Intercettazioni:  perché non c’è ancora una legge

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Intercettazioni: perché non c’è ancora una legge

15 Marzo 2007

Doveva essere un intervento veloce, chirurgico, risolutivo. O perlomeno era questo l’intento del ministro di Giustizia Clemente Mastella, quando lo scorso 14 settembre 2006 depositava presso l’archivio della Camera il disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche. E poi? Poi la sessione di bilancio, la priorità data ai decreti, la prassi troppo lenta dei lavori parlamentari, il caso. Fatto sta che il ddl governativo è ancora in lista d’attesa. Licenziato dalla commissione Giustizia, aspetta di essere esaminato e votato dall’aula di Montecitorio. Per poi passare al Senato e ricominciare la trafila.

A Palazzo Chigi si stanno mangiando le mani. Se avessero dato la giusta priorità al disegno di legge, il portavoce del governo Silvio Sircana non sarebbe mai stato coinvolto nell’indagine di Vallettopoli. E i suoi fatti privati, tali sarebbero rimasti. Già. Perché, ironia della sorte, la nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche e il divieto di divulgazione avrebbe impedito il coinvolgimento di persone che, come Sircana, non sono sottoposte a indagini. Salvando il governo, e il suo portavoce, da una figuraccia internazionale capitata nel bel mezzo del vertice bilaterale Roma-Mosca. Cosa stabilisce la nuova normativa? Anzitutto un principio. E cioè che le intercettazioni telefoniche da parte del giudice sono sempre coperte dal segreto, così come gli atti di cui l’indagato o il suo difensore non abbiano avuto conoscenza.

Il ddl del governo, inoltre, tutela la riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni. Il materiale irrilevante ai fini del procedimento giudiziario – è il caso delle conversazioni in cui pare sia chiamato in causa Sircana – viene eliminato.  E tocca prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare l’intercettazione ritenuta poco interessante. Ovvio, dal punto di vista della rilevanza penale non del gossip. Ma il giro di vite riguarda anche chi riceve i brogliacci delle intercettazioni e li divulga. Fermo restando la responsabilità penale del giornalista che è individuale, il disegno di legge dell’Unione chiama in correo anche la testata per eventuali violazioni che riguardino i dati sensibili di un cittadino. Se non bastasse il penale e l’amministrativo, sul giornalista che pubblica intercettazioni telefoniche soggette al segreto si abbatte anche la scure disciplinare, esercitata in questo caso dall’Ordine dei giornalisti. Insomma, con un po’ di lungimiranza, l’Unione oggi si ritroverebbe uno scandalo in meno dentro casa. Lanfranco Tenaglia, deputato della Margherita e relatore della legge sulle intercettazioni, se la prende con il governo: “Se non ci fossero stati tutti i decreti ad ingolfare l’aula di Montecitorio ritardando al massimo l’esame di molti provvedimenti, con la commissione Giustizia costretta per questo a cambiare più volte il calendario dei lavori, probabilmente il disegno di legge sarebbe stato approvato già da tempo visto che era stato raggiunto un accordo piuttosto ampio tra i poli”.

Dove finiscono gli intoppi procedurali cominciano quelli politici. Il ddl sulle intercettazioni, nei mesi in cui ha vivacchiato in commissione, è stato oggetto di duri scontri all’interno della maggioranza. Il testo, originariamente più punitivo verso procure e redazioni è stato via via edulcorato. Cosa che non è piaciuta, specie ai settori della sinistra radicale. Il dissenso non è venuto allo scoperto. Tuttavia ambienti di Rifondazione comunista lasciano anche trapelare il sospetto che nella maggioranza abbia prevalso la volontà di non scapicollarsi sulla materia delle intercettazioni. Magari non prima di un nuovo scandalo. Nella speranza, forse consapevole, che potesse investire gli avversari politici. Tanta flemma, invece, gli si è ritorta contro. Il caso di Silvio Sircana rievoca quello di un altro portavoce governativo. Si tratta di Salvatore Sottile, stretto collaboratore di Gianfranco Fini, finito nelle indagini del pubblico ministero Woodcock nella prima tranche dell’inchiesta Vallettopoli. Sottile, costretto alle dimissioni, recluso ai domiciliari, è stato sollevato dall’accusa di concussione sessuale poche settimane fa, quando la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del caso. Caso che era esploso sui giornali  a metà giugno 2006. Fu il Corriere della Sera a pubblicare per primo le intercettazioni telefoniche. Conversazioni piccanti. La prova, per la Procura di Potenza, che Sottile chiedeva prestazioni sessuali a starlette in cambio di favori nel mondo dello spettacolo. Accusa poi smontata dai giudici romani, che non hanno ritenuto penalmente rilavante il comportamento del portavoce di Fini. Cosa fa ora Sottile? Scrive un libro sulle sue esperienze personali. Politiche e giudiziarie.