasformazione culturale sarebbe giusto rispondere anche con altri strumenti. Non possiamo non legare il ripetersi di questi terribili episodi alle patologie che stanno modificando alla base la nostra civiltà: l’occidente vede ormai nella malattia un limite, nel difetto un peso e nel sacrificio un male assoluto; è un occidente bambino-fobico e famiglia-fobico, che finge quotidianamente, in battaglie risibili, di battersi in difesa dei più piccoli, ma in concreto nei bambini, nei deboli, nelle persone fragili e bisognose, vede spesso un impiccio di cui sbarazzarsi.

È il concetto di dignità ad esser scomparso, o comunque svuotato di senso. La dignità altrui rimanda alla tutela della libertà nelle sue multiformi declinazioni che vanno dal riconoscimento nell’altro della nostra identica condizione umana al diritto di autodeterminarsi. Ed è tutta qui la questione. Oggi ci stanno educando al fatto che il concetto di dignità finisce lì dove la mia libertà trova un ostacolo nelle necessità del prossimo. Si vuole dimenticare, o forse ignorare, che è proprio della vita umana l’esigenza, nelle fasi che la compongono, di affidarsi a qualcuno. E se questa consapevolezza fosse ancora viva, crollerebbe ogni alibi.

Ci si può domandare quanto sia lecito discorrere di simili argomenti a partire da un episodio triste di cronaca. E invece c’è poco di cui stupirsi. Perché se la percentuale di casi di violenza sui minori e sui più deboli aumenta, si tratta solo di un sintomo. Il sintomo di una società impreparata (nella maggior parte dei casi si tratta di maestre e maestri completamente inadatti al ruolo perché incompetenti), priva del controllo delle competenze vocazionali, e quindi di se stessa, e nichilista. La società della speranza e quella della disperazione sono le due società che, inspiegabilmente, convivono nella mente e nei cuori di tanta gente convinta che il fastidio vada esorcizzato con il benessere personale. Se rieducare la società è impresa troppo ardua, che almeno intervenga la politica se non a mettere ordine, a difendere i bambini.