Italia e USA: partnership più forte grazie alla Difesa
25 Ottobre 2008
La tre giorni del ministro la Russa negli Stati Uniti ha segnato un nuovo capitolo nella storia delle relazioni tra il nostro Paese e l’amico d’oltre Atlantico di sempre. Probabilmente, mai i legami tra Italia e Stati Uniti sono stati forti come oggi. E proprio la Difesa, la tanto bistratta, a casa nostra, Difesa, è al centro di questa partnership strategica. La Russa ha incontrato il collega Gates e con lui ha rinnovato il Memorandum di Intesa che regola la cooperazione tra i due paesi in materia di difesa. Non accadeva dal lontano 1990. Il documento, una pietra militare delle relazioni strategiche tra USA ed Italia, stabilisce i principi e le procedure, riconosciute da entrambi i governi, che assicurano la condotta delle acquisizioni nel settore militare e che aprono i rispettivi mercati.
La Russa e Gates hanno così messo il sigillo su un processo di avvicinamento che va avanti da molti anni e che avuto il suo culmine con la conclusione, anche questa avvenuta in settimana, dell’operazione DRS da parte di Finmeccanica. Mancava solo l’ultimo scoglio: quello degli azionisti del colosso dell’elettronica americano. L’affare ora è fatto. Un successo enorme che oltre a portare Finmeccanica ai vertici mondiali nel settore fa diventare, di fatto, l’azienda italiana uno dei principali fornitori del Pentagono. Gli Stati Uniti diventano così il terzo mercato “nazionale” di Finmeccanica dopo quello italiano e quello britannico. D’ora in poi Finmeccanica sarà pienamente coinvolta in tutti i maggiori programmi di acquisizione delle Forze Armate americane e nel loro supporto. Quest’ultimo aspetto, spesso troppo trascurato sulla stampa, è forse ancora più importante. Basta solo pensare al volume di servizi che la macchina bellica americana riesce a macinare in un anno, soprattutto adesso in piena epoca di guerra al terrorismo, per rendersene conto. E bene fa lo stesso presidente ed amministratore delegato di Finmeccanica Guarguaglini a ricordarlo in ogni occasione. Supportare le Forze Armate USA è un business enorme, persino difficile da calcolare con precisione, ma adesso per Finmeccanica tutto sarà più semplice. Mai un’azienda italiana era stata così addentro le stanze del Pentagono.
Ma non ci sono solo elettronica e servizi ad unire Stati Uniti ed Italia nel campo della difesa. Vanno anche ricordati gli elicotteri e gli aerei da trasporto, senza dimenticare il cacciabombardiere F-35. Lo scorso 22 settembre ha effettuato il volo d’esordio, presso lo stabilimento AgustaWestalnd di Yeovil, il primo VH-71 di produzione, l’elicottero basato sul design dell’italiano EH101 che in futuro trasporterà il presidente americano. AgustaWestland realizza la macchina e l’azienda americana Lockheed Martin cura l’integrazione nei propri stabilimenti di Owego di tutti gli apparati elettronici. Il risultato? Un “ufficio ovale” volante. Un avvenimento importante seguito, il 15 ottobre, dalla consegna del primo aereo da trasporto C-27J alle Forze Armate americane. Il velivolo, realizzato dalla “nostra” Alenia Aeronautica in partnership con l’americana L-3, è il primo di un lotto di 78 esemplari ordinati dagli USA lo scorso anno nell’ambito del programma Joint Cargo Aircraft, il programma congiunto dell’Esercito e dell’Aeronautica USA per l’acquisizione di un nuovo aereo da trasporto tattico. Il contratto ha un valore “robusto” di 2,04 miliardi di dollari e copre la fornitura di 78 aerei, ma i piani statunitensi prevedono l’acquisizione di altri 145 velivoli, per un valore stimato di sei miliardi di dollari.
Numeri che non hanno bisogno di tanti commenti e che dimostrano come l’industria italiana sia stata brava ad entrare sul mercato americano nonostante le maglie strette del “buy american”. L’Italia, che da sempre compra sistemi d’arma americani, adesso vende, e tanto, negli Stati Uniti. Ma non è solo una questione di compensazioni o di “semplice” reciprocità. Perché, se così fosse, alla fine le due industrie avrebbero veramente poco da condividere. Ecco perché è così importante il programma di cooperazione internazionale JSF per l’acquisizione del cacciabombardiere di quinta generazione “invisibile” F-35. L’Italia è pienamente coinvolta nel programma sin dalle origini ed ha partecipato con un finanziamento da un miliardo di dollari allo sviluppo del velivolo assieme agli Stati Uniti ed agli altri paesi partner. Undici paesi di tutto il mondo, guidati dagli Stati Uniti, che condividono costi e rischi, ma, soprattutto, conoscenze ed esperienze di un’iniziativa strategica ed industriale senza precedenti. L’Italia punta ad acquistare 131 aerei per Aeronautica e Marina ed ha ottenuto dagli Stati Uniti anche il consenso a mettere in piedi una linea di assemblaggio finale a Cameri. Qui verranno prodotti gli F-35 italiani e di altri paesi europei. Con il governo olandese è stato stipulato da tempo un accordo in tal senso e probabilmente altri paesi europei, Norvegia e Danimarca su tutti, potrebbero aggiungersi. Nella Nota Aggiuntiva per la Difesa 2009 sono già stati previsti 151,2 milioni di euro per il finanziamento iniziale del progetto. Sui costi complessivi si deve però ancora esprimere il Parlamento ed uno studio, effettuato in team dalla Difesa e dall’industria, dovrebbe approdare in Commissione per i primi pareri entro l’anno. Naturalmente un progetto di questa portata costituirebbe una grande opportunità per l’industria italiana e per tutto l’indotto e farebbe ulteriormente lievitare gli oltre otto miliardi di dollari di ritorni industriali comunque già previsti.
Il progetto è però condizionato da alcune incognite. Prima di tutto i finanziamenti. La Difesa ultimamente non se la passa bene e tra tagli e sforbiciate la linea di Cameri potrebbe anche saltare. Anche perché proprio della scorsa settimana è la notizia che l’Italia ha deciso di abbandonare la fase iniziale di test e valutazione dello stesso programma JSF (e di non acquistare i primi due aerei previsti). Sempre per ragioni finanziarie. E poi c’è la naturale opposizione che da sempre l’aereo suscita presso pacifisti e prelati nostrani. L’aereo è americano, anzi, amerikano, e già si parte male, e per di più, a differenza del “buono” ed europeo caccia Eurofighter, è un cacciabombardiere. L’universo pacifista è in subbuglio. C’è persino il vescovo di Novara, nonché vicepresidente della Cei, monsignor Renato Corti che si è preso la briga di scrivere al governo contestando il carattere “bellico” del progetto. Chissà se nel loro incontro il ministro la Russa ed il collega Gates avranno parlato anche di questo.