Israele è a lungo servita alla Turchia in funzione anti-siriana
07 Luglio 2011
Nelle relazioni tra Gerusalemme e Ankara furono essenzialmente le questioni strategiche a favorire il riavvicinamento tra i due Paesi. Impegnata a contrastare l’azione dei separatisti curdi sostenuti dalla Siria, il governo turco, in una politica riassunta sotto la formula della ‘diplomazia coercitiva’, pensava che l’alleanza con Israele poteva servire come strumento di pressione e dissuasione su Damasco, mentre la cooperazione militare era ritenuta utile per migliorare la qualità e gli armamenti delle Forze Armate nazionali.
Allo stesso modo per Israele, dopo la fine dell’alleanza con l’Iran seguita alla caduta dello Scià, il valore del rapporto con Ankara era sensibilmente aumentato. Entrambi i Paesi percepivano come potenzialmente ostili, anche se per ragioni diverse, due Stati arabi radicali come la Siria e l’Iraq nonché lo stesso regime iraniano, considerato dal governo turco una minaccia per la sicurezza nazionale proprio per la sua impronta teocratica e la contrarietà ai valori laici espressi dal kemalismo. Tuttavia nel 1996 con l’avvento del governo guidato dall’esponente islamico Necmettin Erbakan, che nel corso della campagna elettorale si era espresso con toni estremamente duri nei confronti di Israele e della popolazione ebraica, i rapporti subirono una brusca battuta d’arresto.
L’esperienza dell’esecutivo Erbakan fu però assai breve, soprattutto per l’ostilità dei vertici militari turchi che, contrari ad ogni deriva fondamentalista, usarono il loro ruolo costituzionale di difensori della laicità dello Stato per spingere l’esecutivo alle dimissioni. Il quadro politico interno turco stava comunque entrando in una fase di profondi cambiamenti. La crisi economica e la dilagante corruzione avevano infatti indebolito la fiducia verso le forze politiche tradizionali ed alle elezioni del Novembre 2002 il partito islamico moderato Giustizia e Sviluppo ( AKP ) registrò un forte affermazione. Inizialmente, il nuovo Premier Gül dichiarò di voler mantenere buoni rapporti con Israele, anche perché il nuovo esecutivo intendeva dimostrare il suo impegno a proseguire la politica dei precedenti governi e la sua adesione ai principi laici e democratici.
Lo stesso Erdogan in principio prese alcune inziaitive che gli valsero l’approvazione della comunità ebraica turca, come la visita effettuata nel 2003 al Rabbino capo di Istanbul dopo un attentato alla Sinagoga e quella compiuta due anni più tardi in Israele assieme ad un gruppo di imprenditori turchi per rafforzare l’interscambio tra i due Paesi. In seguito però i rapporti sono andati entrati in una fase critica fino a deteriorarsi in maniera evidente nel Gennaio del 2009 quando, davanti all’operazione militare israeliana a Gaza, il Premier Erdogan assunse una posizione critica verso Israele tanto da abbandonare in segno di protesta la discussione sulla situazione mediorientale in corso al vertice di Davos. Le ragioni che stanno alla base di questa svolta vanno ricercate essenzialmente nei numerosi punti di contatto esistenti tra “Hamas” e l’AKP. Storicamente, entrambe si vedono come forze che al momento del loro ingresso sulla scena politica erano considerate di orientamento islamico – radicale ed ambedue sono poi arrivate al potere attraverso libere elezioni rompendo il monopolio delle classi dirigenti locali.
Un ulteriore colpo alle relazioni tra i due Paesi è venuto poi anche dall’esclusione di Israele dalle esercitazioni militari programmate nell’Ottobre di due anni fa a Konya, in Anatolia, un gesto motivato da ragioni tecniche ma che in realtà è stato attuato in segno di protesta per le azioni condotte dalle forze israeliane a Gaza. Le ragioni per cui le relazioni tra Turchia ed Israele siano andate deteriorandosi sono diverse, ma una delle più importanti è sicuramente il mutato quadro geopolitico regionale. Come sottolineano alcuni osservatori, la Turchia oggi ritiene che il rapporto con Israele non sia più strategico come in passato per almeno due fattori.
Il primo è che la minaccia curda oggi è assai meno percepita ed il ruolo destabilizzatorio giocato in passato da Siria ed Iraq appare ridimensionato e con esso anche l’importanza dell’alleanza con Israele come fattore di deterrenza e pressione verso Baghdad e Damasco. Il secondo è che in questi anni Ankara si è avvicinata non solo alla Siria, ma anche all’Iran, come dimostra il crescente peso dell’interscambio economico ed i rilevanti interessi energetici tra i due Paesi. E nel corso di una visita a Teheran il Premier turco Erdogan ha criticato l’atteggiamento occidentale nei confronti dell’Iran sottolineando poi il diritto iraniano a sviluppare una tecnologia atomica e ribadendo la contrarietà turca a qualunque azione militare contro le installazioni iraniane, una dichiarazione che a molti è sembrata un’ulteriore presa di distanza da Israele, anche se, lo stesso Erdogan, ha comunque ricordato come Ankara rimane contraria all’ipotesi che l’Iran si doti di un arsenale nucleare.
Alcuni analisti sottolineano poi come il corso impresso alla politica estera statunitense dalla nuova amministrazione di Barack Obama abbia influenzato non poco le relazioni di Ankara con Israele.
Fine seconda puntata. Continua…