
Intervista a Francesco Giubilei: “Ecco perché l’Italia ha bisogno dei conservatori e non del vuoto cosmico delle Sardine”

30 Gennaio 2020
Una chiacchiera con Francesco Giubilei, editore ed ideatore di Nazione Futura. Questa volta ci ha dato il suo punto di vista sui risultati delle elezioni in Emilia-Romagna – sua Regione d’origine – e che ci ha raccontato qualche dettaglio in più sull’importante evento del mondo conservatore che riguarderà l’Italia ed, in particolare, la città di Roma, tra il 3 ed il 4 febbraio.
Dopo la sconfitta del centrodestra in Emilia-Romagna, una cosa è chiara: il Partito Democratico può contare ancora su una delle sue storiche roccaforti. Ma cosa ritiene che sia cambiato nella sua Regione d’origine, tanto da farla diventare “contendibile”?
L’Emilia-Romagna era contendibile sulla carta. Però, poi, facendo un’analisi oggettiva abbiamo visto che il distacco con il centrosinistra è quasi dell’8%. E’ evidente che continua ad esistere uno scarto, almeno a livello di elezioni regionali e amministrative, tra il centrodestra e il centrosinistra.
Invece, facendo un’analisi più ampia, va detto che il Partito Democratico – pur avendo fatto obiettivamente un buon risultato – ha perso 10 punti percentuali rispetto alle regionali del 2014. Al contrario, il centrodestra vede la Lega ben oltre il 30% e Fratelli d’Italia oltre l’8%. Quindi è evidente che c’è stata una crescita. Il centrodestra non ha vinto per una serie di motivazioni derivanti dal fatto che l’elettorato ideologicamente di sinistra aveva deciso di votare alle politiche del 2018 e, in parte, anche alle europee per il Movimento Cinque Stelle. Questo perché era stufo di determinate dinamiche portate avanti dalla sinistra sul territorio: dall’abbandono dei ceti più deboli alle mancate risposte su certe tematiche, come quelle dell’immigrazione e della sicurezza. Questo stesso elettorato ha deciso di tornare a votare per il centrosinistra, perché deluso dai grillini, in quanto totalmente inadeguati a gestire ruoli di governo. Ciò è stato fatto, in parte, anche per una campagna mediatica e politica portata avanti dal centrosinistra che paventava un ritorno del fascismo e una deriva estremista della Regione nel caso in cui avessero vinto la Lega, Fratelli d’Italia e, in generale, il centrodestra: questo, evidentemente, non rispondeva al vero, però ha determinato uno spostamento di voti.
Per le condizioni che si erano create, per il centrosinistra è stata una vittoria importante che, però, fino a tre anni fa avremo dato totalmente per scontata. Quindi sì, il centro-sinistra ha vinto ma praticamente “a casa sua”. C’era la possibilità di arrivare ad un risultato diverso da parte del centrodestra, ma, per le motivazioni che ho cercato di riassumere, non è stato possibile vincere in Emilia-Romagna. Nonostante ciò, il centro-destra ha conseguito un risultato importante: ha vinto anche in Calabria e governa tredici Regioni, mentre il centro-sinistra ne governa sei. Nei prossimi mesi vi saranno altre importanti elezioni in Regioni strategiche, che il centro-destra può puntare a strappare al centro-sinistra.
In tv e sui social network, è stato al centro di polemiche più o meno dure con Mattia Santori, il leader delle Sardine. Secondo lei, sono state decisive per la vittoria di Bonaccini oppure no?
Secondo me no. Se il centrosinistra avesse vinto dell’1% o del 2% avremo potuto aprire un dibattito serio sull’incisività delle Sardine. Siccome, invece, il centrosinistra ha vinto con l’8% di scarto, non possiamo attribuire questa percentuale alle Sardine, perché non portano voti in più da schieramenti extra rispetto alla sinistra. Le Sardine hanno avuto il pregio di mobilitare l’elettorato storicamente di sinistra, il quale, in piccola percentuale, ha deciso di votare anche per questa mobilitazione.
Tuttavia le Sardine sono e rimangono quello che ho scritto e detto in più occasioni – anche nei dibattiti con Santori – ossia un movimento che nasce con una funzione “di protesta” e che individua un avversario in Matteo Salvini, nella Lega e nel centro-destra. Rimangono un movimento completamente privo di idee e non sono la soluzione e la risposta ai problemi dell’Italia e della nostra regione.
E quindi che fine potrebbero fare?
