Inchiesta trans. I pm: “Brenda non aveva un pc”

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Inchiesta trans. I pm: “Brenda non aveva un pc”

23 Novembre 2009

Si infittisce il mistero sul pc ritrovato sotto l’acqua giove­dì notte, quando è stato scoperto il ca­davere del trans Brenda. Il suo monolocale fu perquisito all’inizio dell’indagine sul ricatto a Piero Marrazzo, ma non fu trovato alcun computer. Anzi, lo stesso transessuale disse di non possederlo.

Una versione ritenuta cre­dibile dai pubblici ministeri: “Conse­gnò i cellulari per effettuare l’analisi della ‘memoria’ e mostrò massima collaborazione. Non ci risulta avesse anche un pc”.

Questo dettaglio getta nuove ombre sulla sua fine. Si rafforza così l’ipotesi che si trat­ti di un avvertimento o addirittura di un “omicidio mascherato”, come sug­geriscono in Procura. Perché è vero che soltanto l’analisi di tutti i dati for­niti dagli esperti – soprattutto quelli della Polizia scientifica che stanno esa­minando i reperti trovati nell’apparta­mento – potrà stabilire le cause effet­tive della morte. Ma è altrettanto vero che troppe restano le stranezze già rile­vate sulla “scena del crimine”. E allora si può pensare che qualcuno volesse spaventare Brenda, convincendolo co­sì a non rivelare i suoi segreti. Oppure che volesse farlo tacere per sempre.

Il ragionamento che in queste ore prevale porta a ipotizzare che, se inci­dente è stato, qualcuno lo ha provoca­to. L’analisi dei file potrebbe fornire ele­menti per capire a chi appartenga il pc trovato sotto l’acqua, non escludendo che Brenda abbia mentito. Ma servirà pure a scoprire eventuali tracce di fo­to, filmati o comunque elementi su al­tre persone. Dopo l’arresto dei 4 Carabinieri numerosi transessuali han­no infatti confermato come fosse piut­tosto frequente l’abitudine dei clienti di riprendersi assieme ai viados , so­prattutto quando gli incontri avveniva­no all’interno degli appartamenti. Ma­teriale che potrebbe essere servito per tenere sotto pressione diverse perso­ne. Per questo gli inquirenti non esclu­dono che il computer lasciato a casa di Brenda – anche se non dovesse conte­nere alcun file interessante – rappre­senti un avvertimento a chi ha pensa­to di poter far soldi muovendosi con disinvoltura in questo mondo che me­scola la prostituzione al traffico di dro­ga, cocaina in particolare. Tracce concrete potrebbero arriva­re dai tecnici informatici e dall’esame dei tabulati telefonici. Perché agli in­vestigatori Brenda aveva fornito le utenze dei cellulari – adesso scom­parsi – per poter essere rintracciato e su questo adesso si lavora.

L’analisi dei contatti degli ultimi mesi potrà fornire dettagli utili alla ricerca della verità sulla sua fine, con l’elenco di tutte le persone che hanno avuto rap­porti con lui. E dunque servirà ad ac­certare anche il suo legame con Gian­guarino Cafasso, il “pappone” e pu­sher di molti transessuali che per pri­mo – d’accordo con i carabinieri poi arrestati – aveva cercato di vendere il video di Marrazzo. L’hanno trovato morto il 12 settembre nella stanza di un motel alla periferia di Roma. E an­che la sua fine è misteriosa. Perché è vero che era tossicodipendente e ma­­lato, ma aveva 37 anni e i magistrati attendono l’esito degli esami tossico­logici per capire se è stato davvero un infarto a stroncarlo.

“Ho una grande voglia di parlare, di dire tutto quello che so. Sulle trans e la gente che gira intorno a questo mondo”. Lo ha annunciato a Repubblica un ex Carabiniere che ha fatto da autista ai viados. “Tutto è iniziato – prosegue – perché abitavo qui. Ho fatto amicizia con alcune trans e ho iniziato ad accompagnarle in macchina. Ero senza lavoro, loro mi pagavano i passaggi. Era un modo per mettersi in tasca qualche soldo. E pian piano mi sono guadagnato la loro fiducia, mi raccontavano segreti”. “Ci ho messo poco a capire – ha continuato l’ex Carabiniere – che era un mondo marcio con storie terribili di sfruttamento e di droga. Non so cosa mi sia preso ma volevo aiutarle. Tanto che, dopo un po’ sono andato dai Carabinieri per offrire la mia collaborazione. Ho parlato proprio con uno di quelli che poi sono stati arrestati, lo conoscevo, era di zona, e lui mi ha detto che andava bene, di tenerlo aggiornato. Alcune trans mi hanno voltato le spalle, mi dicevano che ero una spia, che avevo contatti con i Carabinieri. Mi sono sentito venduto, come se quelle rivelazioni fatte in caserma mi si fossero rivoltate contro, come se qualcuno avesse detto ai viados della mia volontà di riferite i soprusi che subivano. Rimango convinto – conclude – che le morti di Rino e di Brenda non siano casuali. Non possono esserlo”. Ha concluso l’autista.