Iran, un funzionario accusa gli Usa ma chi ha distrutto la moschea?
29 Maggio 2009
L’attacco kamikaze alla moschea sciita di Zahedan, nel sud-est dell’Iran – 20 morti e una ottantina di feriti – è un bel mistero. Arriva a un paio di settimane dal voto delle presidenziali iraniane e in una regione del Paese dove la maggioranza sunnita sogna di avere maggiori diritti e sfuggire a condizioni di vita poverissime (secondo altri, un improbabile irredentismo appoggiato da Islamabad).
Qui operano i miliziani Jundullah – i Soldati di Dio – che dal 2003 avrebbero rapito e ucciso qualche centinaio di soldati e ufficiali della sicurezza iraniana e già commesso altri attentati contro il governo centrale.
Il governo iraniano com’era prevedibile ha preso la palla al balzo per denunciare che – dietro gli attacchi – ci sarebbe lo zampino degli americani che – sempre secondo Teheran – agiscono sul territorio del Paese insieme ad inglesi e israeliani. Secondo fonti governative, attacchi come questo e l’inasprirsi del dissenso interno non sarebbero altro che delle "prove tecniche" di un prossimo e potenziale attacco straniero contro l’infrastruttura nucleare iraniana.
Ma la spiegazione potrebbe essere anche un’altra. L’anno scorso si verificò un incidente simile in un’altra moschea. Anche in quel caso, all’inizio, il governo fece propaganda sugli agenti e le quinte colonne che cercavano di minare la sicurezza nazionale. Poi però si è scoperto che nella moschea c’era una quantità non irrilevante di munizioni e altri esplosivi che avrebbero dovuto essere usati per le celebrazioni in occasione della commemorazione della guerra fra Iran e Iraq degli anni Ottanta.