Iran, un funzionario accusa gli Usa ma chi ha distrutto la moschea?

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Iran, un funzionario accusa gli Usa ma chi ha distrutto la moschea?

29 Maggio 2009

L’attacco kamikaze alla moschea sciita di Zahedan, nel sud-est dell’Iran – 20 morti e una ottantina di feriti – è un bel mistero. Arriva a un paio di settimane dal voto delle presidenziali iraniane e in una regione del Paese dove la maggioranza sunnita sogna di avere maggiori diritti e sfuggire a condizioni di vita poverissime (secondo altri, un improbabile irredentismo appoggiato da Islamabad).

L’attentato è avvenuto mentre la gente affollava la moschea per festeggiare l’anniversario della morte di Fatima, la figlia di Maometto, moglie di Alì il capostipite dello sciismo. Le autorità locali hanno dichiarato di aver arrestato almeno uno dei terroristi che “verrà punito molto presto davanti alla moschea”. Le piste dell’attacco sono svariate e ognuna appare verosimile. Siamo, come detto, in una delle zone più povere dell’Iran, infestata dai trafficanti di armi e droga.

Qui operano i miliziani Jundullah – i Soldati di Dio – che dal 2003 avrebbero rapito e ucciso qualche centinaio di soldati e ufficiali della sicurezza iraniana e già commesso altri attentati contro il governo centrale. Questo “Movimento per la Resistenza del popolo iraniano” è un’organizzazione a base sunnita, considerato un gruppo terrorista sia dal governo iraniano che da quello pakistano, che gli analisti considerano una propaggine di Al Qaeda in Iran. Secondo altri, i Jundullah riceverebbero sostegno e finanziamenti dagli Stati Uniti – e segretamente da Islamabad, nonostante il governo pakistano dichiari di contrastare l’indipendentismo del Balochistan, almeno a parole. Ma i miliziani hanno sempre negato qualsiasi rapporto con i pakistani o le potenze occidentali, come pure si dichiarano fieramente iraniani e rifiutano di essere catalogati come dei separatisti.

Il governo iraniano com’era prevedibile ha preso la palla al balzo per denunciare che – dietro gli attacchi – ci sarebbe lo zampino degli americani che – sempre secondo Teheran – agiscono sul territorio del Paese insieme ad inglesi e israeliani. Secondo fonti governative, attacchi come questo e l’inasprirsi del dissenso interno non sarebbero altro che delle "prove tecniche" di un prossimo e potenziale attacco straniero contro l’infrastruttura nucleare iraniana. Ci sarebbe quindi una strategia ad ampio raggio degli Usa, su base etnica, che utilizzerebbe ora gli abitanti del Baloch, ora gli arabi o i curdi, o ancora le minoranze azere o turcomanne, per destabilizzare l’Iran.  

Ma la spiegazione potrebbe essere anche un’altra. L’anno scorso si verificò un incidente simile in un’altra moschea. Anche in quel caso, all’inizio, il governo fece propaganda sugli agenti e le quinte colonne che cercavano di minare la sicurezza nazionale. Poi però si è scoperto che nella moschea c’era una quantità non irrilevante di munizioni e altri esplosivi che avrebbero dovuto essere usati per le celebrazioni in occasione della commemorazione della guerra fra Iran e Iraq degli anni Ottanta.