Italiani in bolletta.  Tremonti ora passa alle maniere forti

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Italiani in bolletta. Tremonti ora passa alle maniere forti

29 Maggio 2008

 

Italiani costretti a stringere la cinghia per arrivare a fine mese. A ribadirlo è l’Istat che nel rapporto 2007 presentato ieri alla Camera dipinge un quadro impietoso della situazione: oltre alla brusca frenata della crescita economica (solo +1,5%), viene fuori che metà delle famiglie vive con meno di 1900 euro al mese, una cifra che spesso basta appena a coprire le spese per il mutuo o per l’affitto, per pagare le bollette e per comprare da mangiare al mercato. Non solo: gli stipendi italiani sono crollati rispetto alla media degli altri paesi europei. L’Italia, ha detto il presidente dell’istituto di statistica Luigi Biggeri, è in un «momento di difficoltà economica, con investimenti e consumi delle famiglie fermi o in regresso».  Per affrontare il problema «occorrono interventi energici».

Tremonti è pronto a raccogliere la sfida e per far uscire l’Italia da questa condizione di debolezza sta pensando alle “maniere forti” contro i “poteri forti”. Il ministro dell’Economia ha individuato due grandi aree di manovra: 1) il governo interverrà per frenare caro benzina e bollette, aprendo un confronto con i produttori; 2) presto arriverà una stretta fiscale sulle banche.

Petrolieri e banchieri sono nel mirino per un motivo molto semplice: in questi anni hanno macinato utili da capogiro. Per questo sarà chiesto a loro il primo sforzo per ridare slancio all’economia. Il Paese per ripartire ha bisogno di un governo pronto a investire nei settori strategici e nelle infrastrutture, di un sindacato capace di farsi carico dei mutati scenari del mercato, ma soprattutto di una classe imprenditoriale “illuminata” che pensi a ridistribuire ricchezza e non solo a intascare extraprofitti.

Tremonti vuole agire per stimolare questi comportamenti virtuosi, attraverso l’intervento della mano pubblica. In quest’ottica appare quanto mai necessaria anche una nuova politica salariale capace di dare slancio ai consumi. Secondo l’Istat in sei anni il reddito per abitante degli italiani è crollato del 13% rispetto alla media europea: se nel 2000 era del 4% più alto della media dell’Unione, nel 2006 è sceso a oltre 8 punti sotto la media. In base ai dati del Rapporto Istat, il 14,6% delle famiglie italiane arriva «con molta difficoltà alla fine del mese», il 28,4% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro e il 66,1% dichiara di non riuscire a mettere da parte risparmi. Ci sono anche altri segnali di «disagio»: la metà delle famiglie ha guadagnato meno di 1.900 euro al mese, il 6,2% ritiene di non potersi permettere un’alimentazione adeguata, il 10,4% un sufficiente riscaldamento per l’abitazione e il 38,7% una settimana di vacanza all’anno.

Il governo non può pensare di lasciare l’Italia così ansimante. Alcuni provvedimenti sono già stati presi con il consiglio dei ministri a Napoli.

Ben venga l’accordo con le banche per agganciare le rate dei mutui a tasso variabile ai coefficienti del 2006 in modo da portare il peso mensile per le famiglie a un livello più sostenibile. Quella del mutuo è una delle voci che grava di più sui bilanci familiari. Nel 2006 (è l’anno di riferimento contenuto nel rapporto Istat) il 13% ha sostenuto gli oneri di un mutuo per l’abitazione di proprietà (erano il 12% nel 2004) e ha pagato una rata (comprensiva degli interessi e della quota di rimborso del capitale) di 559 euro al mese. Nel 2004 la rata media era di 469 euro al mese con un’incidenza sul reddito salita dal 16,5% al 19,2%. Questa variazione può avere effetti devastanti, soprattutto se contestualmente aumenta il costo della vita e diminuisce il potere d’acquisto dei salari.

È da accogliere con favore anche l’abolizione totale dell’Ici sulla prima casa d’abitazione e il blocco delle altre tasse locali. Una doppia mossa che ha come obiettivo la riduzione della pressione fiscale in termini reali (attraverso la razionalizzazione delle spese) e non fittizia (tramite il trasferimento dei tributi da una posta all’altra del bilancio comunale).

Questi provvedimenti vanno nella giusta direzione, ma da soli non bastano. Le grandi manovre per rimettere il Paese in carreggiata sono solo all’inizio.