IUE, che spreco mantenere una Ferrari per mandarla a 60 all’ora in autostrada

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IUE, che spreco mantenere una Ferrari per mandarla a 60 all’ora in autostrada

27 Marzo 2011

Il mio articolo sull’Istituto Universitario europeo, che ha suscitato alcune proteste di dottorandi e ricercatori dell’Iue (solo Tommaso Giordani e Dario Miccoli si sono firmati, mentre Igor Guardiancich ha lasciato un commento anonimo, ma mi ha anche scritto una email con lo stesso contenuto), partiva dalla constatazione che l’Europa politica non esiste e non si sa se l’Esm, il fondo di 700 miliardi di euro varato per salvare i membri in difficoltà, riuscirà a evitare  il default di qualche stato.

Negli anni ’90 le riviste di politica americane si occupavano molto dell’Europa ed erano preoccupate per la competizione economica e politica del nuovo soggetto politico ed economico. Adesso si parla di fallimento dell’Ue e di fine dell’euro. E’ chiaro che per costruire l’Europa occorreva una grande volontà politica e un laboratorio intellettuale  adeguato e l’Iue, fondato nel 1972 e attivo dal  1976, non lo è  stato.

Non si capisce perché provochi irritazione dire che  l’Iue è di sinistra e che Anthony Giddens è uno dei suoi punti di riferimento. Fortemente critico di Durkheim, per Giddens la scienza occidentale è autoreferenziale e quindi non esiste alcun modo plausibile di giustificare il rinvio alla razionalità scientifica piuttosto che alla stregoneria, se non partendo da premesse e valori della stessa scienza. Questa posizione, amalgamata all’anarchismo metodologico di Feyerabend e a una lettura irrazionalistica della Struttura delle rivoluzioni scientifiche di Kuhn, un’epistemologia critica  di quella di Popper basata sul falsificazionismo, porta alle “forme di vita” e ai “giuochi linguistici” dell’ultimo Wittgenstein e sfocia nel determinismo sociale. Giddens ha compiuto una rivoluzione metodologica  nella sociologia contemporanea, è il padre del Crm, e ha fatto della LSE il laboratorio della terza via di Blair. Giddens ha cambiato la sinistra inglese e tentò un ardito progetto con l’America di Clinton, ai tempi dell’Ulivo mondiale di Prodi. Quale fine avrebbe fatto l’euro, al quale i britannici sono del tutto indifferenti, nell’Ulivo mondiale non ci è stato spiegato. La nostra sinistra, come è noto, va a scuola alla LSE. Con questa griglia teorica per le scienze politiche e sociali, se l’Iue si limita a dare borse di studio per tesi di dottorato in storia con qualche riferimento all’Europa transnazionale e metodologia comparativa, più fellowship a studiosi che devono terminare una ricerca, come un Humanities Center americano, è una Ferrari che va a 60 all’ora in autostrada. Troppo costosa per l’Italia e anche per il Regno Unito, che ha appena licenziato 600mila impiegati pubblici e ha portato le tasse universitarie da 3.000 a 9.000 euro. Come osserva Tommaso Giordani,  il rapido turnover dei docenti è stato un ostacolo alla realizzazione di un laboratorio di ricerca finalizzato alla costruzione dell’Europa politica, ma poiché il turnover è stato deciso fin dall’inizio è chiaro che l’Istituto è stato progettato come una specie di Erasmus a Fiesole, dove uno studente o un docente trascorre qualche anno e poi ritorna nel proprio paese. Nel ’72 c’era ancora la guerra fredda e gli studenti  non avevano le  possibilità di oggi di viaggi di studio, incontri e comunicazione, anche se si muovevano da tutta Europa per andare ad ascoltare i Beatles o i Rolling Stones.
E’ comprensibile che  dottorandi e ricercatori Iue si irritino a leggere questo articolo, però dobbiamo chiederci se ci convenga mantenere questa Ferrari. È davvero necessario un Istituto Universitario europeo per avere tesi di storia – cito solo alcuni titoli del 2010-2011  – sulla trasformazione dei gruppi di potere a Valladolid e Magdeburgo dal 1770 al 1870,  sul consumo di cioccolato e la costruzione di una politica imperiale nell’immaginario spagnolo dal 1700 al 1800,  sulla memoria collettiva dopo l’89 nella repubblica ceca e in Polonia, sul mestiere di storico durante l’illuminismo, su zingari, viaggiatori e contadini in Finlandia e Svezia dal 1860 al 1925, sulla migrazione delle donne norvegesi ad Amsterdam dal 1600 al 1750, sullo stampatore di Erasmo a Basilea, o sulla Resistenza a Roccastrada e Calenzano?

