Inchiesta petrolio: gli apprendisti stregoni si svegliano tardi

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Inchiesta petrolio: gli apprendisti stregoni si svegliano tardi

04 Aprile 2016

La nuova tempesta giudiziaria che coinvolge il Governo italiano, al di là delle questioni di tipo politico e di opportunità, che hanno spinto alle dimissioni il ministro Guidi, sta portando prepotentemente alla ribalta il reato di “traffico di influenze illecite”, introdotto nel nostro ordinamento nel 2012 su iniziativa del governo Monti.

 

Ma cos’è il reato di “traffico di influenze illecite”? Secondo l’articolo 346-bis del Codice Penale, chiunque, “sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita […] ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni”. Pena aggravata se il mediatore “riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio”, o nel caso in cui “i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie”.

 

All’epoca del passaggio della legge, contestai in Commissione ed in Aula la genericità di tali norme incriminatrici, e nel mio libro “Balle”, nel novembre 2013, scrivevo: Sarebbe già grave constatare che il Governo italiano contribuisce  ad alimentare in tutto il mondo una immagine negativa del nostro Paese, che va ben oltre  i singoli casi di corruzione che vanno decisamente perseguiti con la massima decisione, ma sulla base di questi numeri sparati a casaccio ha indotto il Parlamento a legiferare in materia,  introducendo norme  che si riveleranno senza dubbio fallimentari.

 

Tenuto conto del notorio equilibrio e della serenità di giudizio con la quale la parte militante della Magistratura interpreta le norme, infatti, il primo campanello d’allarme era già risuonato nel 2012 dall’autorevole pulpito del massimario della Cassazione, che così commenta la nuova norma: “E’ presupposto, anche per la necessaria componente di consapevolezza dell’agire richiesta dal dolo, che, esplicitamente ed implicitamente, sussistano, nell’ordinamento, previsioni in grado di definire  il confine  tra il consentito  ed il non consentito, alla  stessa stregua, del resto, di quanto accade in altri paesi,  ove è riconosciuta la liceità di attività di mediazione  e rappresentanza esercitate  in forma professionale specie  presso istituzioni politiche o amministrazioni pubbliche”.

 

“Nella specie, tuttavia,” proseguiva la Corte riferendosi alla norma, “un simile catalogo non è rinvenibile con la conseguente possibilità,  tutt’altro che remota, di ritenere  sanzionate condotte altrove ritenute  del tutto lecite (si pensi all’azione appunto, di gruppi di pressione per conto di portatori di interessi particolari a favore  dell’introduzione o, viceversa, dell’abrogazione di leggi). In definitiva le problematiche  di tipo interpretativo sin qui segnalate sembrano essere indici evidenti della difficoltà di coniugare il contenuto della nuova norma con i necessari principi di determinatezza e tassatività della fattispecie penale”.

 

Siamo arrivati ad aprile del 2016  e i grillini sulla base di questa norma possono infangare  il Capo di Stato Maggiore della Marina, l’Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, arrivando a chiedere le sue dimissioni supponendo una relazione tra l’inchiesta e i 6 miliardi di euro stanziati nell’ambito della legge navale per la costruzione di nuove navi militari, che l’Ammiraglio aveva doverosamente caldeggiato. I 5 Stelle coinvolgono anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, in quanto firmataria della legge navale, collegandola grottescamente  e maliziosamente a suoi interessi derivanti dal fatto di essere eletta in Liguria, dove è concentrata in gran parte, dicono loro, la flotta militare italiana.

 

Ma non erano proprio i grillini a fregiarsi di aver riportato la politica ad una dimensione più legata agli interessi dei cittadini? Si può davvero ritenere che qualsiasi azione condotta dalla politica o l’esistenza stessa di gruppi di pressione e dei portatori di interesse debbano automaticamente coincidere con un reato? Lo sono anche, ad esempio, le pressioni che i familiari delle vittime della strada hanno esercitato sul Governo per introdurre nel nostro ordinamento il reato di omicidio stradale? O ancora quelle dei gruppi antagonisti che si oppongono alla costruzione della Tav? Il presidente del Consiglio nonché segretario del Pd, Matteo Renzi, dovrà ben meditare sugli effetti nefasti di un giustizialismo scatenato,  che il suo partito ha cavalcato e continua a cavalcare sfacciatamente in Parlamento per fare poi la fine di tutti gli apprendisti stregoni.