Israele valuta i pro e i contro di un attacco unilaterale all’Iran

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Israele valuta i pro e i contro di un attacco unilaterale all’Iran

23 Aprile 2010

Visto il prolungarsi della campagna americana per ottenere nuove sanzioni contro l’Iran – e che, nel frattempo, Teheran continua a sviluppare sempre maggiori capacità nucleari – alcuni funzionari israeliani hanno messo in evidenza come l’establishment della sicurezza nazionale sia diviso sulla questione se Israele abbia bisogno o meno della benedizione degli Stati Uniti nel caso di un attacco all’Iran.

Vari dirigenti israeliani hanno sottolineato in alcune interviste che numerosi segnali dimostrerebbero che Washington sarebbe disposta a convivere con un Iran armato col nucleare, un’eventualità che Israele non accetterebbe mai. I timori israeliani derivano dalle affermazioni dello scorso fine settimana in cui alcuni esponenti americani hanno ribadito che gli Usa sono contrari all’opzione militare.

Domenica scorsa, infatti, il Segretario alla Difesa Robert Gates ha discusso un promemoria indirizzato al generale James Jones, consigliere nazionale per la Sicurezza della Casa Bianca, in cui ha ammonito che gli Usa hanno bisogno di nuove strategie – incluso quelle mirate a contrastare l’Iran nucleare – e nel quale ha suggerito che l’Iran potrebbe riuscire a ottenere capacità nucleari senza che alcuna potenza militare straniera possa fermarlo. Lo stesso giorno l’ammiraglio Mike Mullen, capo dello Stato Maggiore unificato, ha reiterato che la posizione americana di un attacco contro l’Iran è “l’ultima opzione”.

Israele ha sempre appoggiato i tentativi americani di esercitare pressioni per ottenere nuove sanzioni economiche contro l’Iran. I funzionari israeliani, però, esprimono sempre di più la loro insoddisfazione nei confronti della via diplomatica per l’applicazione delle sanzioni, sforzi considerati troppo lenti. Nelle ultime settimane, i rapporti tra i due alleati si sono inaciditi, specialmente da quando il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu si trova a respingere la pressione esercitata dall’amministrazione Obama per congelare i nuovi insediamenti nelle aree ebree di Gerusalemme Est, attività che Washington considera controproducente nei confronti degli sforzi di pace in Medio Oriente.

L’altra divergenza tra i due Paesi riguarda proprio l’Iran nucleare: alcuni funzionari israeliani credono che, nel giro di un anno, Teheran – il cui presidente ha chiamato più volte alla distruzione di Israele – potrebbe sviluppare una testata nucleare capace di colpire lo stato ebraico, se lo volesse, ma esperti stranieri affermano che tale possibilità è ancora molto lontana. Teheran intanto continua ad affermare che il suo programma nucleare è per uso pacifico.

Questo tipo di divisioni hanno rafforzato i timori diffusi in Israele sul fatto che, nel caso in cui fallissero gli sforzi di Washington per nuove sanzioni, le posizioni israeliane e americane sull’Iran potrebbero divergere in poco tempo. Di conseguenza, se Israele decidesse di attaccare l’Iran, non avrebbe altra scelta se non quella di agire da sola.

I comandanti americani affermano che un attacco comporterebbe ritorsioni da parte dell’Iran contro gli interessi militari americani nella regione o ancora maggiori attacchi terroristici da parte dei seguaci dell’Iran come Hezbollah e Hamas. Sempre la scorsa domenica, l’ammiraglio Mullen ha detto che un attacco avrebbe “conseguenze indesiderate” e ha ammonito con forza che potrebbe portare inoltre a destabilizzare la regione proprio quando in Iraq e in Afghanistan, i due vicini dell’Iran, ci sono truppe Usa.

Un alto funzionario americano ha poi riconosciuto che, nonostante Washington abbia più volte espresso agli israeliani la sua contrarietà a una azione unilaterale di Israele, all’interno dell’amministrazione Usa si teme che lo stato ebraico possa attaccare l’Iran nonostante le obiezioni americane. Alcuni dirigenti israeliani sono preoccupati che un attacco unilaterale causerebbe una rottura con gli Stati Uniti che minaccerebbe gli interessi nazionali di Tel Aviv, una minaccia molto maggiore di un Iran nucleare.