Metodologicamente, le Annales sono state una rivoluzione in storiografia che si è imposta in tutto l’Occidente nel secondo ‘900 e non esiste dipartimento di storia che non ne abbia tenuto conto, così come è ormai un classico ritenere la comparazione un principio ineludibile nella ricerca storiografica. L’intento del dipartimento di Storia dell’Iue è quello di indagare sull’identità europea, ma non ha dato in quasi 40 anni di attività una sintesi come p.e. L’identità italiana di Galli della Loggia, né libri che abbiano offerto una sintesi europea su uno dei tanti aspetti analizzati in tutti questi anni. La collana L’identità italiana diretta da Galli della Loggia per il Mulino ha prodotto in pochi anni  una serie di libri di storici competenti, leggibili anche dai non addetti ai lavori, con titoli da Giordano Bruno, ai braccianti, a Carosello, da Cavour al liceo classico, alla pasta e la pizza, all’autostrada del sole, a Mirafiori, da Mussolini, alla Repubblica, alle ferrovie, al trasformismo, solo per fare alcuni titoli. La collana  ha suscitato critiche e polemiche, ma ha contribuito, insieme alle minacce di secessione di Bossi e al “patriottismo costituzionale” di Ciampi e Napolitano, a cambiare l’atteggiamento sull’Italia della sinistra a maggioranza marxista, facendo nascere il nuovo patriottismo della sinistra. Nella collana di Galli della Loggia si trova la storia della cultura materiale, della tecnica, della politica, delle cultura, dei simboli, etc. e i libri sono stati scritti da studiosi italiani di università diverse, né gli storici autori della collana hanno in genere una provenienza Iue. Non si comprende quindi perché sia necessaria l’Iue per le tesi sopracitate, che avrebbero potuto essere scritte in qualsiasi dipartimento di storia di qualsiasi università europea.

Quanto ai rilievi di Igor Guardiancich, assistent researcher del dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, considerato di alto livello in Europa, in una recente indagine sui dipartimenti di scienze politiche, va considerato in primo luogo che i prodotti del dipartimento Iue sono in inglese e  i temi di ricerca sono simili a quelli della LSE. Basta controllare i rispettivi siti. Essendo egemone il paradigma di Giddens nella comunità accademica, non stupisce che il dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Iue, che corrisponde a questi standard, sia giudicato di alto livello.

Dai commenti Iue emerge disprezzo per l’Italia, considerata un paese sporco e corrotto dal quale si deve scappare. Secondo Tommasi, l’Iue è l’unica istituzione pulita in Italia. L’università italiana, non diversamente da quella europea e americana, è prevalentemente di sinistra e in essa, come in quella europea ed americana, esiste il familismo e il clientelismo, così come l’endogamia è piuttosto diffusa nella società occidentale. Sono fenomeni, come il trasformismo politico, presenti in ogni epoca, in paese, a sinistra come a destra. Se poi il familismo e il clientelismo Iue incontra quello italiano e produce Paul Ginsborg convinto che il paradigma Montegrano, elaborato nel 1958 da Banfield in un paesino della Lucania, sia applicabile all’Italia del XXI secolo, questo è un problema dell’arretratezza epistemologica di una scienza politica incapace di misurarsi con libri come Machiavellian Democracy di John P.McCormick, studioso di fama internazionale e anche Jean Monnet fellow all’Iue per un anno. Ciò dimostra lo spreco di mantenere una Ferrari per mandarla a 60 all’ora in autostrada.