Intercettazioni, la mediazione del Pdl guarda più al Colle che a Montecitorio

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Intercettazioni, la mediazione del Pdl guarda più al Colle che a Montecitorio

03 Giugno 2010

Il punto non sono i finiani, ma l’obiettivo, dicono da via dell’Umiltà. E l’obiettivo è approvare in tempi brevi il disegno di legge sulle intercettazioni al Senato. Già la prossima settimana e poi procedere altrettanto spediti a Montecitorio evitando ulteriori modifiche che presupporrebbero un nuovo passaggio da Palazzo Madama. La parola d’ordine è varare un provvedimento "con un’ampia condivisione". La chiave di volta in vista dell’ufficio di presidenza del Pdl convocato per materdì, prima del voto in Aula, sta tutta qui e segnala un lavorìò improntato alla mediazione più rivolto verso il Colle che ai piani alti di Montecitorio.

E’ infatti con il Quirinale che nelle ultime ore il centrodestra avrebbe istaurato una sorta di raccordo che tiene conto degli appelli di Napolitano affinchè in Parlamento vada una legge sulla quale si registri la più ampia convergenza delle forze politiche. Vanno nella stessa direzione le decisioni prese nel vertice di maggioranza a Palazzo Madama con il Guardasigilli Alfano, nella discreta opera di mediazione portata avanti dal presidente del Senato Schifani e nel via libera della Consulta Giustizia del partito su ulteriori limature apportate agli emendamenti Pdl-Lega, ora al vaglio della Commissione e da martedì al voto dell’Aula.

Una linea d’azione che mette in luce due aspetti: uno sul piano politico dentro il Pdl,  l’altro sul piano istituzionale nel rapporto tra Palazzo Chigi e il Quirinale. Il primo: il ruolo centrale del Pdl nella "gestione" del pacchetto di misure predisposte nel ddl che passa dal coinvolgimento dei tecnici della giustizia, dei vertici dei gruppi parlamentari (in questo caso del Senato) e degli organismi previsti dallo statuto del partito (la Consulta tematica).

Certo, in questo contesto si inquadra il confronto con la componente di minoranza che fa capo al presidente della Camera e da questo punto di vista le limature apportate in questi giorni agli emendamenti sono un segnale concreto verso una convergenza anche se, alla fine, a decidere sarà la maggioranza del partito. Come accadrà nell’Ufficio di presidenza della prossima settimana e come lo stesso Berlusconi ha ribadito ai suoi nel summit di mercoledì a Palazzo Grazioli. Non a caso c’è chi, tra i maggiorenti del Pdl, fa osservare che "si va alla riunione di martedì attribuendo un criterio che non è quello del centralismo democratico, bensì quello dell’esistenza del partito.

Se con il centralismo democratico ci sono gli organi di partito che decidono per tutti e le tue intenzioni vengono di fatto annullate e comunque le devi sottoporre a chi decide, la regola del partito, invece, prevede che sia lo stesso Pdl a decidere la linea e chi manifesta perplessità è libero di farlo nell’ottica di un confronto costruttivo, salvo poi uniformarsi alla linea che la maggioranza approverà nelle sedi ‘istituzionali’ stabilite dallo statuto".

Come dire: confrontiamoci coi finiani sul merito delle questioni, senza tentativi di strumentalizzazione, per trovare un punto di sintesi ma poi la decisione finale è quella votata dalla maggioranza alla quale tutti sono chiamati ad attenersi. Una regola che peraltro il presidente della Camera non ha mai messo in discussione.

L’altro aspetto rimanda ad un clima più disteso tra Palazzo Chigi e il Colle, ben chiaro ahnche su un altro fronte "caldo" sul quale Berlusconi è impegnato nell’opera di mediazione: la manovra economica. Capitolo sul quale la maggioranza è intenzionata a tenere in considerazione i richiami del presidente della Repubblica sull’adozione di misure eque. Insomma il raccordo col Quirinale, notano alcuni dirigenti del Pdl, oltre a consolidare le relazioni sul piano istituzionale, rappresenta al tempo stesso una "condizione" difficile da bipassare per la minoranza finiana, da sempre attenta al ruolo super partes e di garanzia svolto dal Colle.

Tuttavia nelle file pidielline non mancano i malumori, specialmente tra i berlusconiani che vedono nelle limature agli emendamenti una sorta di "cedimento" alle richieste avanzate da Fini attraverso i suoi fedelissimi su norma transitoria e tempi di durata delle intercettazioni. Malumori che si sarebbero palesati nella riunione della Consulta Giustizia del Pdl e che il presidente Nicolò Ghedini avrebbe però messo a tacere assicurando che la decisione di rivedere alcune norme sarebbe stata presa solo per venire incontro alle "perplessità" espresse dal Colle ed evitare che il ddl venga rinviato alle Camere.

