Italia-Spagna, un cappotto prevedibile

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Italia-Spagna, un cappotto prevedibile

02 Luglio 2012

Considerate tutte le contraddizioni della nazionale di calcio italiana, era inevitabile che finisse così. Come poteva finire altrimenti, con una squadra in cui il più serio si chiama Buffon, il più cattivo è Bonucci, il più vivace è Mortolivo, il più intelligente si chiama Pirlo, quello che salta di meno è Balza…retti, quello che gioca più a destra è De… Rossi, quello che entra in campo nel giorno più caldo dell’anno è Di …Natale, quello che è pagato di meno si chiama Diamanti, quello che non si smarca mai è Smarchisio, il meno liturgico è Abate e l’unico che non è stato fatto nero è Balotelli? Insomma, una squadra a Brandelli, l’unica rappresentativa nazionale che con questo caldo africano ha pensato bene di farsi confezionare un cappotto.

Ciò che sarebbe stato largamente evitabile, invece, è il fantacommento di Beppe Dossena. Era proprio necessario torturare milioni di italiani con uscite fra il penoso e l’agghiacciante, fra l’inconcepibile e il patetico tipo “siamo eccezionali a fare densità, “abbiamo sofferto nell’uno contro uno e non dovevamo farlo”, “mi sembrava una posizione della quale non si deve mai stare dell’esterno, però ci sta”, “non possiamo pensare di recuperare questa partita da soli”?

E ancora altre perle di luminosa scienza calcistico-lessicale come “siamo andati sotto per le risposte personali”, “quando dici che siamo sulle gambe è vero”, “loro hanno più metri da attaccare”, “non dobbiamo uscire col fraseggio perché diventa difficile”, “gli devi concedere quello che ha in testa ma l’esecuzione no”, “sarebbe meglio servirlo fra le due linee o così, ma non si può che ha troppi centimetri”.

E tutto questo senza menzionare i suoi preferiti “dobbiamo mandarli sulle fasce” e “bisognerebbe fare più passaggi inutili”. Passaggi inutili? Di inutile c’è stato solo il suo aprire bocca, che ha procurato agli italiani fitte ancor più lancinanti delle quattro papagne rifilate a Gigi Buffon.

Quando le cose si sono messe irreparabilmente male, il beppedossena ha saputo individuare con raro acume la causa di tutti i mali: “Non possiamo avere solo tre giorni per preparare questa finale!” Eh, già, perché la Spagna ha avuto tre mesi!

L’ultima castroneria è arrivata subito dopo aver beccato il quarto gol: “Adesso però dovrebbero concederci l’onore delle armi!” lasciando intendere che ci meritavamo il gol della bandiera. Ma bravo: se gli altri fanno il biscotto ai nostri danni è uno scandalo, se invece ci fanno graziosamente segnare un golletto della bandierina, va tutto bene…

L’altro aspetto evitabile dell’italica caporetto eurocalcistica è stata la missione di Mari-o-monti a Kiev. Se fosse rimasto a lavorare a Palazzo Chigi almeno un risultato lo avrebbe ottenuto: non avrebbe svelato ai telespettatori di non conoscere (o di non voler cantare) l’inno di Mameli. E quando ha chiesto di visitare in carcere Yulia Timoshenko, dicono che questa abbia commentato: “Per carità, tenetemelo lontano!”