Italia vs Slovacchia, la giovane Europa si gioca un posto nel mondo

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Italia vs Slovacchia, la giovane Europa si gioca un posto nel mondo

24 Giugno 2010

Non è più ceca ma vede slovacco. L’eredità calcistica cecoslovacca ribalta la geopolitica del potere con quella del pallone il 1° aprile 2009 al Generali Arena di Praga: Repubblica Ceca-Slovacchia 1-2 e qualificazione in tasca agli Hamsik-boys. Diciassette anni e mezzo dopo la separazione con i cechi dalla mitteleuropa volerà in Sud Africa un aereo della Slovakia Airlines.

Nel girone dell’Italia, la 34° contro la 5° del ranking FIFA. Uno a due il rapporto del Pil, quello calcistico con gli azzurri ha invece un gap incolmabile fra due Paesi comunque a braccetto in politica estera: dal 2003 nella UE, a pieno titolo nella NATO e nell’OCSE, in Slovacchia girano gli euro dal 2009. L’esempio lampante d’una barriera ideologica che cade per alzarne un’altra geografica. Il 1° gennaio 1993 l’effetto domino della caduta del Muro allenta definitivamente il collante etnico socialista che tiene uniti cechi e slovacchi in uno stato federale, il massimo risultato con il minimo sforzo ha la forma d’un accordo di frontiera che rende pacifica ed indolore la separazione. Un’apoteosi diplomatica, visto cosa succede nella vicina Jugoslavia negli stessi anni.

Non però senza un lento, lungo e faticoso processo divisorio. La Cecoslovacchia del ‘900 nasce e rinasce dalle ceneri dell’Impero austro-ungarico dopo il Trattato di Versailles e dopo la seconda guerra mondiale dall’Anschluss nazista. Sempre come stato cuscinetto dell’Occidente contro l’Unione Sovietica. Più in potenza che in atto però: un’organizzazione statuale approssimativa e le richieste secessioniste delle minoranze etniche ucraine e magiare, l’influenza del Partito Comunista e la creazione di una Repubblica Socialista mettono subito in luce disomogeneità interne al Paese già connaturate nella creazione stessa dello Stato.

Troppe le differenze per coesistere: industrializzati i cechi, fortemente agricoli gli slovacchi, divisi geograficamente anche dai Carpazi. Negli anni 90′ puntano tutti su una forte ascesa boema a scapito degli slovacchi che se in un primo momento trova conferma, con l’arrivo del nuovo millennio si affievolisce fino quasi ad annullarsi.

Si nota anche dai rapporti commerciali con il Belpaese: prevalentemente basati sul turismo (l’Italia è al terzo posto come meta preferita dagli slovacchi sia per i viaggi di piacere che per affari), siamo però anche ottavi tra i Paesi fornitori per importazioni (soprattutto veicoli e beni di consumo) e il sesto partner commerciale per il loro export, oltre che il terzo Paese investitore in Slovacchia, con circa 400 tra piccole e medie imprese attirate soprattutto dai fondi europei derivanti dall’ingresso slovacco nell’area Euro (nel settore dei servizi, in particolare a seguito della loro recente e progressiva privatizzazione).

Il sorpasso calcistico sui boemi di questi mondiali simboleggia proprio la voglia di rivalsa del popolo slovacco. Unica delle 32 finaliste al mondiale sudafricano al debutto assoluto nella competizione, ha lo spirito sbarazzino di chi non ha nulla da perdere. L’opposto degli azzurri che invece da perdere hanno tutto o quasi.

Dominati già da Traiano ed Adriano in epoca romana, gli azzurri dovranno provare a ripetere le gesta imperiali contro una squadra quadrata, speculare all’undici di Lippi e che fà del collettivo la sua arma migliore. La stella è il napoletano Marek Hamsik, capitano appena 22enne, ma anche il roccioso Skrtel del Liverpool. Occhio in attacco a Sestak e Vittek, senza sottovalutare la giovane promessa Pekarik in difesa sulla sinistra.

Come Cecoslovacchia giocò otto mondiali (finalista sconfitta contro di noi nel 34′ e nel 62′ col Brasile), campioni d’Europa nel 76′, la squadra di Weiss farà di tutto per non dare la soddisfazione a Lippi di ripetere il bis mondiale di Pozzo degli anni 30′. Incrociamo le dita che non faccia la fine di Bearzot nell”86.