Iran: nella città dei giochi dove si impara la Rivoluzione islamica

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Iran: nella città dei giochi dove si impara la Rivoluzione islamica

11 Dicembre 2016

In Iran da qualche mese ha aperto “La Città dei Giochi per bambini rivoluzionari”. Il direttore del centro ha rilasciato un’intervista pubblicata dall’agenzia di stampa iraniana Raja News, organo vicino alle Guardie della Rivoluzione islamica, che ci fa capire come funziona questo parco giochi all’avanguardia, gratuito e destinato a bambini di età compresa tra gli otto e i tredici anni. Il direttore descrive con entusiasmo la sua idea di un parco su misura per formare ed educare alla rivoluzione islamica i più piccoli. Un’idea che assomiglia ai campi di rieducazione comunisti, quando i figli di Russia venivano prelevati dalle famiglie perché era lo Stato che doveva occuparsi della loro educazione. Il parco giochi iraniano è diviso in ben dodici aree tematiche, i bambini che lo visitano indossano uniformi militari e vengono accompagnati da un “esperto culturale” che gli impartisce ruoli e compiti.

S’inizia dagli albori della storia islamica, dalla successione a Maometto, e la guida racconta ai baby iraniani del Mahdi, il messia sciita. Successivamente vengono accompagnati nella sezione della Regola del Giurisperito,  Velāyat-e faqih, la legge frutto della dottrina khomeinista, grazie alla quale il Consiglio dei Guardiani riesce a bloccare ogni legge che contrasti il potere dei religiosi e dei loro alleati. Subito dopo ad aspettarli c’è la sezione dedicata alla Rivoluzione islamica. Lì la guida spiega in cosa consiste la rivoluzione che dovranno combattere, come la nazione iraniana abbia sconfitto la dittatura del Shah, e quali sono le direttive di Khamenei – guida suprema dell’Iran. Fin qui, più o meno, è storia loro. Ma il bello deve ancora arrivare.

I bambini entrano a questo punto nella sezione della “Santa Difesa” che ospita la cupola della tomba dell’Imam Reza. E partono per i vari “fronti”, dove simulare la guerra ai vari nemici della Rivoluzione: c’è il remake della guerra Iran-Iraq degli anni Ottanta, oppure, per qualcosa di più aggiornato, c’è la guerra in Siria. Tra le varie attrazioni esiste anche quella in cui i bambini possono lanciare proiettili di plastica e missili contro vari bersagli, come il primo ministro israeliano Netanyahu. Quelli che sono usciti vittoriosi dalle varie prove vengono accompagnati in un altra sezione, quella del Santuario di Zaynab, per imparare a difendere i luoghi santi. Per poi entrare nella fase finale. L’ultima “missione” prevede di abbattere, bendati, con una palla, il puzzle della bandiera israeliana e, poi, assemblare un altro puzzle che compone la bandiera iraniana.

Finito il giro, i piccoli vengono riconsegnati alle loro famiglie. Ecco, “l’occintossicazione”, come la chiamava Khomeini, cioè il contrasto alla intossicazione culturale e dei valori dell’Occidente, viene instillata così, come se fosse un gioco. Stiamo parlando dell’Iran nucleare che, ricorda proprio Netanyahu, “nega la Shoah, la ridicolizza e ne prepara a una nuova”. Il 30 giugno scorso, la Guida Suprema Ali Khamenei ha presentato il Sesto piano di Sviluppo dell’Iran: le misure che riguardano le forze armate includono, secondo il think tank americano Atlantic Foreign Policy Council (in un rapporto dello scorso anno), “l’espansione del budget militare fino al cinque per cento del prodotto interno lordo e l’aggiornamento della Difesa, come argine contro ogni minaccia esterna e con enfasi sul rafforzamento dell’arsenale di missili balistici”. 

E noi? A gennaio l’Italia si è tagliata la lingua davanti a questo Iran, quando le statue dei musei capitolini sono state coperte per non offendere la sensibilità dei turbanti atomici.