In Val di Susa c’è una sinistra che ha dimenticato gli operai
04 Luglio 2011
Ieri è andata di nuovo in scena la guerriglia in Val di Susa, con il blocco nero, gli anarchici e i centri sociali che hanno assediato il cantiere della Torino-Lione, riprendendo l’intifada delle pietre contro le forze dell’ordine delle settimane scorse. Lasciamo stare Grillo ("le forze dell’ordine in Val di Susa usano armi da guerra cancerogene"), convinto che "il futuro non è far viaggiare le merci ma il regionalismo", un’idea bislacca che trova sponde in un’Italia senza ambizioni, manipolabile come ai referendum.
Pensiamo alla grande promessa della sinistra, Nichi Vendola, il governatore rosso che ha capito quanto possa convenire usare la protesta dei No-Tav in chiave elettorale, ora che le elezioni si avvicinano. Vendola ha criticato pesantemente "la repressione" delle forze dell’ordine e, incurante delle polemiche che lo inseguono in Puglia per il referendum sull’acqua, ha ripreso a suonare il piffero del bene pubblico e della difesa del territorio. L’intifada degli incappucciati, però, oggi colpisce chi una volta era la base della sinistra, la classe operaia, quei lavoratori feriti che ieri sono rimasti sotto assedio.
I vendoliani possono anche farsi belli evocando il soccorso rosso e l’assistenza legale gratuita a chi finirà in manette, ma è chiaro che stanno compromettendo un valore, il lavoro, e bene ha fatto il neosindaco di Torino, Piero Fassino, a giudicare "incomprensibile e colpevole l’atteggiamento violento di alcuni facinorosi", esprimendo solidarietà per "gli operai dei cantieri e le forze dell’ordine che hanno responsabilmente contrastato la violenza". Ma presto Fassino si troverà a dover fare i conti con SeL nella sua giunta. Così Vendola riesce in un altro dei suoi contorsionismi: fare da puntello alla maggioranza sotto la Mole, ma al tempo stesso far sognare la "Libera Repubblica della Maddalena".