
Inchiesta Bergamo, i Pm diventano arbitri dello scontro tra Regioni e Stato

13 Giugno 2020
Dopo le convocazioni del governatore lombardo Fontana e dell’assessore Gallera, ieri è stato il giorno dell’audizione del premier Giuseppe Conte e dei ministri Speranza e Lamorgese nell’ambito dell’inchiesta della procura di Bergamo sulla mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro. “Le audizioni si sono svolte in un clima di massima distensione e di massima collaborazione istituzionale” – ha detto il procuratore Maria Cristina Rota. Distensione e collaborazione: inevitabili dichiarazioni di rito, come un rituale atto dovuto, a fronte degli esposti presentati, appare l’intera indagine. Il problema è che spesso, soprattutto in politica, non vi è nulla di più sostanziale che la forma e in questo caso la forma dell’inchiesta cela (e neppure troppo bene) il profondo scontro e rimpallo di responsabilità tra il Governo Conte a guida Pd-M5s e la Regione Lombardia a guida Lega-centrodestra.
Per uscire da una quantomai inopportuna logica di liti tra tifoserie è quindi opportuno chiedersi se non era meglio evitare a prescindere che le aule di tribunale divenissero il terreno di questo scontro. In una fase drammatica come questa, con una ricostruzione epica da affrontare, la Politica per riscattarsi dai troppi errori commessi avrebbe forse potuto assumersi l’onere di intervenire nel merito, evitando di assegnare ai pm il compito di analizzare, con strumenti giuridici tradizionali, una vicenda tragicamente eccezionale. Anche perchè esattamente da quando la magistratura dovrebbe iniziare a indagare sulle responsabilità della politica e delle istituzioni nella gestione della pandemia? Gli aperitivi dei sindaci di Bergamo e Milano a fine febbraio, solo per fare un esempio, sono da considerare atti prescritti o no? Qual è la data esatta dalla quale valutare le scelte delle istituzioni più o meno penalmente rilevanti nell’accrescere il disastro sanitario vissuto dall’Italia?
Ecco allora che, anche per l’imbarazzo che queste domande destano, lo Stato avrebbe potuto concedere lo scudo penale a medici e amministratori per poi aprire una seria commissione d’inchiesta in sede parlamentare, durante la quale analizzare senza preconcetti quanto accaduto. Così non è stato fatto e la magistratura rispondendo al proprio compito e senza un adeguato bilanciamento tra i poteri dello Stato, non ha potuto far altro che iniziare ad indagare. I risultati si vedranno, ma anche se nessuno se lo augura, l’intera vicenda potrebbe avere una duplice possibile deriva nefasta. Il rischio sul fronte medico è infatti quello di premiare paradossalmente proprio quei dottori che durante la pandemia si sono imboscati per non avere guai, a discapito dei colleghi in prima linea, per mesi etichettati come eroi. Il rischio sul fronte politico è invece quello di ridurre tutto a uno scontro tra fazioni ben prima di arrivare a sentenza. Strumentalizzando ogni dichiarazione nell’improbo tentativo di stilare una lista di buoni e cattivi che per sua stessa natura non potrà mai rispecchiare quanto avvenuto nella più drammatica primavera che l’Italia ricordi.