Incentivi. Napolitano promulga la legge ma frena il governo sull’uso della fiducia

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Incentivi. Napolitano promulga la legge ma frena il governo sull’uso della fiducia

22 Maggio 2010

No ai maxiemendamenti approvati con il voto di fiducia che ampliano il contenuto originario dei decreti legge, perché tale procedura incide negativamente "sulla qualità della legislazione" ed elude "la valutazione spettante al Presidente della Repubblica in vista della emanazione" dei provvedimenti d’urgenza del governo. Lo sottolinea il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nella lettera al presidente del Senato Renato Schifani, a quello della Camera Gianfranco Fini e a quello del Consiglio Silvio Berlusconi, con il quale ha accompagnato la promulgazione della legge di conversione del decreto legge contenente, tra l’altro, le misure per gli incentivi all’economia.

Nel promulgare la legge di conversione del cosiddetto "decreto incentivi" (la legge n. 40 del 25 marzo 2010 ), Napolitano fa alcuni precisi rilievi. "Il decreto-legge che, nella sua formulazione originaria, conteneva disposizioni riguardanti esclusivamente la repressione delle frodi fiscali, la riscossione tributaria ed incentivi al sostegno della domanda e delle imprese, nel corso dell’iter di conversione è stato profondamente modificato, anche mediante l’inserimento di numerose disposizioni estranee ai contenuti del decreto e tra loro eterogenee -concernenti, tra l’altro, indebiti previdenziali, riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria, disciplina dei giochi, deflazione del contenzioso tributario, fondo depositi dormienti, finanziamento di attività di utilità sociale, completamento della rete di banda larga mobile- in virtù dell’approvazione di un maxi-emendamento, sul quale il governo ha posto la questione di fiducia in entrambi i rami del Parlamento".

"Tale tecnica legislativa, da me come dai miei predecessori, è stata più volte criticata – lamenta Napolitano – per la sua incidenza negativa sulla qualità della legislazione, per la violazione dell’articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988 e, infine, per la possibile violazione dell’art. 77 della Costituzione allorché comporti l’inserimento di disposizioni prive dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza, eludendo la valutazione spettante al Presidente della Repubblica in vista della emanazione dei decreti-legge". "Ho anche avuto modo di rilevare, più volte e in diverse sedi, che in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia su maxi-emendamenti, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento, specialmente allorchè l’esame da parte delle Camere si svolga con il particolare procedimento e nei termini tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti".

Nella lettera inviata a Renato Schifani, Gianfranco Fini e anche alla presidenza del Consiglio, il capo dello Stato non fa riferimento solo al decreto incentivi, ma più in generale sottolinea di aver avuto "modo di rilevare, più volte e in diverse sedi che in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia su maxi-emendamenti, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento, specialmente allorché l’esame da parte delle Camere si svolga con il particolare procedimento e nei termini tassativamente previsti dalla Costituzione per la conversione in legge dei decreti". "Mi pare che il problema sollevato dal presidente sia assolutamente serio" ha commentato il leader Pd Pierluigi Bersani, secondo il quale dilaga ormai una prassi che sconfina nella "scorrettezza istituzionale", perché "sembra quasi che si voglia avere il via libera ai decreti da parte del presidente della Repubblica, salvo poi farne un uso inappropriato e distorto". "Quante ammonizioni dovrà impartire il presidente Napolitano prima che governo e maggioranza capiscano che il contemporaneo abuso di fiducie e decreti rende inutile il ruolo del Parlamento?" afferma in una nota il presidente dei senatori Udc, Gianpiero D’Alia.