Intercettazioni, Longo (Pdl): “Nessuna accelerazione ma la legge va fatta”

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Intercettazioni, Longo (Pdl): “Nessuna accelerazione ma la legge va fatta”

18 Febbraio 2010

“La legge sulle intercettazioni fa parte dell’agenda politica di questo governo da mesi. Affermare che Berlusconi vuole accelerare l’iter è un giudizio negativo in partenza”. Lo sostiene il senatore Piero Longo (PdL), segretario della commissione Giustizia al Senato, commentando le dichiarazioni del premier, apparse sulla stampa, secondo il quale la legge sulle intercettazioni va attuata “nel più breve tempo possibile”. “Berlusconi – continua Longo – ha voluto semplicemente dire: ‘non perdete tempo, la legge va fatta!’ Anche perché i termini per la presentazione degli emendamenti sono già fissati”. La data è quella del 3 marzo, quando l’iter del ddl riprenderà in commissione.

La pubblicazione delle conversazioni telefoniche sui quotidiani fa riemergere il problema delle intercettazioni nell’ambito delle indagini giudiziarie. La maggioranza è compatta sulla necessità di stabilire un punto di equilibrio tra la salvaguardia di un importante strumento d’indagine e la tutela della privacy di persone che sono estranee alle indagini e non hanno un ruolo pubblico. Il disegno di legge presentato dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, che prevede la modifica della norma sulle intercettazioni telefoniche giudiziarie e la loro pubblicazione, è stato licenziato dalla Camera nel giugno scorso.

L’approvazione definitiva del testo di legge introdurrà alcune modifiche essenziali dell’attuale norma, contenuta nel codice di procedura penale, fra le quali l’autorizzazione a procedere da parte dei giudici, la limitazione dei tempi ai quali il cittadino è sottoposto a controllo e la verifica della qualità degli indizi per i quali è sottoposto all’indagine. Queste modifiche sono state proposte a Palazzo Madama da alcuni esponenti della maggioranza, fra i quali  Piero Longo e Roberto Centaro, relatore nella 2ª Commissione permanente (Giustizia). Ma cosa cambia con la nuova legge?

La prima proposta della maggioranza è l’istituzione di un collegio di tre giudici per l’autorizzazione a procedere alle intercettazioni. L’attuale norma infatti, prevede che l’autorizzazione a procedere sia concessa dopo una formale richiesta avanzata dal pubblico ministero al gip (giudice per le indagini preliminari). La richiesta, peraltro, può essere fatta se sussistono validi indizi che attestino la gravità del reato. Ciò significa che il pm deve avere una “ragionevole convinzione” motivata da elementi verificabili. E’ un solo giudice che decide, quindi, e una volta ricevuto il via libera dal gip, il pm dispone delle intercettazioni. L’istituzione di un collegio di tre giudici, invece, dovrebbe garantire la tutela del soggetto “controllato”, poiché l’autorizzazione a procedere sarebbe frutto di una approfondita consultazione tra giudici che si controllano a vicenda.

La seconda proposta prende in esame la durata delle intercettazioni. Al momento un cittadino può essere sottoposto a controllo del telefono (ma anche video) per 15 giorni. A questo periodo di tempo però possono seguire richieste di ulteriori 20 giorni di intercettazione. Il punto più criticato della norma è che, mentre l’autorizzazione a procedere (quella che fa il pm al gip) deve essere richiesta solo se i reati commessi sono di particolare gravità (ad esempio reati punibili con pene superiori a 5 anni, delitti contro la pubblica amministrazione, di contrabbando, di mafia, traffico di stupefacenti, reati di ingiuria, usura e molestia), per la proroga non è richiesta alcuna particolare motivazione. Perciò possono verificarsi continui rinvii non motivati, con il conseguente effetto di estendere il termine dell’intercettazione senza una specifica regolamentazione. Il disegno di legge approvato a giugno dalla Camera propone una modifica della durata delle intercettazioni per un periodo massimo di 30 giorni, anche non continuativi, e solo due proroghe di 15 giorni ognuna. In breve, si traduce in un massimo di 60 giorni, dopodiché l’indagato non può essere più controllato.

La terza proposta della maggioranza riguarda la verifica degli indizi da parte degli inquirenti. L’ autorizzazione a procedere, infatti, viene rilasciata sulla base di indizi di grave colpevolezza. Il punto è che la valutazione sulla “gravità” dei reati è un fatto assolutamente soggettivo. Il nodo centrale è il seguente: chi stabilisce, ad esempio, che parlare al telefono di una “ripassata” voglia automaticamente significare un riferimento allusivo ad una prestazione sessuale? La risposta è semplice: lo stabilisce il giudice. In questo caso, per la maggioranza, serve un’adeguata regolamentazione che possa ridurre lo spazio di arbitrio da parte del giudice.

Una questione quella delle intercettazioni sulla quale l’opposizione ha  annunciato una battaglia serrata, con l’Anm  già sul piede di guerra. La maggioranza procede compatta, rispettando una calendarizzazione peraltro fissata da tempo su un testo che ha un obiettivo di fondo: evitare che in Italia si corra il rischio di un’involuzione di tipo orwelliano che con la democrazia non ha nulla a che fare.