Se decidessero di scendere attivamente in politica, candidandosi, sarebbe la loro morte. Nel senso che, se diventassero un partito politico, questa sarebbe la strada migliore per affossarsi, perché è evidente che, nel momento in cui decidono di schierarsi politicamente diventano anche un possibile avversario per il Partito Democratico. In particolare, vista la loro totale impreparazione e la loro totale assenza di proposte, diventerebbero un Movimento Cinque Stelle 2.0: cioè, in prospettiva, non avrebbero una lunga durata, con la differenza che il Movimento Cinque Stelle è comunque riuscito ad andare al governo e ad ottenere del risultati importanti. Infatti, è stato guidato, almeno nella fase iniziale, da Beppe Grillo, una figura che può non piacere ed essere criticata ma che ha avuto delle intuizioni tutto sommato geniali ed ha una sua personalità. Alle Sardine, invece, manca un vero e proprio leader politico: Mattia Santori lo abbiamo sentito in più occasioni ed è una persona che non ha le caratteristiche che un leader dovrebbe avere nella politica contemporanea. Tutto ciò pesa sulla possibilità di crescita del movimento delle Sardine.
Passando, invece, a parlare del suo impegno nel modo conservatore, come Nazione Futura, siete gli organizzatori per l’Italia dell’evento che si terrà 3-4 febbraio a Roma, che vede tra gli ospiti personaggi di caratura nazionale come Salvini e al Meloni, ma soprattutto internazionale. Pensa che questo primo grande evento sia importante per far conoscere meglio il conservatorismo in Italia?
L’evento nasce negli Stati Uniti a luglio su impulso della Edmund Burke Foundation che organizza questo convegno dal titolo “National Conservatism”, portando qui importanti ospiti come John Bolton e Peter Thiel. La Fondazione ha deciso di organizzare il suo secondo convegno in Europa. Ha scelto come partner Nazione Futura ed ha optato per l’Italia ed, in particolare, per Roma proprio perché ritiene che il nostro Paese possa avere un ruolo di laboratorio del mondo conservatore e sovranista a livello europeo ed internazionale. È un evento estremamente importante non solo per la caratura degli ospiti, ma perché è unico a livello europeo. Infatti, ha determinato la partecipazione di centinaia di iscritti, i quali hanno fatto sì che dovessimo chiudere le iscrizioni, ma ha determinato anche l’accredito di centinaia di giornalisti da tutto il mondo, che vanno dal Brasile agli Stati Uniti e dalla Francia all’Ungheria. Questo è dovuto alla centralità nel dibattito che questo tema del “National Conservatism” può assumere a livello italiano ed europeo: lo scopo è quello di cercare di diffondere il pensiero conservatore, non solo a livello politico, ma anche culturale, di pensiero e di elaborazione di idee.
Il centrodestra che verrà ha bisogno sempre più di un’anima liberalconservatrice. Secondo lei come si potrà strutturare? Ha una ricetta nel cassetto?
Senza dubbio si può strutturare partendo dall’attività delle fondazioni, dei think thank e dalle iniziative come quella di lunedì e martedì prossimi. Questo l’ho detto in più occasioni e deve essere fatto cercando una prospettiva europea ed internazionale, non solo nazionale: bisogna creare una rete di persone che abbiano dei valori comuni, delle idee comuni e che si riconoscano in alcuni concetti, come l’identità, le radici cristiane, alcune precise politiche sul tema dell’immigrazione ed il contrasto al globalismo che vuole cancellare il concetto di Nazione. Per quanto riguarda le ricette applicabili all’Italia, occorre intercettare anche l’area del mondo liberale inteso, però, come “liberale classico”, ossia non liberal e non neo-liberista. Questo deve riguardare, ad esempio, i temi economici, cioè abbassamento delle tasse, meno burocrazia, meno oppressione da parte dello Stato. Lo Stato deve essere presente per tutelare i settori strategici e deve basarsi sul concetto di Nazione: oggi, infatti, a livello europeo, vi sono tanti Stati ma poche Nazioni, perché i cittadini vengono rappresentati dagli Stati e non dalle Nazioni. Questo significa che si è persa o si stanno perdendo i caratteri identitari delle Nazioni e le loro radici storico-culturali. Invece, restano i caratteri di uno Stato oppressivo sul tema delle tasse e del controllo della vita dei cittadini nell’ambito fiscale. Tutte queste ultime dinamiche vengono combattute dai conservatori.