Israele non ha paura e si prepara all’offensiva di terra

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Israele non ha paura e si prepara all’offensiva di terra

02 Gennaio 2009

Il capodanno non ferma "Piombo fuso". Mentre Betlemme e svariati paesi – tra cui Siria, Egitto, Dubai e Giordania – hanno sospeso o ridimensionato i festeggiamenti per il nuovo anno, Israele e Hamas hanno continuato a farsi la guerra per il quinto e sesto giorno consecutivo: raid aerei israeliani e razzi sempre più potenti sono stati i protagonisti della notte più lunga dell’anno. Ma le prime ore del 2009 sono segnate anche dalla diplomazia: a una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite è seguita la trasferta francese del ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni, che a nome del suo paese ha respinto la possibilità di una tregua. Secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano "Haaretz", la continuazione delle operazioni militari è sostenuta dal 71% della popolazione israeliana.

Stando alle notizie che giungono dal fronte, intanto, i raid israeliani non accennano a calare d’intensità: nella sola notte del 31 dicembre, Israele ha colpito dall’aria svariati edifici istituzionali di Hamas. I miliziani della Striscia, intanto, rispondono colpo su colpo: le Brigate Ezzedine Al Qassam, in un comunicato rilasciato giovedì mattina, hanno annunciato di aver colpito con un razzo la base israeliana di Hatzerim, a 40 km dal confine con la Striscia di Gaza. Sono oltre 250 i razzi sparati da Hamas contro il sud di Israele nei primi sei giorni di guerra: ieri mattina un ordigno ha colpito un condominio di Ashdod, mentre Sderot e Beersheba restano le città più bersagliate. A dispetto dei raid israeliani, insomma, Hamas è in grado di raggiungere obiettivi distanti fino a 40 km dalle rampe di lancio: sono circa 900.000 gli israeliani potenzialmente esposti al fuoco dei miliziani palestinesi.

A marchiare il sesto giorno di guerra, però, è stata senza dubbio l’uccisione dell’alto esponente di Hamas Nizar Rayyan, colpito dal fuoco israeliano nella sua casa di Jabalya insieme ad alcuni familiari. Secondo Channel 10, dal 2004 Rayyan aveva preso il posto dello sceicco Ahmed Yassin, guida spirituale di Hamas a sua volta uccisa in un’operazione aerea di Tel Aviv: oltre 200.000 persone assistettero al suo funerale. Dopo aver confermato l’uccisione di Rayyan (insieme a una delle mogli, tre figli e cinque vicini di casa), Hamas ha annunciato incisive azioni di vendetta.  Secondo il responsabile del servizio sanitario palestinese Mouawiya Hassanein, dopo sei giorni di combattimenti i morti sarebbero già 400 e i feriti oltre 2000.

Sul piano della diplomazia, l’alba del 2009 ha visto moltiplicarsi le critiche, gli appelli al cessate al fuoco e i tentativi di mediazione. Condanne ai raid israeliani accomunano gran parte dei paesi arabi: secondo Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba, "assistiamo a un rilancio israeliano: l’obiettivo sono le elezioni del 10 febbraio in Israele, e Gaza ne paga il prezzo". Il presidente dell’Anp Abu Mazen – di fronte ai militanti di Fatah – ha parlato poi di "un’aggressione il cui obiettivo non è soltanto Gaza, ma l’intero popolo palestinese e la sua causa". Un’invocazione alla cessazione di tutte le ostilità è giunta invece da Papa Benedetto XVI, che si è appellato al "profondo desiderio di vivere in pace che sale dal cuore della grande maggioranza delle popolazioni israeliana e palestinese, ancora una volta messe a repentaglio dalla massiccia violenza scoppiata nella striscia di Gaza in risposta ad altra violenza".

