It’s the economy, stupid!

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It’s the economy, stupid!

13 Aprile 2007

A pochi giorni dal voto per il primo turno, Ségolène Royal ha cercato di spostare il dibattito dalla sicurezza, cavallo di battaglia di Sarkozy delle ultime settimane, al problema della disoccupazione e in generale del lavoro.

La riforma del mercato del lavoro era stata una delle proposte centrali di Sarkozy alla fine del 2006: con il recupero del potere d’acquisto ridotto dall’euro e l’attenzione alle piccole e medie imprese, sembra una delle direzioni nella quale si vogliono muovere entrambi i candidati.

In realtà, come è naturale, le proposte divergono sia nelle loro articolazioni concrete sia nella loro concezione generale. Il candidato dell’UMP, memore della sconfitta subita nel 2006 da de Villepin con la proposta del contratto per la prima assunzione (CPE), ha proposto di abolire i contratti a durata determinata (CDD) per creare un’unica figura di contratto, a durata indeterminata per dare più sicurezza ai lavoratori, ma più flessibile per spronare le imprese ad assumere. Nel suo programma, la flessibilità invocata non è spiegata in dettaglio, ma è inserita in una politica economica che vuole ridurre il costo del lavoro per le imprese ed eliminare la tassazione delle ore supplementari di lavoro per i lavoratori, che vuole rendere più dinamico il mercato del lavoro (promettendo la piena occupazione in cinque anni!) rendendo più facili i licenziamenti per motivi economici, ma garantendo ai licenziati l’assunzione da parte della Sicurezza sociale professionale, nuovo ente pubblico, fino ad un reintegro in un’altra impresa.

La concezione generale di Sarkozy, che afferma di credere “nell’etica del capitalismo”, insomma, è opposta a quella sottesa alle “35 ore” del governo Jospin, ossia del lavorare meno per lavorare tutti: a differenza anche di Chirac, Sarko intende stimolare la domanda di lavoro restituendo ai meccanismi di mercato tutta la loro centralità (il recupero del potere d’acquisto interverrà come conseguenza della minore tassazione dei salari e dell’aumento del numero di ore lavorate) e affidando allo Stato il ruolo di “paracadute” nel caso di momenti di crisi economica.

Lo Stato della candidata socialista, che afferma la “dignità del lavoro” e si dice contraria alla società dell’assistenzialismo (“assistanat”), ha un ruolo diverso: all’inizio dell’anno Royal ha prospettato che lo Stato e le regioni si facciano carico dello stipendio e degli oneri sociali dei giovani diplomati assunti nelle piccole e medie imprese (i cosiddetti 500.000 “impieghi-trampolino”). A fine marzo, Ségolène ha aggiunto (precisando solo nei giorni successivi) la proposta di un contratto per la prima assunzione (“contrat première chance”) per i giovani senza qualifiche professionali (si calcola che siano 190.000 ogni anno) assunti in imprese con meno di dieci dipendenti. Anche in questo caso le regioni, alle quali “lo Stato darà i mezzi per assumersi tale responsabilità”, si accolleranno lo stipendio e gli oneri sociali dei neoassunti per la durata di un intero anno, alla fine del quale non vi è nessun obbligo per l’impresa di un’assunzione a tempo indeterminato (nonostante i socialisti avessero criticato il CPE di de Villepin perché lasciava “la possibilità di licenziare per due anni senza l’ombra di un motivo”). Lo Stato di Ségolène, che va contro la stessa tradizione socialista, contraria a sostituire il pubblico all’impresa nel versare gli stipendi, dovrà inoltre aumentare il salario minimo garantito lordo a 1500 euro mensili e permettere di recuperare il potere d’acquisto tramite: l’aumento delle pensioni più basse, degli assegni familiari e delle pensioni di invalidità; la regolamentazione da parte dello Stato delle tariffe applicate dalle banche sui conti correnti e sul credito al consumo; una conferenza nazionale sui redditi per instaurare un dialogo sociale sulla divisione dei profitti; la costruzione di 120.000 alloggi sociali all’anno; la creazione di un servizio pubblico di garanzia e aiuto all’accesso alla proprietà.

Stato e mercato hanno dunque un ruolo diverso nelle concezioni dei due principali candidati alla poltrone di Presidente della Repubblica. Diverso è anche lo stile delle proposte: deciso e sicuro quello di Sarkozy, che inserisce le proprie proposte in una visione globale dei problemi della Francia; più aperto alle critiche, ma allo stesso tempo più tentennante, quello di Royal, che precisa le proprie affermazioni col passare dei giorni. Diversa, infine, è la proiezione internazionale delle proposte. Mentre la socialista parla pochissimo del ruolo dell’Europa a livello economico e sembra affidare la lotta contro le “delocalizzazioni” allo Stato francese, il candidato UMP sembra attribuire un forte ruolo all’Europa sul piano della protezione dei prodotti, dei mercati e delle imprese: l’Europa non deve essere ridotta ad uno spazio per la circolazione dei capitali e delle merci, ma deve costituire una sorta di “scudo” della sua cultura e dei suoi popoli contro la “mondializzazione”.