Intercettazioni, ridotte le pene ai giornalisti. L’opposizione in piazza

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Intercettazioni, ridotte le pene ai giornalisti. L’opposizione in piazza

20 Maggio 2010

E’ uno scontro a suon di polemiche quello sulle intercettazioni. Ma non mancano neppure i colpi di scena. E’ il caso dell’emendamento sull’inasprimento delle pene per i giornalisti che pubblicano arbitrariamente atti di un procedimento penale. Da ieri non c’è più, ritirato.

Proprio così. Ad annunciarlo è stato il relatore del disegno di legge Roberto Centaro (Pdl), reduce da lunghe e accese discussioni affrontate in questi giorni in Commissione Giustizia al Senato. Il senatore ha affrontato il tema in un incontro con il Guardasigilli Angelino Alfano e il presidente della Consulta giustizia del Pdl Nicolò Ghedini, al termine del quale è stato deciso: via l’emendamento. "Dopo una riunione – ha spiegato Centaro – si è presa la decisione, ovviamente condivisa dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, di ritirare l’emendamento".

Una mossa per stemperare le polemiche di questi mesi che , oltretutto, tiene in considerazione la tutela della privacy e il diritto di cronaca. Non solo: nei ranghi della maggioranza c’è chi fa notare come il ddl dovrebbe essere "apprezzato soprattutto dai magistrati dal momento che fissa paletti ben precisi nella fase preliminare delle indagini, fase in  cui non ci può essere la sistematica violazione del segreto istruttorio, tantomeno le solite fughe di notizie che finiscono per penalizzare il lavoro degli stessi pm". L’obiettivo della norma è semplice: individuare il giusto equilibrio tra inchieste giudiziarie, privacy e informazione.  

Il testo in questione, ora ‘cassato’, rispetto a quello varato dalla Camera, prevedeva per i giornalisti, in caso di pubblicazione di atti vietati, l’arresto fino a due mesi o il pagamento di un’ammenda dai 2.000 ai 10.000 euro. Qualora si fossero pubblicate delle intercettazioni, la condanna prevista, oltre all’arresto fino a due mesi, era il pagamento di un’ammenda compresa tra i 4.000 e i 20.000 euro. Stesse pene anche per chi avesse pubblicato la foto o il nome del magistrato titolare del procedimento.

Per il momento i punti fermi del ddl riguardano soprattutto gli editori. La Commissione Giustizia ha infatti già approvato un provvedimento sanzionatorio: una maxi multa da 64.500 a 464.700 euro. E’ stato inoltre eliminato quello spiraglio aperto dalla Camera che consentiva "la pubblicazione per riassunto" prima dell’udienza preliminare degli atti non più coperti dal segreto. Inoltre, per chiunque prenderà "diretta cognizione" di atti del procedimento penale coperti dal segreto è prevista la reclusione da 1 a 3 anni.

Il Presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, ha fissato per lunedì sera una nuova seduta nella quale probabilmente le tensioni non si sopiranno. Il ddl dovrà comunque passare al vaglio dell’aula del Senato, per poi tornare alla Camera.

Il vicepresidente vicario del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello, soddisfatto dei risultati che la maggioranza sta ottenendo in Commissione a Palazzo Madama, afferma che il testo risponde a "due esigenze inderogabili in una democrazia: in primo luogo dare lo spazio necessario alle indagini e al diritto di cronaca, in secondo luogo tutelare la privacy e i diritti costituzionali di tutti i cittadini". Perché, aggiunge, "quando ci si trova in queste situazioni una legge deve essere per forza una sintesi, in modo tale che non vengano del tutto stravolte né alcune esigenze né altre".

Ma Italo Bocchino (Pdl), finiano doc, non  rinuncia all’ormai consueto distinguo giornaliero: "Il provvedimento contiene aspetti molto positivi e alcuni aspetti su cui forse è bene discutere ancora". Secondo Bocchino infatti il disegno di legge è molto utile per colpire gli abusi nell’utilizzazione delle intercettazioni ma, ha precisato, "non si deve per questo colpire l’uso di questo strumento di indagine".

Nel frattempo l’Italia dei valori oggi scenderà in piazza contro il ddl e il sindacato dei giornalisti (Fnsi) annuncia una mobilitazione "permanente e diffusa nel territorio che dovrà sfociare in uno sciopero nazionale dell’intera categoria qualora non vengano apportate significative e positive modifiche ai testi in discussione, analogamente a quanto facemmo allorché provvedimenti simili furono proposti da una diversa maggioranza politica e da un altro ministro, Clemente Mastella".

Ma il senatore Centaro non ha dubbi sulla decisione assunta insieme ai colleghi della maggioranza. "Penso che questo possa anche stemperare tante polemiche" ha spiegato, sostenendo che con la modifica di ieri, fra i giornalisti, la "galera non se la farà mai nessuno".