Iran e Corea del Nord, a Obama serve una nuova iniziativa democratica

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Iran e Corea del Nord, a Obama serve una nuova iniziativa democratica

24 Giugno 2009

Dalla contestata rielezione di Ahmadinejad agli esperimenti atomici nordcoreani, la politica della mano tesa di Obama si scontra con ostacoli più grandi del previsto. Mentre Francia e Germania convocano gli ambasciatori iraniani esprimendo dubbi e una velata condanna sul risultato delle elezioni presidenziali a Teheran, e mentre l’Ue chiede ufficialmente un’inchiesta al governo iraniano, Obama prima dice che spetta agli iraniani scegliere il proprio presidente, poi, nella conferenza stampa di ieri, critica le violenze sui manifestanti e i brogli elettorali, pur senza chiudere la porta a Teheran.

Quanto alla Corea del Nord, l’altra spina nel fianco degli Usa, la reazione di Pyongyang alla Risoluzione adottata una decina di giorni fa dalle Nazioni Unite è stata molto dura. Il regime jiuchista non è disposto a rinunciare alle sue ambizioni atomiche. Userà il plutonio di cui è in possesso a fini militari. “Abbiamo letto le informazioni a questo riguardo” è stato il laconico commento del portavoce del Dipartimento di Stato americano Ian Kelly. Il dialogo cercato da Obama non ha funzionato.

La Corea del Nord ha solo da perdere da un’America che si mostra conciliante, come accadde nel 2000 con le iniziative intraprese da Madeleine Albright. La strategia di sopravvivenza del regime nordcoreano è fondata sulla minaccia permanente che serve a mantenere il consenso interno e – se lo spauracchio dell’invasione fosse messo in discussione – i successori di Kim Jong Il probabilmente perderebbero la loro presa totalizzante sulla popolazione. Per evitare questo scenario è logico che mostrino i denti e giochino la carta del riarmo.  

Visto tutto questo, Washington potrebbe cercare delle alternative alla politica che ha portato avanti fino a questo momento. Delle richieste di un cambio di rotta arrivano dal Centre for a New American Security, uno dei pensatoi centristi vicini al gabinetto Obama. In un rapporto intitolato “Nessuna illusione, riguadagnare l’iniziativa strategica verso la Corea del Nord”, gli estensori della ricerca partono dalla premessa che “la Corea del Nord ha intrapreso la strada del confronto nonostante gli accordi firmati con Clinton e Bush, abdicando agli impegni sottoscritti con la comunità internazionale”. Il  suggerimento all’amministrazione è di “non farsi illusioni” sull’efficacia dei negoziati a sei. Bisogna cambiare strategia: “Obama deve perseguire un approccio nuovo, riguadagnando l’iniziativa e difendendo i nostri alleati dalle provocazioni nordcoreane”.

Il Segretario alla Difesa Robert Gates si è detto “stanco di comprare lo stesso cavallo due volte”, un altro segnale che  la Casa Bianca è arrivata alla conclusione che la politica degli incentivi in cambio della rinuncia ai programmi nucleari, già sperimentata da Clinton e Bush, non funziona. D’altra parte, Pyongyang afferma che non tornerà a sedersi al tavolo dei colloqui. Nei confronti della Corea del Nord, dunque, la via diplomatica sta cedendo il passo a un’altra strategia: ispezionare le navi che entrano nel Mar del Giappone e convincere gli altri Paesi a fare altrettanto, in modo di colpire la fallita economia nordcoreana. Il centro studi obaminao propone la stessa ricetta per l’Iran: superare la logica dei negoziati, anche se per il momento gli Usa non chiudono le porte a un possibile dialogo, come dimostrano tutte le cautele di Obama, da una parte, e la sua "indignazione", dall’altra.

A complicare il quadro ci sono le indiscrezioni sulla possibile collaborazione nucleare tra Corea del Nord e Iran. Il capo dell’Agenzia per la difesa missilistica del Pentagono, Patrick O’Reilly, ha affermato che la tecnologia usata per realizzare i missili balistici della Corea del Nord è un segno tangibile della collaborazione con l’Iran. Entro il 2015, con un aiuto esterno, l’Iran potrebbe riuscire a testare un Icbm – un missile balistico intercontinentale in grado di portare una testata nucleare – capace di raggiungere gli Usa. Secondo fonti iraniane, nel mese di marzo sarebbe avvenuto un incontro segreto tra due “generalissimi” dei Pasdaran e le autorità governative della Corea del Nord per stabilire una strategia comune nell’affrontare le pressioni internazionali. L’obiettivo degli Ayatollah sarebbe quello di prendere tempo per arrivare allo stesso obiettivo già raggiunto da Pyongyang che, nonostante i controlli e le sanzioni, è riuscita, di fatto, a diventare una potenza nucleare.

Ma mentre con la Corea del Nord, un Paese povero e isolato sulla scena mondiale, si può ancora sperare di contrattare il disarmo con finanziamenti e aiuti, il confronto con l’Iran nucleare sarebbe più difficile e pericoloso. Ciò che interessa alla mullocrazia non sono i finanziamenti esteri o la carità internazionale ma la sua affermazione come “Stato-guida” nel Golfo e in Medio Oriente. La strategia dell’attesa, che ha prodotto i risultati che vediamo in Corea del Nord, sarebbe ancora peggio in Iran, perché costringerebbe Israele a un intervento militare che un bel giorno diverrà inevitabile.