Israele si ferma e Hamas canta vittoria

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Israele si ferma e Hamas canta vittoria

19 Gennaio 2009

Dalla guerra a una fragile tregua. Dopo 22 giorni di "Piombo fuso", sabato notte il gabinetto di Difesa israeliano ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale: "Hamas è stata duramente colpita", ha annunciato il premier Olmert. Le truppe israeliane hanno iniziato a ripiegare: "Tutto è calmo, non c’è stato alcun segnale di attività di nessun tipo per tutta la notte", ha detto un portavoce israeliano all’alba. Ieri per la prima volta e’ stata riaperta la strada tra sud e nord della Striscia.

Dopo qualche incertezza – e una decina di razzi lanciati contro lo Stato ebraico – anche Hamas rompe gli indugi: i militanti della Striscia hanno accettato la tregua e danno a Israele una settimana di tempo per ritirare tutte le truppe. Il leader di Hamas, Ismail Haniye, ha definito l’operazione israeliana a Gaza “un fallimento” e quella di Hamas una “grande vittoria”. “La nostra decisione di sospendere le ostilità per una settimana è saggia e responsabile.  Per consolidare il debole cessate il fuoco, i protagonisti della diplomazia internazionale si sono intanto riuniti a Sharm El Sheikh: obiettivo – sotto la guida del presidente egiziano Mubarak e del suo omologo francese Sarkozy – giungere ad una tregua condivisa e duratura.

"Voglio ringraziare, prima di tutto, il mio amico e ministro della Difesa Ehud Barak per la competenza professionale e la comprensione che ha mostrato nel corso di tutta l’operazione". È sabato sera, Ehud Olmert annuncia ai cittadini israeliani l’inizio del cessate il fuoco unilaterale nella Striscia di Gaza: "Voglio ringraziare anche il ministro degli Esteri Tzipi Livni, per il suo contributo negli sforzi diplomatici a tutto campo". Barak e la Livni dunque, all’interno del gabinetto di sicurezza, hanno avuto la meglio: i due ministri – che da giorni promuovevano la fine di "Piombo fuso" – hanno convinto il premier e i funzionari della Difesa israeliani. Il cessate il fuoco è stato approvato con due soli voti contrari e un astenuto.

Nella conferenza stampa che ha seguito la riunione, Ehud Olmert ha parlato tanto agli israeliani quanto ai palestinesi. I cittadini dello Stato ebraico devono andare orgogliosi dei risultati raggiunti: Hamas è stato duramente colpito, "gli obiettivi prefissati sono stati più che raggiunti" e "Israele ha dato prova della sua forza e ha rafforzato la sua deterrenza". Per quanto riguarda i palestinesi, invece, Olmert si è scusato per i morti civili causati dall’attacco militare: "Noi non abbiamo combattuto contro la gente di Gaza. Abbiamo lasciato Gaza nel 2005 con l’intenzione di non farci più ritorno". Il conto dei morti, insomma, andrebbe presentato ad Hamas, al quale il premier lancia un chiaro avvertimento: "Se i nostri nemici decideranno che il sangue versato non è sufficiente e hanno interesse a proseguire i combattimenti, Israele sarà pronta e si sentirà libera di rispondere con la forza".

La risposta di Hamas non si è fatta attendere. Prima – pochi minuti dopo l’annuncio di Olmert – i militanti annunciano la continuazione delle ostilità, fino al ritiro dell’ultimo soldato israeliano. Poi domenica mattina – dopo aver lanciato almeno 13 razzi verso Israele – i militanti hanno fatto marcia indietro: il funzionario di Hamas Ayman Taha ha annunciato "un immediato cessate il fuco a Gaza e la concessione a Israele di una settimana per ritirare l’esercito". Quella del ritiro, però, è una questione spinosa: Mark Regev, portavoce di Olmert, ha dichiarato che "non parleremo di un calendario per il ritiro finché non saremo certi della tenuta del cessate il fuoco". Scettico, in questo senso, si è mostrato il capo dello Shin Bet, Diskin, secondo il quale Hamas potrà inoltre riarmarsi facilmente nel corso dei prossimi mesi.

