Istat, Italia ultima per produttività lavoro negli ultimi 20 anni

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Istat, Italia ultima per produttività lavoro negli ultimi 20 anni

Istat, Italia ultima per produttività lavoro negli ultimi 20 anni

02 Novembre 2016

L’Italia è indietro in Europa per la produttività del lavoro. A rilevarlo è l’Istat. Il Paese così, rispetto alla media Ue, ha un tasso di crescita inferiore anche a quello della Spagna. Tra il 1995 e il 2015 la produttività del lavoro in Italia è aumentata a un tasso medio annuo dello 0,3%, contro una media Ue dell’1,6%. Lo studio è stato diffuso stamane.  La Germania è cresciuta a un ritmo dell’1,5%, la Francia dell’1,6%, il Regno Unito dell’1,5%. E se anche per la Spagna il tasso di crescita è stato più basso (+0,6%) della media europea, rimane comunque doppio rispetto a quello dell’Italia.

La produttività del lavoro si calcola come valore aggiunto per ora lavorata. Rispetto alle altre economie europee, il valore aggiunto è cresciuto a ritmi molto meno sostenuti, mentre la dinamica delle ore lavorate è molto simile. Per cui, anche quando la produttività italiana è aumentata di più (in media dell’1,1%), tra il 2009 e il 2013, è perché il valore aggiunto è calato meno rispetto alle ore lavorate, mentre negli altri Paesi il valore aggiunto è cresciuto di più, mentre il lavoro ha avuto tassi inferiori.

Il divario dell’Italia rispetto alle altre economie europee “è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto, cresciuto a ritmi meno sostenuti che negli altri paesi europei”. In termini di contributi alla crescita complessiva della produttività del lavoro, i settori che tra il 1995 e il 2015 hanno fornito l’apporto maggiore sono industria e servizi di informazione e comunicazione (entrambe +0,2 punti percentuali). Anche agricoltura, commercio e attività finanziarie e assicurative hanno contribuito positivamente (+0,1 punti percentuali), mentre è stato negativo il contributo dei settori delle attività professionali (-0,3 punti percentuali) e delle costruzioni (-0,1 punti percentuali). Infine, è praticamente nullo il contributo dei servizi privati d’istruzione, sanitari e sociali e delle attività artistiche e d’intrattenimento.