Intercettazioni. La maggioranza prende tempo e il ddl slitta a settembre
29 Luglio 2010
Il centrodestra prende tempo e il ddl intercettazioni scivola sul calendario dei lavori parlamentari rischiando di finire a settembre, quando probabilmente riprenderà il suo corso con il voto finale del Senato. E’ l’orientamento emerso al termine della conferenza dei capigruppo a Montecitorio. La maggioranza, dunque, allenta la presa e il disegno di legge che doveva essere discusso alla Camera ieri, in terza lettura, per ora finisce in stand-by.
La norma è ormai snaturata, hanno spiegato esponenti del Pdl, che anche per questo hanno ritenuto inutile forzare la mano e rischiare di soffiare sul fuoco dei dissidi tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e il premier Silvio Berlusconi. Ed è stato proprio il premier che l’altroieri ha lanciato l’input al centrodestra per allentare la corda, quando a margine della Conferenza degli ambasciatori ha chiarito la sua posizione in merito alle modifiche apportate al disegno di legge sulle intercettazioni dalla Commissione giustizia di Montecitorio: "La legge è stata massacrata e io sono tentato addirittura di ritirarla". "Questa legge – ha continuato – migliorerà qualche cosa, ma non ridà al cittadino l’inviolabilità delle comunicazioni che è in Costituzione". Vale a dire – sono parole del Cavaliere – far uscire dal Senato "un bel cavallo" e ritrovarsi con un "ippopotamo" alla Camera che pesa come un macigno sulla schiena della maggioranza, che da due anni lavora alla stesura del provvedimento e stenta ancora ad approvarlo.
Tutte le viti, insomma, sono state allentate. Non solo quelle che rischiavano di inchiodare un periodo di distensione politica favorevole all’approvazione della manovra, ma anche quelle del provvedimento stesso, "blindato" e approvato dal Senato il 9 giugno scorso con il voto di fiducia. Un testo quello uscito dalla Commissione giustizia e dall’Aula di Palazzo Madama il cui punto cardine era il giusto equilibrio tra la tutela del diritto alla riservatezza e il rispetto delle esigenze investigative da un lato e dell’attività dell’informazione: tre capisaldi sanciti dalla Costituzione. Sul piano politico, le modifiche apportate al testo tenevano nella giusta considerazione i rilievi del Colle e la mediazione portata avanti coi finiani. Dal "bel cavallo" all’ippopotamo, dice amareggiato il Cav. che non ha nascosto la sua delusione sul risultato finale. Cos’è allora l’ippopotamo? E’ il testo ulteriorimente modificato a Montecitorio sotto l’egida della presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno, finiana doc. Vediamo in cosa consistono i principali cambiamenti.
Secondo il nuovo testo la stampa potrà pubblicare le intercettazioni agli atti di un’inchiesta. Dovrà però attendere una cosiddetta "udienza filtro", quando, scaduto il termine legale per intercettare, il pm deciderà con il giudice e gli avvocati degli indagati quali ascolti sono rilevanti per l’indagine e quali no. Questa udienza dovrà tenersi entro 45 giorni dalla richiesta del pm, come proposto da Udc e Pd. Secondo punto: si ritorna alle intercettazioni ‘incrociate’ per i parlamentari. Vuol dire che se si vuole intercettare la telefonata di un parlamentare (operazione che richiederebbe l’autorizzazione della Camera di appartenenza), basterà mettere sotto controllo il telefono dei suoi collaboratori, parenti o amici. Tra le novità introdotte anche la riduzione delle sanzioni agli editori che permettono la pubblicazione di materiale irrilevante che riguarda procedimenti giudiziari in corso: una multa di 300 mila euro invece di 450 mila.
L’ennesima scintilla però è stata innescata dalla Commissione Trasporti della Camera, tenuta ad esprimere il suo parere sul testo della legge. Questa ha infatti dato l’alt all’obbligo di rettifiche entro 48 ore per i blog in caso di pubblicazioni illecite. Un parere che potrebbe rimanere tale se Giulia Bongiorno con il sottosegretario Giacomo Caliendo dovessero decidere di non apportare modifiche nonostante l’appunto della ‘Trasporti’. Tanto è bastato però per ingrossare il coro dei dissidenti. Ieri pomeriggio infatti il Popolo Viola ha manifestato in Piazza Montecitorio contro il provvedimento. Al suo fianco, oltre ai rappresentanti di tutto il centrosinistra, sono scesi in piazza anche Fnsi, ‘Grillini’ e bloggers.
Col fiato sospeso fino all’ultimo dunque, continua la bagarre politica su un ddl che dopo due anni di lavoro non riesce a vedere la luce. Sempre che il premier non decida di ritirarlo. A settembre.