Ci sono vari precedenti che riguardano gli attacchi coordinati tra Israele e gli Stati Uniti. Nel 1981, il governo di Tel Aviv prese alla sprovvista gli americani quando attaccò il reattore di Osirak in Iraq. Secondo alcuni funzionari americani, quando nel 2007 Israele colpì in Siria una struttura nucleare sospetta, Washington venne invece avvisata in anticipo.

La decisione ultima sull’attacco all’Iran spetta al premier Netanyahu. In passato, gli alti comandanti militari avevano avuto un ruolo importante in questo tipo di decisioni. Un portavoce del Ministero della Difesa israeliano si è rifiutato di commentare le decisioni interne che riguardano l’Iran. I bombardieri israeliani possono attaccare l’Iran attraverso numerose rotte di volo. Tutte, però, richiedono che gli aerei possano volare attraverso lo spazio aereo iracheno controllato dagli Stati Uniti o attraverso quello di alleati americani come l’Arabia Saudita o la Turchia, un fatto che provocherebbe delle conseguenze molto gravi per Israele.

Molti esperti militari israeliani pensano che Israele potrebbe affrontare da sola ogni tipo di rappresaglia iraniana in risposta ad un attacco. I razzi iraniani di medio raggio possono causare danni e vittime in Israele, ma in realtà non sono sufficientemente precisi; il sofisticato sistema di difesa missilistica israeliano, poi, con molta probabilità abbatterebbe un bel po’ di quei razzi a metà del volo. Israele ha più volte dimostrato che può far fronte agli attacchi contro Israele da parte di Hezbollah e di Hamas. Per di più, lo sato ebraico ha anche un contingente di truppe americane collegato ad un sistema radar che preannuncia gli attacchi missilistici.

Secondo alcuni funzionari in pensione che hanno familiarità con la mentalità militare iraniana, a molti pianificatori strategici israeliani – che si occupano di esaminare i possibili scenari d’attacco – preoccupa molto di più la possibilità che l’Iran risponda ad un attacco di Tel Aviv ottenendo il sostegno di gruppi che lottano contro le truppe americane in Iraq e in Afghanistan. Se venissero uccisi numerosi militari americani per colpa di un attacco unilaterale israeliano, gli Stati Uniti potrebbero prendersela contro Israele. Inoltre, l’Iran potrebbe anche interrompere l’approvvigionamento mondiale di petrolio bloccando le esportazioni attraverso il Golfo Persico, scombussolando i mercati internazionali di petrolio.

“Cosa direbbero gli americani se Israele trascinasse gli Stati Uniti in una guerra che non hanno mai voluto, o quando tutto d’un colpo si ritrovassero a pagare 10 dollari per gallone di benzina e lo stato ebreico sarebbe l’unico colpevole”, afferma il brigadiere generale in pensione Shlomo Brom, l’ex direttore della Strategic Planning Division dell’esercito israeliano.

Di recente, alcuni alti membri dell’establishment della difesa israeliana hanno fatto leva su entrambe le prese di posizione del dibattito. “Non abbiamo il permesso e non abbiamo bisogno di avere il permesso da parte degli Stati Uniti”, afferma Ephraim Sneh, sottosegretario alla Difesa dell’ex premier Ehud Olmert. Ma il generale Giora Eiland, un ex consigliere di Sicurezza nazionale, sottolinea che se Israele dovesse lanciare un attacco militare contro l’Iran senza il consenso americano non metterebbe a repentaglio i suoi rapporti con gli Stati Uniti.

Il mese scorso, il ministro alla Difesa israeliano Ehud Barak ha riconosciuto pubblicamente l’esistenza di opinioni contrapposte all’interno della sua amministrazione quando ha affermato che “solo noi israeliani abbiamo la responsabilità esclusiva della sicurezza dello Stato d’Israele, e solo noi possiamo determinare le faccende che riguardano il futuro d’Israele e degli ebrei. Ma non dobbiamo mai dimenticare quanto è importante il nostro rapporto con gli Stati Uniti o l’abilità di agire in armonia e unità con la Casa Bianca”.     

Tratto dal Wall Street Journal

Traduzione di Fabrizia B. Maggi