Intercettazioni: d-day per la legge. Pdl alla prova, finiani permettendo

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Intercettazioni: d-day per la legge. Pdl alla prova, finiani permettendo

30 Maggio 2010

E’ la settimana decisiva per il ddl sulle intercettazioni. Ma è anche il banco di prova per la tenuta della maggioranza dopo le mediazioni messe in campo coi finiani, contrari al testo uscito dalla commissione Giustizia del Senato, specie nella parte relativa all’informazione. Lo stesso Fini nei giorni scorsi aveva ammonito che quel testo così com’è non sarebbe passato alla Camera e che bisognava tornare alla stestura originaria approvata a Montecitorio.

Fibrillazioni non solo nella maggioranza. Il disegno di legge è fortemente contestato dall’opposizione che ha annunciato ostruzionismo e, fuori dal Parlamento, da magistrati (sul piede di guerra anche per la manovra finanziaria) e giornalisti. Un clima ad altissima tensione, nonostante le aperture del centrodestra a ulteriori modifiche e il sostegno del Guardasigilli all’iniziativa dei vertici dei gruppi parlamentari di Pdl e Lega a Palazzo Madama.

Se la mediazione con la componente dell’inquilino di Montecitorio dovrebbe trovare un punto di equilibrio negli undici emendamenti messi a punto dalla maggioranza e firmati dai vertici dei gruppi Pdl e Lega, c’è una questione che resta ancora aperta e sulla quale i finiani potrebbero mettersi di traverso: si tratta della cosiddetta norma transitoria. In base alle proposte di modifica, infatti, le nuove norme saranno applicate anche ai procedimenti in corso.

Una disposizione che potrebbe essere mal digerita dai fedelissimi del presidente della Camera (esattamente come accadde per il cosiddetto processo breve), al punto che c’è chi all’interno della componente ipotizza che su questo punto potrebbero essere rimesse in discussione le intese finora raggiunte. Anche perché, la novità – si fa osservare – non rientrava nella mediazione condotta dal ministro Alfano con Fini e non è escluso che nelle prossime ore riprenda la girandola di incontri per individuare soluzioni condivise.

L’obiettivo di fondo della maggioranza è arrivare a un testo che poi possa ottenere rapidamente il via libera della Camera senza ulteriori ritocchi e dunque la necesità quindi di una quarta lettura a palazzo Madama. Proprio per venire incontro alle sollecitazioni arrivate dal mondo dei media, uno degli emendamenti presentati dal Pdl prevede che durante le indagini possano essere pubblicati per riassunto gli atti il cui contenuto integrale resta comunque segreto fino a quando loimputato non ne sia informato e non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Divieto assoluto, invece, di pubblicazione delle intercettazioni, mentre il contenuto delle ordinanze di custodia cautelare potrà essere reso noto dopo che il diretto interessato ne abbia avuto conoscenza. Le violazioni saranno punite con l’arresto fino a trenta giorni o l’ammenda da mille a cinquemila euro per i giornalisti, mentre per quanto riguarda gli editori diminuiscono le pene rispetto al testo licenziato dalla commissione e varieranno da un minimo di 25.800 a un massimo di 309.800 euro.

Sempre nell’ambito dell’informazione,  il pm non potrà più rilasciare dichiarazioni; se una parte rifiuta il consenso non si potrà più riprendere un dibattimento. I giornalisti professionisti e pubblicisti potranno riprendere o registrare una conversazione all’insaputa dell’interlocutore (la cosiddetta norma "Salva-Iene")  ma la condizioni è che il materiale raccolto serva veramente per finalità di cronaca. Inoltre, in base a un emendamento della maggioranza viene meno la differenza tra riprese visive a contenuto captativo e non captativo e si parla solo di intercettazioni mediante riprese visive.

Sul fronte delle indagini giudiziarie, d’ora in poi sarà possibile ricorrere alle intercettazioni solo in presenza di gravi indizi di reato, formula che corregge quella contenuta nel testo licenziato dalla Camera dove si parlava di gravi indizi di colpevolezza e che riprende quella già prevista dalla normativa in vigore. Tuttavia non basterà solo questo elemento: il pm dovrà produrre l’esistenza di specifici atti di indagine che provino la responsabilità di chi deve finire sotto controllo. Elemento che secondo i magistrati rappresenterebbe un ostacolo per le indagini più delicate.

I magistrati inquirenti dovranno poi chiedere l’autorizzazione all’intercettazione non più al gip, ma a un collegio composto da tre giudici (altro passaggio fortemente contestato dalle toghe). Il controllo potrà durare trenta giorni, con la possibilità di tre proroghe da 15 giorni ciascuna, arrivando così a un massimo di 75 giorni. Un altro degli emendamenti del Pdl prevede che i limiti di tempo non varranno quando si ricorrerà alle intercettazioni telefoniche per la ricerca dei latitanti.

Per quanto riguarda i parlamentari, nel caso compaiano in conversazioni su altre utenze intercettate, le nuove norme prevedono che l’atto dovrà essere secretato e prima di proseguire l’ascolto servirà il via libera della Camera di appartenenza del politico. L’opposizione sale sugli scudi, ma la linea di Pd e Idv non è la stessa. In toltale sono 160 gli emendamenti depositati e di questi ben 110 arrivano dal partito di Di Pietro che minaccia anche forme di protesta fuori e dentro il Senato, compresa l’ipotesi dell’occupazione dell’Aula.

Idea che non piace al Pd (domani prima dell’Aula è prevista una riunione dei senatori per decidere il da farsi) che preferisce la via dell’ostruzionismo, come peraltro l’Udc critica sul provvedimento nonostante le modifiche apportate. Una prospettiva che rischia di allungare i tempi di approvazione del provvedimento che il centrodestra vorrebbe invece licenziare entro questa settimana (2 giugno permettendo) e che, alla fine, potrebbe spingere governo e maggioranza a valutare l’ipotesi del ricorso alla fiducia.

Quello che è certo è che sarà una settimana ad altissima tensione. Fuori, ma soprattutto dentro la maggioranza.