Ma al di là degli appelli, due sono le principali iniziative diplomatiche attivate nelle ultime ore. La prima è una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, convocato d’urgenza nella notte del 31 dicembre: a fronte di una bozza di risoluzione libica che gli Stati Uniti hanno giudicato troppo "sbilanciata" verso Hamas, però, non è stato raggiunto alcun accordo. Niente di fatto anche per il duo Kouchner-Sarkozy: Tzipi Livni, invitata a Parigi per discutere di una possibile tregua, ha ribadito ieri la volontà israeliana di andare avanti con i raid. Secondo il ministro degli Esteri israeliano, "non c’è una crisi umanitaria nella Striscia: Israele non ha mai interrotto il flusso di aiuti per la Striscia, anzi li ha addirittura aumentati nel corso dei giorni". Il premier ceco Mirek Topolanek, da ieri presidente di turno dell’Unione Europea, ha annuncia intanto una missione diplomatica in Medio Oriente allo scopo di mettere fine alle ostilità.

La posizione israeliana, ribadita dalla Livni a Sarkozy, resta dunque salda. Interrompere i raid significherebbe regalare una vittoria d’immagine ad Hamas: esattamente quello che avvenne nell’estate 2006 nel corso del conflitto contro Hezbollah. Sugli obiettivi israeliani, del resto, tanto il presidente Shimon Peres quanto il premier Olmert sono stati molto chiari. Nel corso di una visita ad Ashkelon, Peres ha dichiarato che "Israele non potrà accettare una Striscia di terrore come vicino, dunque Hamas sta testando la risposta israeliana". "Nonostante gli allarmi" ha continuato il presidente, parlando ai bambini di una delle città più colpite dai razzi di Hamas, "noi non abbiamo paura". In visita a Beersheba, altra città bersagliata, il premier Olmert ha invece chiarito che "noi non cerchiamo un conflitto su larga scala, ma vogliamo che la vita dei cittadini del sud possa cambiare così che i loro figli possano crescere in sicurezza, senza incubi e paure".

Cosa aspettarsi ora? L’invasione terrestre della Striscia di Gaza sembra imminente. E una parziale conferma è venuta da Tzahi Hanegbi, presidente della Commissione Esteri della Knesset: "Ci siamo ormai – ha dichiarato a Channel 10 – il mondo non fa pressioni su di noi, capisce che abbiamo il diritto di batterci per difendere le nostre case". Sul campo tutto è pronto: i carri armati sono schierati al confine, i riservisti sono stati richiamati. Un alto ufficiale di Tsahal – interpellato dal quotidiano israeliano "Yediot Ahronoth" – ha dichiarato che i piani per un’invasione di terra sono sul tavolo da mesi e le incognite restano le stesse del Libano: "Durante il conflitto, Hamas potrebbe utilizzare molti tipi di armi, congegni esplosivi, cecchini e cellule kamikaze che proveranno a colpire le nostre forze". Obiettivo di Hamas è quello di replicare le "gesta" di Hezbollah, vero vincitore della seconda guerra del Libano agli occhi dei fondamentalisti della regione.

Ma in attesa delle prossime mosse israeliane, sul fronte palestinese qualcosa si muove. Per ora solo sospetti: sul banco degli imputati ci sono paesi moderati come l’Egitto, sospettati di complottare con Israele ai danni di Hamas. Ma le critiche al movimento islamista, in effetti, abbondano: Muhammad Bassiouny, deputato egiziano a capo della commissione Esteri, ha criticato i capi dell’organizzazione che restano "chiusi nei bunker" a fronte delle bombe sulla popolazione di Gaza. Ad attirarsi la maggior parte delle critiche, però, resta sempre Abu Mazen: secondo il "Palestine Information Center", sito web affiliato ad Hamas, un consigliere di Abbas avrebbe addirittura telefonato ad Amos Gilad (consigliere della Difesa israeliana) concordando sul "diritto di Israele a liquidare Hamas". Forse anche per le due Palestine – quella di Fatah, in Cisgiordania, e quella di Hamas, nella Striscia – siamo giunti alla resa dei conti.