I problemi sul tavolo sono molti, e il cessate il fuoco è più fragile che mai. È in questo contesto di incertezza che si colloca il super-vertice di Sharm El Sheikh organizzato dal presidente egiziano Mubarak – insieme al francese Sarkozy, protagonista degli sforzi diplomatici delle ultime tre settimane. Al vertice di ieri pomeriggio hanno partecipato molti leader della comunità internazionale, dal Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon al leader dell’Anp Abu Mazen, passando per i rappresentanti della Lega Araba. Tra i leader europei, oltre a Sarkozy, erano presenti Berlusconi (che ha definito l’incontro "un grande e importante impegno per la pace nel mondo"), la Merkel, Brown e Zapatero: tutti disponibili – come hanno annunciato in una lettera indirizzata a Mubarak – a mettere in piedi una forza internazionale per il controllo dei confini e il traffico delle armi.

Il senso del vertice – terminato nel tardo pomeriggio – sta tutto nelle parole del ministero degli Esteri egiziano: "Lo sforzo ora è quello di consolidare il cessate il fuoco: i leader vogliono discutere come prevenire un nuovo conflitto a Gaza e come ricostruire le infrastrutture della Striscia". Più intenzioni che atti concreti: senza i due contendenti – Hamas e Israele – e con un Presidente americano non ancora in carica, del resto, non poteva che essere così.

Nel corso della riunione, Sarkozy ha annunciato di aver chiesto agli Stati Uniti "una conferenza che porti alla coesistenza dei due Stati, uno accanto all’altro, per garantire una pace accettabile" con il contributo dell’Unione Europea: insomma, un’Annapolis II. Barack Obama, per bocca del portavoce David Axelrod, ha comunicato di "sperare in una tregua duratura", e proprio con l’amministrazione Obama, secondo Berlusconi, si dovrà compiere "quello sforzo decisivo per arrivare ad una soluzione vera e concreta del problema".

Silvio Berlusconi è poi entrato poi nel merito delle possibili azioni volte a garantire la stabilità dell’area. "Abbiamo dato il nostro benestare affinché i nostri carabinieri si possano unire ad eventuali formazioni per il controllo dei valichi" ha dichiarato il premier, anche se l’Egitto si è detto contrario allo schieramento di forze straniere sul suo territorio. Una via d’uscita, dunque, potrebbe venire dal mare: l’Italia, ha concluso Berlusconi, è favorevole "ad eventuali azioni militari di mare per fermare il contrabbando di armi".

L’ipotesi del blocco navale è stato preso in considerazione anche dal premier inglese Gordon Brown: tutto dipenderà, comunque, dalle indicazioni di Obama e dalla tenuta della tregua a Gaza. In serata, i leader europei si sono recati a Gerusalemme per una cena con il premier israeliano Olmert: al centro dei colloqui, le questioni emerse al vertice di Sharm. Il presidente Mubarak, in serata, ha preannunciato una nuova riunione diplomatica in Egitto in data da destinarsi.

Le posizioni di Israele e Hamas – mentre la televisione israeliana Channel 10 conferma il rientro in patria di parte delle truppe – restano però lontane. I miliziani palestinesi pretendono il ritiro totale dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza e la riapertura dei valichi per permettere l’afflusso dei beni di prima necessità. Israele, invece, vuole che Hamas metta fine ai lanci di razzi e che il flusso di armi nella Striscia venga bloccato: uno sforzo sancito pochi giorni fa da un trattato di collaborazione tra Israele e Stati Uniti, firmato a Washington da Tzipi Livni e Condoleezza Rice.

Sul fronte israeliano, infine, resta la questione Shalit.  Gli amici e i familiari del soldato rapito si sono mobilitati con forza per chiedere al governo che la tregua con Hamas comporti la liberazione del militare. A parole, il governo si dice d’accordo: portarlo a casa davvero, però, sarà molto più difficile.