E i finiani? Il pasdaran Italo Bocchino parla di "passi in avanti positivi" anche se attende di vedere come saranno scritte le modifiche agli emendamenti. Usa la stessa prudenza il collega "moderato" di corrente Andrea Augello, sottosegretario alla Funzione Pubblica anche se non si dice "affatto stupito" dell’esito del vertice di maggioranza al Senato perché "le posizioni su norma transitoria e limite dei 75 giorni erano già da mercoledì molto più vicine di quanto non apparisse nei resoconti giornalistici".

Quindi rimarca che "quando sono in gioco temi così delicati conta soprattutto la qualità del confronto interno e la capacità reciproca di ascolto. Oggi la possibilità di migliorare questa legge ci sembra più vicina e a portata di mano". Un modo raffinato per intestarsi il merito politico delle ultiori limature agli emendamenti ed è probabilmente su questo che da qui a martedì’ i finiani batteranno il tasto, politico e mediatico.

Ma dalla maggioranza del Pdl si ribadisce che non è proprio così e che al fondo delle questioni il clima tra le parti resta comunque teso.

Ma quali sono le novità? La norma transitoria resta (i finiani ne avevano chiesto lo stralcio), verrà solo spiegata meglio nell’emendamento: il ddl si applicherà anche ai processi in corso, ma saranno ‘salvi’ gli atti compiuti fino a quel momento. Sulla durata delle intercettazioni viene mantenuto il tetto dei 75 giorni (i finiani avevano sollevato critiche) con la possibilità di una proroga anche se con paletti precisi: se allo scadere del settantacinquesimo giorno si scopre qualcosa di importante per proseguire le indagini, il pm potrà prolungare l’ascolto di 48 ore, ma la richiesta dovrà passare al vaglio ed essere ratificata dal gip collegiale, pena la nullità dell’atto.

La proroga potrà essere rinnovata di 48 ore in 48 ore ”anche fino alla conclusione delle indagini preliminari”, assicura il relatore del ddl Centaro, ma è chiaro che legandola alla motivazione che il pm deve specificare nella richiesta e al via libera del gip collegiale si introduce un passaggio che limita fortemente l’eventuale abuso dello strumento di indagine. Altra novità riguarda la norma cosiddetta ”Anti-Radio Radicale”: si potranno fare riprese visive e radiofoniche di un procedimento penale anche senza il consenso di tutti gli interessati. Se il procedimento, infatti, sarà considerato rilevante per l’opinione pubblica, sarà il presidente della Corte d’Appello a dover decidere se autorizzarle o meno.

Per quanto riguarda il fatto che con  la norma transitoria, il pm che abbia rilasciato dichiarazioni sul procedimento penale affidatogli o abbia violato il segreto istruttorio potrebbe venire subito sostituito, la maggioranza sceglie la via del compromesso: sarà il Capo della Procura a ”decidere caso per caso”. Per le intercettazioni ambientali, si studia una soluzione non ancora definita: l’idea di fondo è che si potranno disporre anche se ”non ci sarà la certezza che nel luogo che si intende controllare si stia compiendo un reato”, spiega il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli.

Ma la vera apertura – sottolinea un autorevole esponente del Pdl – sta nella utilizzabilità delle intercettazioni: mentre prima non era possibile usarle in altri procedimenti d’ora in poi lo saranno tranne "che il fatto sia inverso e per quel fatto non sia prevista la possibilità di intercettare". Esempio pratico: se una persona viene intercettata e durante la fase di ascolto si scopre che un’altra persona commette un reato, le registrazioni di quelle conversazioni telefoniche valgono anche per il secondo caso a meno che per quel tipo di reato non sia prevista la possibilità di intercettare.

Quanto infine al contestato emendamento proposto dal governo sugli 007, potrebb diventare oggetto di una legge ad hoc, rileva il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri. Una parte dell’opposizione fa notare la convergenza bipartisan sul fatto che si tratti comunque di una norma ”migliorativa” rispetto all’attuale ddl. Lo dice il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro (anche se chiede lo stralcio dal ddl), mentre il partito di Di Pietro alza le barricate.

Ma la vera partita si gioca all’interno della maggioranza. E il vertice del Pdl di martedì prossimo dirà se la mediazione tra finiani e berlusconiani ha funzionato per davvero.