Israele sventa un attentato il giorno dell’indipendenza

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Israele sventa un attentato il giorno dell’indipendenza

27 Aprile 2007

Stando al resoconto del colonnello Reuven Erlich, direttore del Centro Studi Strategici sul Terrorismo (The Intelligence and Terrorism Information Center) di Tel Aviv, l’attacco in massa condotto con missili Kassam – con il quale le Brigate dei Martiri Izz al din al Qassam, ala militare di Hamas, hanno ripreso le ostilità contro lo stato ebraico (mentre a Roma Prodi faceva finta di niente durante il tradizionale ricevimento dell’ambasciata israeliana all’Excelsior) – non doveva servire solo a colpire lo Stato ebraico. Sarebbe servito, infatti, anche a distrarre l’attenzione mentre una squadra di assalto composta da cinque terroristi islamici penetrava in territorio israeliano probabilmente con un doppio scopo: compiere un attentato suicida e sequestrare un soldato o un cittadino israeliano vicino al confine di Gaza.

Solo per caso l’azione non è andata a segno: dopo la caduta dei 25 missili Kassam nella zona ovest del deserto del Negev, qualcuno ha dato l’allarme grazie al suono dei sensori del cosiddetto muro antiterrorismo (quello che i no global chiamano “della vergogna” o “dell’apartheid”), segnalando così un tentativo d’intrusione nel valico di Rafah, al confine con la striscia di Gaza. L’attenzione generale era rivolta ai missili Qassam, nel tentativo di comprendere da dove provenissero. Ciononostante, gli uomini dell’Idf non si sono fatti distrarre e non è sfuggito loro il tentativo d’infiltrazione dei cinque terroristi che hanno cercato di aprirsi una via di fuga sparando all’impazzata.

Poco dopo Abu Ubaida, il portavoce delle Brigate Izz al din Al Qassam, in un comunicato rivendicava l’aggressione a colpi di Qassam e di mortaio e confermava l’intenzione di “compiere altri sequestri di soldati sionisti” nella stessa zona in cui a giugno era stato rapito Gilat Shalit. In precedenza, l’ex ministro dell’Interno del primo governo Hamas, Ahmed Saimi, aveva ribadito che “per liberare i prigionieri detenuti nelle carceri israeliane bisognava ricorrere ad altre incursioni in territorio israeliano per sequestrare soldati o anche semplici sionisti”.