Italia in ripresa ma solo per governo e renziani
09 Giugno 2017
“L’Italia è in ripresa!”. Ormai lo conosciamo tutti, no? È il solito mantra renziano che ci è stato propinato in continuazione negli ultimi anni. Ancor più negli ultimi mesi, e giorni, quando sembrava sempre più imminente un voto anticipato in autunno. La strana esultanza di Gentiloni (“l’economia cresce a ritmi maggiori di quelli che noi stessi avevamo previsto”) per l’aumento del Pil dello 0,4% del primo trimestre del 2017 in “accelerazione” rispetto al quarto trimestre 2016 (+0,3%), andava proprio in questa direzione, senza tenere conto che siamo di fronte ad una crescita dello zero virgola che ci rende maglia nera in Europa. Sarà che, forse, le cose dall’interno si vedono diversamente, sta di fatto che chi, invece, guarda il nostro Paese dall’esterno non la pensa allo stesso modo. Dopo l’agenzia internazionale Ficht che ha tagliato il rating dell’Italia dalla categoria BBB+ alla categoria BBB per il “fallimento dell’opera di riduzione del debito pubblico”, ora la nuova sentenza sullo stato di salute dell’economia italiana arriva dall’Ocse. E i segnali, manco a dirlo, non sono proprio incoraggianti.
“La ripresa economica italiana continuerà ad essere moderata”. E ancora: “Nonostante il suo ampio settore manifatturiero, il contributo dell’Italia all’economia globale resta limitato” sostiene l’organizzazione parigina nell’ultimo Economic outlook, aggiungendo che il Pil del nostro Paese resterà “all’1% nel 2017”, per poi scendere “allo 0,8% nel 2018” a causa “della stretta fiscale già adottata e pari all’1% del Pil”. Cifra che, dunque, smentisce in parte quanto sostenuto da Padoan che, in occasione della presentazione della manovrina “salva-procedura Ue” e del Def, aveva annunciato che per il 2018 il Pil si sarebbe stabilizzato al 1%.
Per l’Ocse, inoltre, è importante andare avanti con le “riforme strutturali” e “politiche fiscali moderate” considerate “cruciali per innalzare la crescita in modo inclusivo e costante e ridurre il rapporto debito-Pil”. Peccato però che, come conferma il fact checking condotto da Unimpresa sull’ultimo Def, le tasse nei prossimi tre anni aumenteranno di almeno 3 miliardi di euro. Altro che “politiche fiscali moderate”!. Per non parlare del debito pubblico, considerato dall’Ocse “un punto debole”, che nei prossimi anni invece che “stabilizzarsi” come sostiene Padoan, tenderà ad aumentare. E a dirlo, questa volta, ci ha pensato la Commissione Europea secondo cui la spesa pubblica italiana dovrebbe passare dal 132,6% del 2016 al 133,1% del 2017 per poi riscendere a 133,2% nel 2018. Un trend che di stabile ha ben poco.
Ma non è tutto. L’organizzazione internazionale parigina lancia un monito che potrebbe peggiorare ancor di più le cose. “Il governo – osserva l’Ocse – ha stanziato 20 miliardi per la ricapitalizzazione bancaria”, se la “cifra dovesse essere usata interamente ci sarebbe un incremento del debito pubblico pari all’1,2% del Pil”. E dato che sullo sfondo si è aperta la questione delle banche venete che, in tempi pre-elettorali non può essere certo fatta cadere nel vuoto, con ogni probabilità i 20 miliardi di cui parla l’Ocse andranno visti al rialzo se l’esecutivo deciderà di aprire nuovamente i cordoni della borsa. Se così fosse, stando ai dati Osce, addio crescita!
E meno male che Padoan, sempre in occasione della presentazione del Def, dispensava ottimismo:”Avremo sorprese positive, questa è la mia convinzione”. Sarà ma, per il momento, di positivo c’è ben poco. E se non si inizierà ad invertire la rotta, investendo su “ innovazione e competitività”, come ha sottolineato ancora l’Ocse, i guai per il Bel Paese non saranno certo minori.