Islam, il no della Svizzera a nuove moschee divide l’Europa e l’Italia
30 Novembre 2009
di redazione
La Svizzera dice no alla costruzione di nuovi minareti. E in Europa esplode la polemica, Italia compresa. La Lega Nord rilancia un referendum anche nel nostro paese e propone di porre sul Tricolore la croce. E’ lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni a ritenere opportuna la consultazione popolare perché “in democrazia è sempre importante ascoltare il popolo”.
Ma dal presidente della Camera Gianfranco Fini arriva lo stop: “In Svizzera ha prevalso la paura, è stato un formidabile regalo all’islamismo più eccessivo” afferma mentre il ministro Sandro Bondi non condivide e osserva che la tesi sostenuta dalla terza carica dello Stato “secondo cui l’estremismo islamico sarebbe più forte dopo il risultato del referendum elvetico, presuppone che l’Europa sia in qualche modo responsabile dell’estremismo islamico. Questo punto di vista, che personalmente non condivido conduce a considerare un referendum, cioè la massima espressione della volontà popolare e della democrazia, come un indiretto e colpevole rafforzamento dell’estremismo di matrice islamica”.
Per il presidente dei senatori Pdl Gasparri l’esito del referendum in Svizzera segnala che “un problema c’è, quindi io prendo atto di quella preoccupazione. Il diritto di culto è sacrosanto per tutti, ma anch’io avrei votato no”. Intanto il Vaticano fa sapere di essere “sulla stessa linea dei vescovi svizzeri” che hanno espresso forte preoccupazione per quello che hanno definito “un duro colpo alla libertà religiosa e all’integrazione”. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, sottolinea che“da qualunque parte venga, l’uso strumentale della religione è sempre qualcosa di scorretto”.
Il Pdl invita a non fare guerre di religione e auspica che “tutto il mondo politico, senza distinzioni di schieramento, dopo qualche prima reazione emotiva, voglia scegliere una linea di sobrietà e di razionalità a seguito del referendum svizzero sui minareti", commenta Daniele Capezzone, portavoce del partito. Il ministro La Russa giudica la proposta leghista della croce sul Tricolore (lanciata da Castelli) solo “una battuta propagandistica” e dall’Udc Casini fa notare che “non si può usare la croce un giorno proponendo che vada sulla bandiera e il giorno dopo spaccandola in testa agli immigrati. Ci vuole equilibrio”.
In Europa il no della Svizzera a nuove moschee desta sorpresa e preoccupazione. I ministri dell’Interno dei Ventisette si sono ritrovati la questione sul tavolo della riunione a Bruxelles, dove hanno trovato anche il ministro della Giustizia di Berna. Evelyne Widmer Schlumpf ha subito cercato di mettere le mani avanti, sostenendo che il voto, pur non “un bel segnale” per il suo paese, non è contro l’Islam, ma semplicemente contro la costruzione di minareti.
Ma dalla presidenza di turno svedese dell’Ue è arrivata una decisa presa di distanza dal voto e dall’uso stesso dello strumento referendario. Uno strumento che invece piace al ministro dell’Interno Roberto Maroni, secondo il quale occorre evitare quanto accaduto in Svizzera e cioé che il governo confederale si sia ritrovato spiazzato dall’esito del voto, scoprendo di non essere in sintonia con i suoi cittadini. Il ministro degli esteri svedese Carl Bildt vede nel voto svizzero un misto di pregiudizio e di paura mentre per il ministro francese dell’immigrazione Eric Besson il punto non è avviare “falsi dibattiti” come quello della costruzione di minareti che appartiene al ”buon senso”e all’urbanistica, ma puntare a una vera integrazione.
Il ministro dell’Interno spagnolo Alfredo Perez Rubalcaba, personalmente contrario al referendum, ha detto di non essere preoccupato dal rischio che la consultazione popolare usata in Svizzera possa trovare seguaci anche nel resto dell’Europa. Ma non è così dal momento che, giudicando almeno dalle prese di posizione di partiti ed esponenti di estrema destra in Olanda e Danimarca invocano un ricorso alle urne per esprimersi su questi temi.
Critiche sul voto svizzero sono venute anche dal Consiglio d’Europa, che ha espresso grande preoccupazione ed ha ventilato l’ipotesi di un ricorso alla Corte di diritti umani europea di Strasburgo.