Intercettazioni: oggi si vota la Fiducia

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Intercettazioni: oggi si vota la Fiducia

09 Giugno 2010

Fiducia. Riprende da qui il nuovo capitolo di quella che ormai sembra l’interminabile saga del ddl intercettazioni. Dopo essere tornato all’esame della Commissione Giustizia del Senato infatti, ieri pomeriggio il disegno di legge è finalmente approdato in Aula, dove il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito ha annunciato l’intenzione del Governo di porre la fiducia sul provvedimento.E lo ha fatto su un maxiemendamento formulato ad hoc dalla maggioranza per sostituire il disegno di legge alla luce delle modifiche presentate dal relatore Roberto Centaro.

La mattinata si è svolta all’insegna di un accesissimo scontro in Commissione, dove l’ostruzionismo dell’opposizione ha impedito la votazione degli emendamenti e connessi subemendamenti, spianando la strada al redde rationem del Governo. In verità, ieri mattina il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva già ventilato l’eventualità di un’operazione risolutiva, sottolineando la necessità di "andare avanti decisi" sul provvedimento.

Poi, l’annuncio della fiducia mentre in Aula si scatenava un coro di ululati dai banchi dell’opposizione. Non si è fatta attendere la polemica della capogruppo dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, che ha chiesto chiarimenti sulle modalità di autorizzazione della fiducia da parte del Consiglio dei ministri, ipotizzando delle irregolarità circa l’autorizzazione da parte del Cdm. E alla risposta di Vito, che ha indicato erroneamente la data del 29 maggio (invece del 25 maggio), il sospetto della senatrice del Pd è cresciuto. Prontamente però, il portavoce del ministro ha rettificato, ma ciò non è bastato a calmare i sospetti del Pd alimentati dal lapsus del ministro. "La fiducia votata con questa modalità è illegittima", dice la Finocchiaro. "Il testo è cambiato cinque volte e occorre che il Consiglio dei ministri autorizzi la fiducia su questo testo e non su quello del 25 maggio scorso", ha denunciato ancora la Finocchiaro. Ma a stroncare ogni dubbio è intervenuta una nota della presidenza del Consiglio che ha confermato la data dell’autorizzazione della fiducia: il 25 maggio scorso. Immediata la replica del ministro della Giustizia Angelino Alfano che ha definito "strumentali" le polemiche del Pd, che vogliono "mascherare con pretesti procedurali il palese disinteresse verso il diritto costituzionale alla riservatezza e alla privacy di quei milioni di cittadini non tutelati da nessuna lobby".

A rinforzare l’intervento del Guardasigilli è stato il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, che ha rassicurato la Finocchiaro: "Il governo non assume le sue determinazioni consultando una palla di vetro, né si è rivolto a un cartomante per sapere quale testo si sarebbe trovato di fronte al momento di decidere sull’eventuale ricorso alla questione di fiducia". "Il Consiglio dei ministri –  ha proseguito – ha semplicemente autorizzato il ministro Vito a porre la fiducia qualora le condizioni lo avessero imposto. Tutti noi fino all’ultimo momento abbiamo sperato che del ricorso alla fiducia non ci sarebbe stato bisogno". La sinistra, secondo Quagliariello, ha trasformato il suo diritto all’opposizione in un potere di veto. "Soltanto a questo punto – ha incalzato il senatore – il governo, dopo aver dato insieme alla maggioranza ampie manifestazioni di disponibilità e di apertura, ha ritenuto inevitabile dar seguito alla fiducia che era stata autorizzata, assumendosi tutta la responsabilità dell’atto come prevede il nostro ordinamento e come lo stesso presidente Marini aveva osservato quando nel 2006 il governo Prodi compì un atto analogo a quello che oggi tanto turba la senatrice Finocchiaro, autorizzando la fiducia su un provvedimento prima del dibattito in Commissione". "Buon senso vorrebbe – ha poi concluso Quagliariello –  che il Pd smettesse di ritenere illegittimo ciò che per sé considerò perfettamente regolare".

Ma neanche a quel punto l’ascia di guerra è stata seppellita. Al termine del dibattito generale sul voto di fiducia infatti, il capogruppo dell’Idv al Senato Felice Belisario ha alzato i toni dello scontro annunciando l’occupazione dell’Aula da parte dei 14 senatori dipietristi. E’ un "estremo tentativo – ha spiegato Belisario – per bloccare la votazione sul ddl intercettazioni, un provvedimento che lede in maniera assurda ogni diritto alla informazione ed impedisce l’acquisizione di prove determinanti durante lo svolgimento delle indagini giudiziarie". Italia dei valori sul piede di guerra dentro e fuori dal parlamento, quindi. Già, perché poco dopo il leader del partito Antonio Di Pietro ha annunciato di voler partecipare, insieme a Cgil e magistrati, allo sciopero del 12 e 25 giugno contro il ddl intercettazioni e la manovra finanziaria varata dal Governo.

Ma la maggioranza non ha mollato la presa e si è mostrata compatta. Sull’inevitabilità della fiducia d’accordo anche il presidente dei senatori della Lega Federico Bricolo che ha definito il provvedimento necessario a causa dell’ostruzionismo dell’opposizione. "È da due anni – ha polemizzato – che si discute e si litiga in Parlamento sulle intercettazioni: francamente è troppo. Il Paese ha bisogno di riforme ed è giusto passare ad altri provvedimenti". Dichiarazioni alle quali hanno fatto eco quelle del ministro per le Politiche Europee Andrea Ronchi, che ha sottolineato quanto lo sforzo della maggioranza di ottenere un testo il più possibile condiviso si è scontrato con le barricate della sinistra. Udc sullo sfondo, con il leader Pier Ferdinando Casini che prima della bagarre in Aula a palazzo Madama, dall’assemblea di Confartigianato, aveva già annunciato il voto contrario del suo partito.

Intanto il voto è stato fissato per questa mattina alle 11:30. Il premier Silvio Berlusconi, come già aveva anticipato nel corso dell’ufficio di presidenza del Pdl, ha confermato che il Pdl continuerà nella stessa direzione. Questa legge – ha detto il premier – non risolve tutti i problemi, ma è un primo passo importante. Cercheremo di migliorarla più avanti". Per Berlusconi "la grandissima parte degli italiani è stanca di non poter usare il telefono perché teme di essere spiata. Solo una piccola nomenklatura di magistrati e giornalisti – ha aggiunto – vuole le intercettazioni".