Italia vs Nuova Zelanda, i piccoli “all whites” non hanno nulla da perdere

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Italia vs Nuova Zelanda, i piccoli “all whites” non hanno nulla da perdere

20 Giugno 2010

Kiwi, all blacks, capitale più a sud del mondo. Tanti stereotipi per indicare un paese che fondamentalmente, almeno alle nostre latitudini, è pressoché sconosciuto. Stiamo parlando della Nuova Zelanda, avversaria di oggi degli azzurri nella 2° partita del girone eliminatorio. La prima precisazione da fare è che per distinguersi dagli strafamosi cugini del rugby i neozelandesi del calcio hanno scelto una divisa completamente bianca, che ha portato loro in dote il soprannome di all whites. La seconda è che magari nessuno se lo ricorderà, ma questi semi-sconosciuti hanno già calcato il palcoscenico mondiale nel 1982, anche se furono eliminati nella prima fase. Terza, sbagliato sottovalutare gli “impiegati” del pallone, che stanno vivendo un sogno e per la prima volta nella loro storia hanno effettuato un allenamento a porte chiuse per arrivare tranquilli al match.

Da un punto di vista politico la storia neo-zelandese è costellata di accordi bilaterali e scarsa attitudine ai conflitti. Si tratta di una terra grande quanto il Colorado, un piccolo Paese insomma, con poche risorse militari e monetarie. Le varie etnie che lo compongono (europei, maori, asiatici) hanno sempre convissuto pacificamente e spesso, se si chiede ai kiwi a quale componente si sentono di appartenere, risponderanno di sentirsi parte di più di una comunità. La spiegazione va ricercata nella storia della Nuova Zelanda, raggiunta dagli europei nei secoli scorsi e colonia inglese dal 6 febbraio 1840 (giorno della firma del trattato di Waitangi con cui i capi maori decidevano di cedere tutti i poteri che avevano sull’Isola del Nord al regnante inglese). Nella stessa ottica si inquadra la scelta di avere tre lingue ufficiali: inglese, Maori e NZSL (New Zealand Sign Language).

Il Paese rimane sotto il giogo britannico fino al 1907 ma si libererà in maniera definitiva e duratura solo alla fine del Secondo conflitto mondiale, nel 1947. Da quel momento in poi i kiwi hanno iniziato ad ampliare i loro rapporti con gli stati vicini, in particolar modo con l’Australia, con cui ha un fittissimo rapporto di import-export, che li ha portati ad avere una situazione monetaria più “moderna”. Negli ultimi 20 anni infatti il governo è passato da una economia prevalentemente agraria a una prevalenza dell’industria costruita per concorrere a livello globale. Nonostante la lontananza la Nuova Zelanda è riuscita tessere dei rapporti diplomatici anche con l’Italia e, ad oggi, i due stati sono in sintonia su numerose tematiche di interesse comune, come lo sviluppo dell’area del Pacifico e la campagna per la risoluzione sulla moratoria della pena di morte, approvata dalle Nazioni Unite nel 2007.

Il crescente coinvolgimento neozelandese nei teatri internazionali costituisce uno dei tasselli di una nuova impronta che il Paese sta cercando di darsi in politica estera, mostrando un attivismo più marcato anche su tematiche globali come la lotta al terrorismo, la sicurezza, la denuclearizzazione e la tutela dei diritti umani. Smessi i panni diplomatici c’è però una partita di calcio da giocare.

Incredibilmente, nella prima partita i kiwi sono riusciti a pareggiare al 93’ con un gol di Reid il vantaggio della Slovacchia. Un mezzo miracolo. Nella rosa degli all whites ci sono infatti due giocatori che non hanno squadra e diversi altri che sono semi-professionisti e che hanno dovuto prendere le ferie dal proprio posto di lavoro per poter giocare i mondiali. Emblematica la storia proprio di Reid che fa parte della compagine solo dal marzo 2010: la leggenda narra che il ct lo abbia convocato, senza averlo mai visto giocare, in seguito ad una intervista rilasciato dal calciatore alla tv danese in cui esprimeva la volontà di far parte del team. Una storia d’anteguerra.

Ma i tempi cambiano e su Facebook sono quasi 50mila i fan degli All Whites. Qualche coraggioso ha anche fondato il gruppo "The All Whites can beat Italy", il risultato? Cento iscritti. Il risultato finale insomma appare scontato ma nei campionati mondiali delle sorprese non si può mai sapere. Attenzione quindi all’esperto capitano Ryan Nelsen ma soprattutto alla compattezza dei kiwi che, alla fine dei conti, non hanno proprio nulla da perdere.