Italiani all’estero: la Farnesina toglie a molti il diritto di voto
14 Aprile 2008
Le assurde modalità
burocratiche con cui è organizzato il
voto degli italiani all’estero sono destinate anche quest’anno a
provocare polemiche a non finire.
Polemiche che al secondo ripetersi rischiano di assumere la
specie della farsa.
E a chi si chiedesse il motivo dell’ulteriore diminuzione
dei votanti rispetto alle elezioni politiche del 2006 (si è passati dal 42,07%
degli aventi diritto a poco più del 41%) la risposta da fornire è semplice
quanto sconfortante: la Farnesina e la sua burocrazia si sono semplicemente
“dimenticate” di comunicare per tempo a tutti quei residenti all’estero che
avevano optato per il voto in Italia subito dopo l’approvazione della legge
Tremaglia che questa opzione andava ribadita anche quest’anno.
Precisamente entro lo scorso 11 marzo. Pena l’invio del
plico contenente tutto il necessario per votare nel paese di residenza.
E infatti ieri alcune decine di migliaia di cittadini
italiani si sono recati, del tutto ignari o dimentichi della cosa
a votare al seggio in Italia ma non hanno potuto esprimere
la propria prefrenza né per la Camera né per il Senato. Stranamente li hanno
fatti invece votare per le elezioni amministrative.
Il dovere di ripetere l’opzione per ogni tornata elettorale
è contenuto nell’articolo 4 della legge Tremaglia, cioè la 459 del 2001.
L’articolo dice che “in occasione di ogni consultazione elettorale l’elettore
può esercitare l’opzione per il voto in Italia di cui all’articolo 1, comma 3,
dandone comunicazione scritta alla rappresentanza diplomatica o consolare
operante nella circoscrizione consolare di residenza entro il 31 dicembre
dell’anno precedente a quello previsto per la scadenza naturale della
legislatura.”
Questo al comma 1. Mentre il
2 prevede che “in caso di scioglimento anticipato delle Camere o di indizione di
referendum popolare, l’elettore può esercitare l’opzione per il voto in Italia
entro il decimo giorno successivo alla indizione delle votazioni”.
C’è un piccolo particolare nessuno
ha pensato di avvertire gli interessati attraverso i mezzi di comunicazione.
Come se tutti conoscessero la legge Tremaglia a memoria in Italia.
Inoltre l’opzione era stata
richiesta sinora un’unica volta , poco dopo l’approvazione della legge stessa
ed era stata esercitata solo per le elezioni del 2006.
Come si può avere pensato che la
gente comune potesse ricordare che in
caso di scioglimento anticipato delle camere avrebbe chiamato il consolato o la
Farnesina per ribadire ovvero revocare l’opzione suddetta?
Totale? Si può stimare
che un buon uno, due per cento dei cittadini italiani residenti
all’estero anche questa volta non ha potuto votare. E tutto per non avere
voluto fare una legge molto più razionale, come quella americana, che prevede
l’utilizzo dei consolati per il voto del cittadino americano anche quando si
trova in vacanza in un qualsiasi paese del mondo.
Il cittadino americano che si recasse in ferie in Cina, ad
esempio, può infatti votare nel consolato di Shangai, di Pechino o di qualunque
altra città cinese in cui detto consolato fosse presente. Quello italiano può
votare solo nella propria circoscrizione in cui è allestito il seggio
all’estero oppure può optare per il voto in patria nella propria ex sezione di
voto. Ma deve ricordarsi ogni elezione di fare una scelta o l’altra e di
comunicarla alla burocrazia della Farnesina.
Non è un mistero che una buona parte di chi risiede
all’estero lo fa solo per alcuni mesi all’anno.
Ma alla feroce quanto
stupida burocrazia italiana, segnatamente quella del ministero di D’Alema,
tutto ciò sembra non interessare. Evidentemente che votino questi italiani che
hanno osato andarsene da questo Paradiso a qualcuno di sinistra non sta proprio
bene.
E se è vero che nel
2006 la maggioranza dei residenti all’estero aveva scelto Prodi, perché il
centro destra aveva presentato ben quattro liste diverse, stavolta era
plausibile, con una lista unica per tutto il Popolo delle libertà, che lo
stesso fenomeno non si sarebbe ripetuto.